Se non credi nella tua opera, chi ci crederà?


 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 25 giugno 2019.

 

 

 

 

Ogni tanto bazzico su forum, oppure gruppi, che raccolgono autori indipendenti, e leggo i loro interventi. Se per esempio mi imbatto in un autore che afferma di non spendere soldi per far realizzare una copertina da un grafico competente perché la sua opera non li vale… Be’, cara amica, caro amico. Hai appena piantato un chiodo (quello definitivo?), sulla tua bara. E tu ci sei dentro. 

(Lo so che le raffinate menti logiche e razionali che capiteranno per caso su questo post, si chiederanno come possa, una persona dentro una bara, piantare il chiodo sul coperchio della stessa. Suvvia, gente: rilassatevi e continuate a leggere).

2 gravi errori

Mettiamo i puntini sulle “i”. Per un po’ ho deciso di affidare le copertine dei miei libri a me stesso. Poi Sara Gavioli, editor, mi ha consigliato su Facebook di fare qualcosa di meglio. E mi sono rivolto a Tatiana Sabina Meloni. Questo per dire che nessuno nasce imparato.

Detto questo, torniamo a noi.

Caro autore o autrice che non ritieni necessario spendere un po’ di euro perché TU sei certo che il tuo libro non li vale: ma che diavolo stai facendo? Perché tu commetti ben 2 errori in un colpo solo. Complimenti.

Il primo: probabilmente pubblicherai questa tua opera che (secondo le tue parole), non vale gli euro per realizzare una copertina un poco professionale. Tu per primo dichiari che non ne sei convinto, e allora non si capisce perché tu lo faccia. Perché pensi che, con tutta la robaccia che c’è in giro allora…

Male. 

Giustificare una mossa (sbagliata), prendendo a esempio l’andazzo generale (sbagliato anch’esso), forse ti fa stare bene. Temo però che agli occhi dei lettori questo non farà una bella impressione. Sia chiaro: di sicuro troverai un sacco di gente che ti darà ragione e batterà felice le mani. Magra consolazione.

Un autore indipendente dovrebbe sempre temere (un po’) certi entusiasmi…

Leggi: 2 lezioni semplici semplici per chi si autopubblica

L’obiettivo di un autore indipendente

Il secondo errore (forse persino più grave): considerare la pubblicazione qualcosa di risibile. 

Sia chiaro: premere il tasto “Pubblica” su Amazon o altrove non procura la morte di nessuno, né scatena guerre. Ma da un po’ di anni io bazzico l’ambiente, e ormai ho capito che è necessario più professionalità pure nell’autopubblicazione. Io per primo ho sempre fatto da solo: prima.

Adesso, no. 

Diventa sciocco prendersela coi lettori perché considerano l’autopubblicazione solo spazzatura, quando noi per primi portiamo benzina a questa diceria (che proprio diceria non è). Un autore indipendente deve ricordarsi che ci mette davvero la faccia.

Se firmo un contratto con un editore e questo non rispetta certi termini dell’accordo… I lettori capiscono. Perché spiego, e loro si rendono conto che non è responsabilità mia se, per esempio, in libreria non si trova il mio cartaceo.

Se però mi butto nell’autopubblicazione, ebbene: nome, cognome, faccia, eccetera eccetera, sono miei. Non ho nessuno sul quale scaricare le responsabilità. È perciò mio dovere fare il possibile per confezionare qualcosa di professionale, e che sia indistinguibile da un prodotto di una casa editrice. 

Questo per me deve essere l’obiettivo di un autore indipendente nel 2018 (e anche negli anni a venire).

Follia? Troppo ambizioso? Non credo. Certo: se mi dici che non hai un lavoro, e vuoi scrivere perché così farai i soldi a palate… Mi morderò la lingua per evitare di scoppiarti a ridere in faccia.

Trovati un lavoro, metti da parte un po’ di soldi che investirai (per esempio), in una copertina professionale, e in un lavoro di editing.

Ma sarai solo all’inizio della scalata.

Leggi: Perché Charles Dickens è più moderno dei giovani scrittori d’oggi

Non è una lotteria

Anche se in generale in tantissimi continuano a considerare l’autopubblicazione una specie di lotteria (non importa se ti impegni o sei onesto: basta avere il biglietto vincente!), ebbene: non c’è niente di più lontano da essa. Infatti essere un autore indipendente ha più a che fare con una professione ben precisa. Ma quale, tra le tante che mi vengono in mente?

Quella dell’imprenditore. 

Lo so che molti alzeranno gli occhi al cielo. Forse perché il sogno di costoro è solo quello di trovare una casa editrice, e sedersi a godersi i ricchi guadagni che di certo pioveranno in tasca (da “e sedersi…” in avanti, faccio del sarcasmo).

Bene: ma se tu NON credi in quello che fai, non ci crederà nemmeno un editore.

Se tu Non credi in quello che fai, stai investendo energie e tempo in un business che non ti interessa. 

Fine.

Gli Agnelli investivano in Fiat perché ci credevano. Lo stesso il signor Ferrari, o il signor Lamborghini (produceva trattori, in origine. Litigò con Ferrari per via di una frizione e decise di costruire automobili), ci credevano.

Queste persone scommettevano tutto in quello che facevano.

Se non ci credevano: o non lo facevano, oppure ci lavoravano così tanto, lo miglioravano a tal punto da poter andare in giro a testa alta. 

Se un autore indipendente non gira a testa alta, è perché fa qualcosa che non gli interessa. Meglio dedicarsi ad altro.

Stop.

L’autopubblicazione è cambiata

C’è un tempo per ogni cosa. Il tempo del dilettantismo, che io stesso ho cavalcato per anni, è alle spalle. Forse ci saranno ancora dei fenomeni che senza blog e con un’opera scritta in modo sgrammaticato riusciranno a scalare le classifiche, e finire in televisione. Sono felice per loro, sul serio.

Un autore indipendente ha altro per la testa. Non perde tempo a invidiare, o a maledire questo o quello perché vendono, e lui no.

Un autore indipendente si impegna ogni giorno per costruire la sua piattaforma di lettori. Perché vede le opportunità che reti sociali, blog e tecnologia gli offrono e si rende conto che sono qualcosa di formidabile, che mai nessuno, prima, ha mai avuto. E la casa editrice, con tutto il suo prestigio e potere, non lo attira più di tanto. Anzi: gli pare una piccola cosa, un indietreggiare, un accontentarsi. 

Se la tecnologia ti offre le ali, tu continui a camminare?

Le opportunità che ci sono adesso dovrebbero indurti a prendere sul serio l’autopubblicazione. Perché quelle che verranno poi, saranno più grandi ancora.

23 commenti

  1. Sono del tutto d’accordo, come ho scritto nel mio ultimo post sulla nascita della copertina per “Le regine di Gerusalemme”: ho commissionato a Daniela l’immagine e l’ho remunerata perché è giusto pagare anche se fra noi c’è un rapporto di amicizia e non voleva nulla. Non sono ancora riuscita a compensare Fabio, il grafico, per il trattamento delle copertine perché non ha mai voluto un soldo (lo pago a bottiglie di ippocrasso e aperitivi!). E comunque non sarei in grado di autoprodurre una copertina decente. In milanese si dice: “Ofelè fa el to mesté”, cioè a ognuno il suo lavoro. Ci sono cose che non si improvvisano.

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  2. Sull’editor non discuto, sulla copertina nicchio un po’. Ho provato ma se non c’è feeling col grafico è difficile produrre qualcosa di valido. Quando il grafico ti produce una copertina che non ti piace o convince, è inutile insistere. Sarà graficamente perfetta ma non funziona così. Allora preferisco fare da solo. Almeno se non funziona me la piglio con me stesso.

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  3. È importante crederci in effetti. Concordo con tutto quello che affermi, compreso il fatto che oggi con l’autopubblicazione abbiamo una grande opportunità.

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  4. Se non ci si crede, in pratica sta a significare che ci si è sobbarcati migliaia di ore di lavoro extralavorative per niente (per passatempo? ci credo poco!)
    Negligenza, sfiducia e pressappochismo non porteranno mai buoni risultati.
    Se non ci si crede tanto vale passare le serate al circolo del Ciapa no.

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      • Parliamo di romanzi per lettori senza pretese, allora.
        Dal mio punto di vista (ma io sono scarso), è difficile scrivere qualcosa che sia appena decente anche lavorandoci per un paio d’anni.
        Vogliamo documentarci? Scrivere con cognizione di causa? Fare tot revisioni per emendare incongruenze e buchi di sceneggiatura? Correggere i refusi e impaginare correttamente la stesura definitiva? Procedere con un’ultima lettura di sicurezza?
        Chi riesce a sparare fuori un romanzo in un mese o è uno scrittore troppo bravo e nella vita non fa altro (e allora mi chiedo come mai non faccia parte della categoria ‘Autori best sellers’) oppure salta qualche passaggio fondamentale.
        Boh?

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  5. Un autore indipendente deve fare di tutto per spingere il pubblico a dimenticare… che è indipendente. Non perché sia una colpa, ci mancherebbe. Molte persone però ti leggono con il sopracciglio aggrottato, o non ti leggono affatto, proprio perché temono la fregatura. Quindi è semplice: da autore indipendente devi fare tutto dando il tuo meglio, senza mai accontentarti di qualcosa di meno. Più di così, in fondo, nessuno ce lo può chiedere. 🙂 (Che bello L’ultimo dei Bezuchov! Mi ha lasciato un ottimo sapore.)

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  6. Io questa storia di pagare un editor professionista la sfaterei. Tutti lo dicono, però non è che qualcuno ci mostra ricevute da 1200 euro per un editing professionale del suo romanzo e poi le vendite che gli hanno portato, non so, 1400 euro in sei mesi. E non ti sto accusando di nulla. In certi gruppi di self-publishing è la prima cosa che dicono. E non la dici tu in ogni gruppo 🙂 . Allora io mi chiedo. Non ci credo io abbastanza da spendere 1200-3000 euro (l’ultimo ha circa 30 personaggi e 170’000 parole e penso mi chiederebbero 3000 euro di editing, o forse 2000) oppure la gente mente oppure ha cassaforti di soldi di cui non sa come spendere? Ma chi è che oggi con un mercato saturo spende tutti sti soldi in editing? E se spendi di meno vedi che l’editing lo arronzano. È garantito. A meno che non si abbi bisogno di un editing minimale. Manco le case editrici fanno più editing per gli sconosciuti. Soprattutto quelle piccole e pubblicano storie brevi. Ci pensi se un piccolo editore inizia a spendere 1200 euro per il primo autore che deve pubblicare? Poi se lo fanno, lo ammiro.

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  7. Aggiungiamo anche questa avvertenza, che sembra scontata ma purtroppo non lo è: fatevi lasciare i sorgenti della grafica di copertina, anche se vi li fanno pagare di più. Perché magari in fase promozionale vi occorre una piccola modifica, un’aggiunta, una correzione e il grafico non ha tempo, ha cambiato mestiere o paese ed è meglio essere autonomi (non che la fate voi, ma almeno avete i sorgenti da cui partire per la modifica anziché rifare tutto il lavoro, e pagare due volte).
    PS. Vale lo stesso per i siti web. Purtroppo ci sono sviluppatori poco professionali, anzi zero professionalità proprio, che tengono in “ostaggio” il cliente, tenendosi i sorgenti e/o l’accesso al sito vero e proprio. No, i proprietari del sito siete voi, l’avete pagato e appena ne avete accesso, cambiate le password. 😉

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