di Marco Freccero. Pubblicato il 12 giugno 2019.
Ci sono diversi modi per perdere tempo mentre cerchi di autopubblicare le tue opere. Eppure a un sacco di persone sembra di fare la cosa giusta, di muoversi nella direzione esatta, e di stare costruendo qualcosa.
Ecco, il problema credo che sia nella fumosità degli scopi. Qualcosa non è nulla, non significa un bel niente. È un po’ come se io decidessi di aprire un negozio per vendere prodotti.
A prima vista è geniale; in realtà è un’idiozia. Un sacco di negozi chiudono proprio perché NON riescono a vendere i loro prodotti. Le persone ritengono infatti che sia sufficiente esserci, e il resto sarà discesa. Basta aprire appunto il negozio e aspettare. Be’, quel tempo è finito da un pezzo. Forse un autore indipendente sbaglia in maniera così clamorosa proprio perché (ma non ne sono molto convinto), non deve rischiare davvero i suoi soldi.
Poi ci sono quelli che pensano che la scrittura sia sempre e comunque una perdita di tempo, ma questo è un altro discorso.
Evita questi 3 errori
Ci sono (almeno) 3 errori che un autore indipendente deve evitare.
- Non creare attorno a sé una rete di collaboratori;
- Non costruire una piattaforma di lettori;
- Credere che le reti sociali (o il grande nome), facciano per lui il suo lavoro.
E adesso vediamo nel dettaglio questi 3 punti.
Il primo: non creare attorno a sé una rete di collaboratori. È un punto fondamentale ormai. Lascia perdere le favole dell’autore solitario e geniale; forse sei solitario ma di certo (se leggi queste frasi), non sei affatto geniale. Se lo fossi, saresti legato già a una casa editrice e avresti ricevuto un bonifico sul tuo conto corrente bancario.
Per questa ragione dovresti avere dei lettori beta, tanto per cominciare. Persone che non sono amiche tue (altrimenti esiste il rischio che ti dicano che tutto va molto bene, ma solo per non offenderti), e che leggono la tua opera sottolineando i punti deboli e quelli di forza. Questo è fondamentale.
È finito il periodo dello scrittore solitario che scriveva lontano dal mondo (e io dubito fortemente che sia mai esistita una simile figura). Un autore indipendente del XXI secolo deve avere attorno a sé anche dei collaboratori. Tanto per iniziare (lo riscrivo), dei lettori beta che lo aiutino a comprendere se la storia alla quale sta lavorando ha un senso, una direzione, un qualche valore da qualche parte. Questo è il minimo sindacale.
Poi sono necessarie almeno 2 altre figure: un grafico; un editor. Questi ultimi, ovviamente, sono dei professionisti. In caso non fosse chiaro: li devi pagare. Hanno un tariffario, e quello è. Evitiamo di mercanteggiare. Se vuoi qualcosa di gratis, rischi di trovarti a che fare con un prodotto e un risultato mediocre. Guarda in giro, osserva; chiedi. Confronta e paga.
Fine.
Il secondo punto: non costruire una piattaforma di lettori.
In molti credono che “costruire una piattaforma di lettori” voglia dire aprire un blog (e fino a questo punto ci siamo), e poi usare i post per annunciare Urbi et Orbi l’arrivo del tuo romanzo, o raccolta di racconti che sia.
Be’: no.
Lo sai a che cosa serve un blog? Lo vuoi proprio sapere? Non è altro che un mezzo per muoverti da qui, a là. Dove “qui” è quello che sei, mentre “là” è dove vuoi essere.
Il grosso problema che un autore indipendente affronta (ma spesso non lo nota nemmeno, abbagliato com’è dall’idea di avere creato un capolavoro), è che ogni lettore, quando affronta un nuovo autore, lo paragona (spesso senza rendersene conto) con quello che già conosce. E ovviamente se sei un autore indipendente lui tenderà a restare sulle sue, perché alle spalle ha di certo una libreria ben fornita di Dumas, Zola, King, Grisham… E non vede alcun motivo per investire su un nome e cognome come “Marco Freccero”.
Perché (almeno agli inizi), non c’è un solo motivo valido. Brutale? No: veritiero. Ci sono un numero strepitoso di romanzi, di racconti e di scrittori; buona parte di essi sono fuoriclasse e sono pubblicati da case editrici con alle spalle una storia da far paura. Tu, sei un magnifico sconosciuto.
Quindi: il blog è quello che ti serve per muoverti. È lo strumento che hai a disposizione (gratis) per fare in modo che dei lettori diventino i tuoi lettori. Come ci si riesce? Innanzitutto col tempo; mi spiace ma non credo alle scorciatoie, né ai trucchi. Solo impegno. E ricorda che lo scopo del blog (come delle reti sociali), non è quello di vendere.
Ma di stabilire una conversazione. Il resto sono chiacchiere.
Aprire un blog: che risorse ti servono?
Infine il terzo punto: credere che le reti sociali (o il grande nome), facciano per lui il suo lavoro.
Come ho adombrato qualche riga fa (come mi piace scrivere “adombrare”), le reti sociali (e il blog, lo ribadisco), non sono uno strumento per vendere. Rappresentano sono dei mezzi per fare in modo che i lettori diventino tuoi lettori. Se perdi di vista questa semplice verità (e puoi scommetterci un sacco che la perdi di vista), ti ritroverai tra un anno con un mucchio di mosche in mano. Anche accalappiare (o meglio: provarci) il grande nome, l’autore affermato è una strategia suicida. Di solito costui, oppure costei, non risponde mai: e fa bene. Non è (solo) indifferenza o maleducazione.
Ma parliamoci chiaro: cosa dovrebbe fare, il bel tipo? Farsi spedire (da uno sconosciuto che su Twitter magari lo segue sì e no da 10 minuti) il file, leggerlo, cadere dalla sedia perché:
“Corpo di mille bombarde! Non si è più visto un libro del genere dai tempi di Moby Dick!”*
Quindi telefonare al proprio editore e implorarlo di pubblicare il tuo libro? Se la pensi così, hai qualche problema. (Eppure garantisco che succede ancora così).
Credo di averlo già scritto parecchie volte in precedenza: ma un autore indipendente deve avere anche una mente un poco imprenditoriale. Vuol dire che non si deve aspettare nulla dagli altri, ma puntare solo su se stesso, e lavorare duro. Vale a dire: fare in modo che alla fine siano gli altri a venire a lui naturaliter (quando poi ricorro al latino divento matto sul serio!).
Da cosa dipende il successo del tuo blog?
Si tratta a tutti gli effetti di un lavoro. Di investimenti che porteranno un po’ di ritorno tra un anno (quando va bene). Lo riscrivo: l’autore indipendente deve avere un modo di agire molto (o almeno: un poco. Non voglio spaventare chi mi legge) imprenditoriale. Deve investire su di sé, non sugli altri. La fortuna? Aiuta chi osa, gli audaci. Ma comunque devi avere talento, e scrivere delle opere capaci di trasmettere valore.
Ma sul serio hai letto tutto, sino a questa riga?
- Quando uscì Moby Dick fu accolto dall’indifferenza. Divenne un classico della letteratura statunitense anni dopo la morte di Hermann Melville.
Mi hai fatto sorridere, anche se non con grande letizia. Che dire? Pura verità. Quando pensiamo che qualcuno dovrebbe prestare attenzione al nostro prezioso romanzo (o saggio, o quel che è), per curarci basta pensare a quanta gliene dedicheremmo noi se fossimo dall’altra parte. Zero? Zero virgola uno? Ci siamo capiti. Possiamo anche avere scritto qualcosa di discreto, financo (ti piace “financo”?) buono, ma siamo comunque individui in un banco di krill: invisibili, sostituibili, forse irrilevanti (soltanto forse). Quanto ai tre errori, ho un bel margine di miglioramento, cioè ci cado, più o meno pesantemente. 1) Dovrei forse entrare nell’ordine di idee di spendere soldi in professionisti, ma ne sono dissuasa dalle entrate limitatissime e dal fatto che, tutto sommato, non mi sembra di cavarmela male da sola. Atteggiamento per niente imprenditoriale unito a presunzione, insomma. 2) Il blog richiede maggiore attenzione, ma soprattutto un approccio diverso da quello con cui gli ho dato vita all’inizio. È una difficoltà di cui forse parlerò in un post dedicato. In ogni caso credo che tu stia facendo un ottimo lavoro di fidelizzazione con il tuo blog. Mi piace molto. 🙂
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“Individui in un banco di krill” è un capolavoro! 😀
Ah: faccio pure un buon lavoro di fidelizzazione col blog? Non me ne ero mai accorto. Meno male che qualcuno me lo dice. O potrei essere tentato dal chiudere tutto 😉
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Si, ho letto tutto fino alla fine. Incredibile vero?
Allora, tanto per cominciare, chiariamo che io e lei signor Freccero non siamo amici. Non l’ho mai vista di persona, c’è qualche video su youtube ma potrebbero essere effetti speciali, e magari lei non esiste neppure, come quella là che si stava per sposare con uno sconosciuto solo per le ospitate in televisione! Allora, dato che non siamo amici, io posso dire in tranquillità che chiunque ci sia lì dietro, scrive bene. Tutto chiaro, no? 😀
Concordo con i tre errori da evitare ma non su gli “investimenti che porteranno un po’ di ritorno tra un anno (quando va bene)”: ecco, un anno è pochino. Anche investendoci denaro sonante, l’orizzonte dei risultati inizia con almeno tre anni di presenza costante. Everyday, sun and rain.
(toh, pure la rima in inglese, mica bruscolini!)
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Vero, manteniamo le distanze! Tutta ‘sta confidenza: scusi, ma lei, chi è? 😀
Comunque ho scritto “quando va bene” per dare un po’ di speranza. Di solito nemmeno dopo 3 anni ci sono dei risultati 😀
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concordo – ne abbiamo parlato nell’intervista – che servono due figure grafico e editor che vanno pagati, Per il grafico lo ritengo meno importante dell’editor, perché se uno è abile nell’uso di programmi grafici può fare un buon lavoro.
Concordo col lettore beta. Averlo è una bella risorsa che migliora la storia.
Il ritorno? Dipende. Chi ha aspettative deve avere pazienza, chi non ne ha se arrivano bene, altrimenti ha speso un po’ di soldi
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Io non sono abile coi programmi grafici, quindi preferisco delegare ad altri.
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Infatti ho specificato che chi litiga con la grafica è meglio il professionista
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Anch’io ho letto tutto quanto e fino in fondo! Tutto quello che hai scritto al punto 1. e 2. l’ho toccato con mano ormai da parecchio tempo. Sul punto 3. comincio a nutrire seri dubbi persino sull’opportunità di tenere attivi gli account e le interazioni sui social con lo scopo di farsi conoscere come autore. Il genere di interazione mi sembra del tutto superficiale, e sempre meno persone hanno intenzione – per fortuna – di trascorrere il loro tempo risicato colà (ti piace ‘colà’? 😉 ) per assistere a una carrellata di vanità e luoghi comuni.
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Eh, vero. Le reti sociali sono il grande BOH!
Io (l’ho scritto anche durante “The Legacy Tour”, più di una volta) ho trovato i lettori grazie soprattutto ai commenti sui blog altrui. Le reti sociali? Mah! Non so. Non so proprio.
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Qualcuno ci rimarrà male, ma anche stavolta hai detto le cose per come stanno.
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Dici che ci resterà male qualcuno? Non so. Credo di no.
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Chi ha commesso i 3 errori non sarà felice di scoprire che ha toppato. Soprattutto chi sperava di ricevere una mano da S. King per trovare un editore.
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Credo che King abbia altro per la testa. 😃
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Apprezzo molto il suggerimento 1⃣. Sul blog l’hai detto talmente tante volte che se non ne avessi già uno correrei a comprare un domino 😂
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Addirittura! Il mio potere di persuasione ormai dilaga 🤪
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