di Marco Freccero. Pubblicato il 30 settembre 2019.
Qualche tempo fa ho acquistato questo ebook in inglese, e lo sto ancora leggendo (ma quando leggerai questo articolo, dovrei averlo concluso).
L’autore, David Gaughran è irlandese, e non tutto quello che scrive può essere applicato al mercato italiano per evidenti ragioni, ma ci sono una serie di riflessioni interessanti.
Alcune ero riuscito da me a scoprirle. Altre sono probabilmente sensate e molto opportune.
Credo che non siano però applicabili al mio modo di vedere la letteratura. Ma tutto a suo tempo, come si dice.
Il viaggio del lettore
Questo ebook punta l’attenzione sul “viaggio” del lettore, la cui destinazione deve essere (indovina un po’?) l’acquisto del libro. Se sei un autore indipendente questo “cambio di paradigma” (così parlano quelli bravi, giusto?), non è cosa da poco.
Con l’editore non te ne devi affatto preoccupare (se lo trovi, naturalmente: perché? Perché fa tutto lui. Be’, forse).
Se ti autopubblichi metterti nei panni del lettore, capire come prenderlo per mano e condurlo a comprare i tuoi libri è una rivoluzione copernicana.
Già qui puoi notare il problema che riguarda me. Perché mettersi nei panni del lettore vuol dire che prima di iniziare a scrivere una storia qualunque devi, appunto, scriverla pensando a lui.
Siccome il mio motto è e resta: “Prima la storia, poi il lettore”, capisci bene che avrei potuto abbandonare la lettura di questo ebook; e invece no.
Una storia è formata da un gruppo di persone, e prima o poi troveranno qualcuno (degli amici); pochi o tanti, oppure tantissimi: chi può dirlo? E forse tutto questo accadrà tra sette mesi, forse tra settant’anni; forse mai. Pazienza.
Ma andiamo oltre.
Il libro si concentra, come è giusto che sia, su Amazon perché conta solo quello. Affronta solo gli ebook, non i cartacei.
Ci sono delle avvertenze (che un po’ già conoscevo) su quali categorie usare per la propria opera (meglio scegliere categorie poco frequentate; ma non devono essere troppo poco frequentate: mica facile!).
Quello che buona parte degli autori indipendenti fa, di solito, è inserire il proprio libro in categorie dove ci sono i “pesi massimi”, credendo così di sfruttare la “scia” del loro successo.
Se per esempio scrivo horror, inserisco il mio ebook nella stessa categoria di Stephen King, e aspetto, sfregandomi le mani.
Sfregarti le mani probabilmente è tutto quello che farai, e otterrai solo un paio di mani calde (se fa freddo: perfetto!).
È infatti un sistema che non funziona proprio.
La soluzione è invece cercare di individuare categorie che rispecchino il proprio libro, ma che non abbiano una forte o fortissima concorrenza. Se con le vendite si riesce ad arrivare tra i primi di una piccola categoria (che non vive “isolata”, ma è figlia di una categoria più grande e piena di concorrenti), non solo smuovi le acque; ma soprattutto inizi a diventare visibile al pubblico.
Attenzione però a non attirare i lettori sbagliati ricorrendo a categorie errate. Pure questo è un errore che si commette: o per ingenuità oppure per altre ragioni (non ci si bada a sufficienza), si immette il proprio libro in una qualunque categoria. Possono accadere due cose: nulla (nella maggioranza dei casi).
Oppure: qualcosa succede. Si muove! Ci sono delle vendite.
Tuttavia se arrivano i lettori sbagliati che cosa succede alla lunga? Se si vende non è una meraviglia? Perché preoccuparsi?
Succede che ben presto tutto si spegne, zero passaparola, zero recensioni… E scrollarsi di dosso quell’errore diventa complicato.
Tuttavia conosco almeno un caso di un ebook inserito in una categoria sbagliata; che ha venduto parecchio e ha il triplo delle recensioni di “Non hai mai capito niente”. Non ci sono state ripercussioni, evidentemente. Ma immagino si tratti di un caso che conferma la regola.
Io comunque ho sempre cercato di evitare le categorie poco affollate: risultati modestissimi. Quello che ho venduto lo devo al blog, non certo alle categorie.
Il libro si concentra anche sulle parole chiave che “potrebbero” aiutare a diventare più visibili. Che cosa suscita la lettura della tua opera? Quali sensazioni o sentimenti produce nel lettore?
Pure in questo caso (indovina!) si dovrebbe pianificare questo processo delle parole chiave prima della stesura della storia, in modo che dopo il lettore, usando Amazon come motore di ricerca (perché quello è), venga indirizzato su una pagina dove appari anche tu.
Io parto sempre svantaggiato perché non mi preoccupo di come tira il vento, se tira e in quale direzione: scrivo e basta. Poi leggo le recensioni e capisco che cosa ho scritto, e sono sempre sorpreso di scoprire, grazie ai lettori, cosa volevo dire.
Dici che è sbagliato? No: in realtà credo che sia l’unico sistema corretto di affrontare la scrittura. Per capire quello che voglio dire devo scriverlo, e pure il lettore è chiamato a dare il suo contributo.
Ho cambiato le parole chiave della Trilogia delle Erbacce, ma anche in questo caso le vendite sono arrivate solo grazie al blog.

Il falso mito della discoverabilty
Forse uno dei punti di forza di questo libro è quello di affrontare Il falso mito della “discoverability” (basta comprare un po’ di traffico, et voilà, ti hanno scoperto. Però attenzione: è facile buttare i soldi e non cavare un ragno dal buco). Altro sistema (se non vuoi spendere soldi rischiando di gettarli dalla finestra; e non ti corre dietro nessuno): aprire un blog e riempirlo di contenuti interessanti.
Tutte le recensioni che ho raccolto sino a oggi non sono arrivate da banner pubblicitari su Facebook o altrove. Ma da persone che hanno scoperto il mio blog e poi hanno deciso di scommettere sulle mie opere.
Il problema semmai, è “diventare” visibili; anche a quanti per esempio non frequentano il blog, e bazzicano su Amazon. In che modo?
Categorie e parole chiave, in primis. E poi altre cosette sulle quali però non mi soffermo (anche perché lo sto leggendo quando scrivo queste righe).
Ah, me lo scordavo: le recensioni non servono a niente (l’avevo già capito). Contano solo le vendite.
Questo libro mi ha aiutato a confermare la mia idea: sono abbastanza controcorrente e i sistemi che funzionano per gli altri, non funzionano con me. Né ho intenzione di cambiare naturalmente.
Dovrei pensare alla prossima storia, quella del #progettoIOTA, mettendo al centro i lettori.
Metterò al centro la storia, come al solito. Se sarò bravo la storia troverà i lettori; altrimenti pazienza. Magari è una storia che troverà i lettori tra settant’anni, oppure mai.
Non importa.
È così che la letteratura funziona. Qualcuno potrebbe dire:
Ma non ti sei accorto che il mondo è cambiato?
Eccome!
Senza Amazon non avrei mai venduto le mie opere. Il mio scopo, quindi, non è adeguarmi ai gusti dei lettori.
Bensì cercare (ma non so ancora come) di portare più persone qui, per poi indirizzarle su Amazon.
Anzi no: non più persone (il blog perde serenamente lettori). Semmai motivare le persone che leggono questo blog, a leggere pure le mie storie.
Secondo me sbagli prospettiva. Non è assolutamente vero che per vendere parecchio occorre seguire il gusto dei lettori. Amazon è strapieno di gialli che non si vendono e di rosa fermi al palo.
Non perché il genere tira è matematico che lo scrittore venda o che sia più facile. Anzi, spesso è più difficile perché la concorrenza di migliaia di altri scritti è totale.
Io in principio mi chiedevo ma perché qualcuno dovrebbe comprare il mio romanzo giallo quando ogni anno esce il nuovo di Camilleri, Manzini, De Giovanni e tutti gli altri bestelleristi mondiali?
Credi che di fronte a questa prospettiva vendere un giallo sia più facile? Puoi provare a cercare le categorie Amazon che vuoi, scegliere le parole chiave più mirabolanti del mondo, ma resterai sempre dove sei.
Eppure io duemila copie, nonostante tutta quella massa di autori e l’invisibilità dentro Amazon, le ho vendute. Perché?
Perché io non ho scritto un giallo seguendo le mode. Mi sono inventato una mia location. Nel mio romanzo parlo di storia, di un pirata che secoli prima aveva salvato gli isolani e di cui emergono leggende. Ho creato un mio mondo narrativo dentro a un genere che mi piace. Parlo della globalizzazione del turismo che appiattisce le tradizioni dei luoghi e altre tematiche a me care. Se un domani un editore dovesse dirmi: ti pubblico il libro se togli la parte del pirata io gli risponderei tornatene da dove sei venuto. Non snaturo la mia opera. Se qualcuno la vuole leggere così o niente.
Io credo che la chiave per vendere un libro, qualunque questo sia, è qualcosa di più semplice.
Se vuoi vendere un libro, non vendi un sacco di patate. Vendi una storia, un’avventura che trasmette emozioni.
La chiave di una promozione sana e vincente per me è questa. Fai percepire al lettore il bello, il sapore che potrà ricevere da quella storia. Le persone vanno al cinema, si recano al luna park, per avere sensazioni, positive o anche negative (altrimenti gli horror non venderebbero), ma ricercano sempre uno stimolo.
Quindi se la promozione si riduce in: guarda questo libro compratelo, ecco che qualsiasi sponsorizzazione pubblicitaria è destinata al fallimento. Il lettore di fronte a quell’annuncio pensa: Ce ne sono tanti di libri, di tutti i generi, perché dovrei comprarmi questo? Non trova risposta alla domanda e va oltre.
Se vuoi tentare la tua strada, parla di emozioni, parla del motivo del tuo romanzo. E che questo sia mainstream o di genere, poco importa, perché chiaramente deve centrare il tuo target di lettori.
Chiaramente, parlare delle emozioni che un libro trasmette, non è facile. Se tu lo facessi su questo blog avresti risposte basse. Perché i lettori siamo bene o male sempre gli stessi. Devi trovare un modo per far arrivare il tuo messaggio lì dove si trovano i lettori, e in questo i social sono più avvantaggiati. Ma anche così c’è da sudare parecchio, perché prima che qualcuno desti la sua attenzione in ciò che vuoi comunicare, devi comunque incuriosirlo, agganciarlo a te. E non è affatto facile. Occorre trovare un modo per proporsi ed esprimersi che sia accattivante. Per questo occorre sperimentare. Fallire. Riprovare. Eccetera eccetera. Io non ho mai letto un libro sul marketing. Semplicemente perché so che non esistono tecniche o ricette. Mi è bastato leggere dell’idea della mucca viola di Seth Godin. Vero, mi son detto. Occorre diventare una mucca viola. E come si fa? Nell’unico modo possibile: parlando delle caratteristiche uniche del mio scritto. Se riesci a invogliare migliaia di persone a leggerlo, anche se sei un autore sconosciuto, qualcuno lo farà.
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Anche io ho letto quel libro. Ma il risultato è che non so come diventare una “mucca viola”. Non so come parlare delle caratteristiche delle mie storie. O forse lo so, ma non sono mai riuscito ad azzeccare la formula vincente (o quella giusta). Anche perché preferisco leggere, e scrivere la prossima storia. Probabilmente non sono adatto né all’autopubblicazione, né all’editoria ufficiale.
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Uhm… te lo ricordi il Legacy tour Marco? (Freccero.. tocca specificare 😀 )
Io scrissi (dalla mail):
3. Secondo te, cos’hanno di particolare i miei racconti?
I racconti di Freccero hanno la colla. Tu li leggi e ti si attaccano in testa, carichi di domande. E tutto il giorno ti ci lambicchi a cercare le risposte. E lui lo sa, ce l’ha messa lui la colla, solo che non si vede!
Magari ci si potrebbe lavorare. I tuoi racconti/romanzi hanno la colla. Meglio dei Post-it (lo sapevate che i famosi foglietti sono nati da un fallimento? cercavano un incollante estremo, hanno fallito la formula, hanno riciclato la soluzione!)
Una bella immagine dei tuoi libri che si attaccano ovunque? Magari ne prendi una copia cartacea, ci metti davvero la colla e fotografi il tuo libro attaccato in giro per pali della luce, panchine, fermate dell’autobus di Savona?
(C’era anche quel tuo bel racconto che i libri contengono pistole, ma non è un bel messaggio da dare al pubblico, se non sei Trump…)
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Ma è un’idea MOSTRUOSA 😀
Finirei arrestato per vandalismo o cose così 😉
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Adattare le nostre storie ai gusti dei lettori la vedo come una forzatura che non porta a nulla di buono e di certo non rende più facile vendere. Benché sia vero che alcuni generi tirano più di altri, è anche vero che la concorrenza ti rende facilmente invisibile. Forse la promozione vincente sta nel valorizzare i punti di forza di una storia e tentare così di intercettare il pubblico giusto. Il discorso delle categorie è complicato, anche perché ho seri dubbi che le persone vadano a pescare nelle categorie preferite quando vogliono comprare. Le parole chiave invece possono fare la differenza, ma solo a condizione di usare parole ricercate dai lettori, altrimenti diventa inutile.
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Io ho lavorato su categorie e parole chiave: non posso nemmeno dire di aver avuto dei risultati. Probabilmente funziona negli USA, oppure con un certo tipo di storie. Non so. Boh! 🙂
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Marketing? Bella parola che dice tutto e niente. Se la storia è interessante, vendi qualcosa, altrimenti niente.
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Eppure il marketing è una tecnica che se usata con giudizio, permetterebbe di togliersi qualche sddisfazione.
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dipende da chi la manovra
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Nel mio caso adeguarsi ai gusti dei lettori si traduce in “Scrivo quello che mi pare!”
D’altro canto sono un lettore appassionato, sicché… 😉
Purtroppo neppure questa è la ricetta magica per scrivere il famigerato best seller
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Molti best-seller non sono nati per esserlo… 😉
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È complicato azzeccare la formula giusta, io non l’ho ancora trovata…
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Siamo almeno in due 😉
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Quel che vi manca, a mio giudizio, è il creare una community di lettori. Lo fate già col blog, ma il blog non è sufficiente perché i lettori non passano da lì.
Io mi sono concentrato invece a costruire la pagina fb del commissario ed ho accumulato cinquemila follower. Quella autore altri undicimila.
E l’ho fatto male. Ho compreso d’aver commesso un sacco di errori. Adesso dopo due anni di riflessione cercherò di comunicare con più empatia.
E’ difficile, vi capisco, però secondo me questa è la direzione.
Siete bravissimi autori e i vostri libri meriterebbero molto di più. Io faccio il tifo per voi, non vi scoraggiate. 😉
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Tutto serve, niente serve. Dopo un po’ che ti dai da fare te ne accorgi, e ti accorgi anche che puoi passarci la vita a inseguire metodi e a creare salotti per vendere, dimenticandoti di… scrivere. Va benissimo per chi ci riesce, sia chiaro; ma mi sono fatta l’idea che ognuno abbia una determinata situazione (interiore, esterna) da cui parte, che non può ignorare. Cercare miglioramenti va benissimo; pensare di percorrere le strade altrui… no, non credo che ne valga la pena.
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Infatti. Non ci penso minimamente a percorrere strade che non mi appartengono 🙂
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C’è da dire una cosa su David Gaughran (che conosco dal gruppo dei Peakers Writers, perché dall’america lo seguono come un guru per il self publishing): come è diventato lui così visibile? Con la saggistica sulla scrittura creativa, il self publishing, il web marketing. Non con i suoi romanzi e racconti (che comunque ha scritto, forse cronologicamente anche prima).
Il punto, terribile per certi versi, è che un acquisto deve soddisfare un bisogno. Ed è più facile vendere un saggio sulla scrittura che un romanzo. Così come è più facile vendere un corso di scrittura che un romanzo. Così c’è chi, come David Gaughran, prende la via traversa: prima scrive il saggio, e allo stesso pubblico, raggiunta una certa autorevolezza, venderà anche il romanzo. 😉
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Be’, questo lo so anche io! 😀
È che non mi va di scrivere su questi argomenti. Un libro l’ho già scritto (anzi 2), sulla scrittura. Direi che bastano.
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