di Marco Freccero. Pubblicato il 1° luglio del 2019.
Un libro come “Lo Hobbit” di J.R.R. Tolkien può essere tranquillamente liquidato come un libro da leggere (forse); come un libro per bambini (probabile, anche se i 3 film di Peter Jackson hanno comunque portato questo titolo a un “livello” più alto); come un libro di genere fantasy.
Probabilmente il giusto “livello” di lettura sta nel libro per bambini; e qui molti penseranno di sicuro che voglia sminuirlo. Ma altrettanti potrebbero osservare che sto solo tentando di riportare al suo posto un libro tutto sommato modesto.
Peccato che io quando scrivo “libro per bambini” intenda elevarlo; piazzarlo molto, ma molto in alto. Soltanto un mondaccio come il nostro, che ama le soluzioni facili, può considerare un libro per bambini un sotto-prodotto. Perché non capisce che lo scopo di un simile libro è svelare la realtà: che è un caravanserraglio. (Dove lo trovi sulla Rete uno che usi ancora il termine “caravanserraglio”?).
Facciamo come quelli bravi.
Allora: Tolkien ha 24 anni quando come tenente dell’esercito britannico è fante nella battaglia della Somme (un fiume che scorre nel nord della Francia). Una delle più sanguinose della Prima Guerra Mondiale. Iniziata il 1° luglio del 1916, terminerà il 18 novembre di quell’anno. I morti da entrambe le parti (tedeschi che attaccavano, francesi e inglesi che difendevano), supereranno di molto la cifra di un milione (probabilmente, poco meno di 1,3 milioni di morti). Più o meno è come se gli abitanti delle province di Imperia, Savona e Genova, morissero nel giro di circa 4 mesi.
E sia chiaro: non è il costo della guerra tutta: bensì di una sola battaglia.
Su quel fronte ci sono anche altri 2 protagonisti della futura Seconda Guerra Mondiale. Uno è il padre di Anna Frank.
L’altro è Adolf Hitler.
Questo bagno di sangue lo vede anche Tolkien.
Se il fantasy è una fuga dalla realtà, lo sono anche i raggi X
A questo punto sarebbe semplice pensare che una volta sopravvissuto alla guerra, Tolkien se ne torni nel Regno Unito e si inventi la Terra di Mezzo per non vedere l’orrore del campo di battaglia.
Oppure: per “sublimare” quanto gli occhi avevano visto e la mente registrato con precisione.
Forse; possiamo anche affermare che è senz’altro così. Anzi: spingiamoci oltre e diciamo che entrambe queste motivazioni sono “ottime e abbondanti”. Però ce n’è un’altra, e forse più di una.
La prima. Bilbo Baggins se ne sta tranquillo nella sua casa, nella Contea. Nelle sue vene scorre ancora il “ricordo” di avventure vissute dai suoi avi; ma è un ricordo. Di fatto viene “tirato dentro” a un’avventura; ne sente il fascino, la forza, ma la cuccuma del caffè è sempre seducente. Non va a cercare l’avventura, sta bene dove sta. La prima lezione: a volte non importa dove sei, dove stai. Gli avvenimenti vengono a cercarti, si presentano alla porta di casa tua e ti portano con loro.
A questo punto è piuttosto semplice vedere in Bilbo il contadino inglese, le sue abitudini e tradizioni (ma perché solo il contadino? E non invece la classe meno abbiente, gli operai?), strappato al suo mondo e scaraventato in un’avventura. I fanti inglesi insomma che sono chiamati ad andare in guerra, ad aiutare i francesi.
Qui (nel libro), c’è da recuperare un immenso tesoro che è custodito da un drago. Là (nel mondo reale), c’era invece la battaglia della Somme; e non solo quella.
I nani, visto il loro modo di affrontare la vita (sono attenti al loro tornaconto, e a poco altro), potrebbero essere (forse) i commercianti (ma non è detto che il libro fotografi, e poi trasfiguri la società inglese e solo quella).
Ma cercando col lanternino si possono trovare di certo anche altri significati (no, non credo affatto che gli orchi siano la personificazione del Kaiser e dei tedeschi: dubito che Tolkien sia stato così banale dall’etichettare in quel modo il popolo germanico).
Io credo che Tolkien abbia scritto lo Hobbit per l’oro. Per quello che significava. E che questo argomento sia stato poi ampliato e meglio definito nell’opera successiva. Vale a dire ne “Il signore degli Anelli”.
L’oro sotto la montagna (ovvero: l’illusione che se lo gestiamo noi tutto andrà bene)
In fondo si tratta solo di uccidere il drago sputa fuoco e poi riprendersi tutto l’oro che è ammassato sotto la montagna. Al di là della storia che scivola via con molta semplicità, con un sacco di avventure, e vecchi miti rivisti (il bosco incantato; i lupi mannari; gli Uomini Neri e gli Orchi, tutti elementi che ogni etnia europea conosce e propone, pur nella peculiarità che le è propria), il cuore di tutto è l’enorme massa di oro ammassata nella pancia della montagna.
Che cosa rappresenta l’oro? Esatto: da sempre è sinonimo di potere. E il potere non attira solo i corrotti (per esempio il drago).
Ma anche i “buoni”. Sia chiaro: i nani non sono affatto buoni. Sì, sono valorosi, precisi, grandissimi corridori e camminatori, abili guerrieri e artigiani. Ma hanno parecchi difetti. Come scritto prima: badano soprattutto al loro tornaconto.
E infatti che cosa accade? Thorin Scudodiquercia si corrompe. Dopo che il drago è stato abbattuto e i nani tornano in possesso del tesoro nella montagna, il loro valoroso capo sembra perdere il lume della ragione. Gli altri nani un po’ se ne vergognano; ma è il loro capo.
La lezione che Tolkien vuole proporre con questo libro, e che come detto ritroveremo anche ne “Il Signore degli Anelli” è tutta qui. Il potere corrompe: tutti. Pochi possono gestirlo (il drago; Thorin), perché è per pochi. Il potere esclude sempre, il potere crea divisione, crea frattura, disuguaglianza; altrimenti non è potere, è uno scherzo.
Soprattutto il potere abbatte la grande illusione che se lo gestiamo “noi”, allora non faremo come “essi”. E siccome “noi” non siamo come “essi”, occorre mettere in campo una narrazione falsa. Fatta di nascondimento.
Un esempio?
Obama ha espulso 3 milioni di immigrati dagli Stati Uniti. Ha spedito anche lui l’esercito ai confini del Messico quando una carovana di disperati marciava per entrare negli USA. Nessuno ha protestato, nessuno è sceso in piazza o si è fatto arrestare. Perché? Perché “noi” siamo migliori di “essi”. E quindi?
Per prima cosa bisogna nascondere questi fatti, dargli pochissima luce. Nessuno (credo), si è precipitato a chiedere a uno di quegli espulsi: “Che cosa hai provato? Che dici di Obama? Preferisci un calcio nel sedere da Obama o da Trump? (Mi raccomando: cerca di rispondere: Trump)”. Silenzio. E poi? E poi rimarcare le belle cose fatte da Obama.
Se la storia della Seconda Guerra Mondiale fosse stata scritta da Blondi, il cane pastore di Hitler, probabilmente leggeremmo solo degli elogi. Direbbe, Blondi: “Che padrone eccezionale! Mi curava, giocava con me, mi faceva dormire nel suo letto!”.
Molte persone riguardo alcuni personaggi politici (come Obama), rivelano lo sguardo di Blondi. E Blondi non poteva sapere di Dachau o Treblinka; e non sono certo un dettaglio. Né lo sono 3 milioni di persone espulse dagli USA, e nemmeno l’esercito ai confini con il Messico a fermare una colonna di uomini, donne e bambini che vogliono la loro fetta di sogno americano. Ma se sei Obama, buona parte della stampa si gira dall’altra parte. Deferente, strisciante.
Meglio il punto di vista di Tolkien. Il potere corrompe. Il potere è sempre male. Il resto è ideologia, e propaganda.
La tua analisi mi sembra corretta, e interessante per quanto riguarda la modernità. Rimettere Lo Hobbit al suo posto naturale – quello di una storia per bambini di alto livello – rende giustizia a un’opera che è stata non solo rivalutata dopo il successo de Il Signore degli Anelli, ma anche vista in modo distorto, come sempre succede quando qualcosa di normale diventa mito. Per me I.S.d.A. è un libro speciale, che mi accompagna da sempre, ma non per questo trovo la stessa intensità ed elevazione ne Lo Hobbit. Sono opere diverse, punto. E dopo che tutto è stato rimesso al giusto posto, si può ragionare davvero sul valore di un’opera, come hai fatto tu.
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Quello che mi affascina è capire (ma non ci riuscirò mai) come ha fatto a scrivere due storie così differenti.
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Sì, davvero. Poi ci ha pensato Jackson a mettere Lo Hobbit al passo con ISdA. Con buona pace dei puristi, ho apprezzato.
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Ah! Molti invece lo hanno criticato perché “non aveva più idee”, e ha storpiato tanto. Ma pure io ho apprezzato. 🙂
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Tolkien ha vissuto grandi atrocità e credo che, al ritorno in patria, sentisse la necessità di fare qualcosa perché la storia non si ripetesse. Scrivere un libro di fantasia rivolto ai bambini per prepararli alle crudeltà della vita, o ammonirli sulla pericolosità del drago e dell’oro. Probabilmente si rendeva conto che rivolgere tale monito agli adulti era troppo tardi, con i bambini c’è sempre la speranza di un futuro differente per la nuova generazione.
Purtroppo ahimè, la storia si ripete soprattutto negli errori.
Ne Lo hobbit ci ho visto la Prima Guerra Mondiale, ne Il Signore degli Anelli ci ho ravvisato la seconda, può essere? Ne lo hobbit mi par di vedere il drago in rappresentanza di un potere forte imposto dall’alto, come una monarchia o una dittatura, l’oro è il potere o anche le vite sul quale esercitarlo. I nani sono coloro che vi si oppongono, nel nome di una democrazia magari. Ma appena giungono al potere, terribile è il suo inganno…
Forse, e dico forse, Hitler è rappresentato dall’anello, un oggetto comandato da un oscuro potere, Sauron: esisteva nella prima guerra mondiale, fu d’aiuto nello sconfiggere il drago, rimase tranquillo nelle tasche di Bilbo per divenire un pesante fardello nelle mani di Frodo, durante tutta la seconda guerra mondiale, fino alla sua distruzione sul monte Fato.
Penso anche che un parallelismo sia stato volutamente evitato da Tolkien stesso.
Perché la realtà non è mai così semplice. Il potere corrompe, i buoni non sono del tutto buoni, come i cattivi non sono del tutto cattivi.
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Non è semplice sapere che cosa volesse dire. O meglio: forse è possibile e di certo ha detto la sua. La mia idea è che “Lo Hobbit” lo abbia scritto solo per “divertire” i bambini. Poi, come tutti i grandi autori, lui non “sapeva” di averci infilato ben altro. Per questo esistono i critici 🙂
Per “Il Signore degli Anelli” mi pare di ricordare che lui avesse dichiarato di aver avuto l’idea di scrivere questa storia ben prima della Seconda Guerra Mondiale.
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Forse nemmeno il drago e Thorin riescono a gestire il potere, e ne Il Signore degli Anelli l’unico che riesce a portare l’anello, Frodo, quasi soccombe al fascino dello stesso. Il cumulo d’oro nella montagna, oltre che potere, significa anche stabilità, che è una delle grandi aspirazioni degli esseri umani.
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Forse è la stabilità garantita (?) dall’oro che lo rende così desiderabile.
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