di Marco Freccero. Pubblicato il 13 dicembre 2019.
Che differenza c’è tra eroe ed eroe?
Sappiamo per esempio che nell’Iliade e nell’Odissea (tra le opere più importanti della cultura europea), l’eroe è o Achille (che combatte e uccide ed è sempre sicuro di quello che fa); oppure Ulisse (lo scaltro).
Che eroe abbiamo invece ne “Il Signore degli Anelli”?
L’eroe nel Signore degli Anelli
Forse il romanzo di Tolkien è una delle poche opere del Novecento dove è presente un tipo di eroe che dopo, nel resto della letteratura europea, si è come eclissato. Infatti in buona parte della letteratura del Novecento o non c’è proprio (il suo posto è stato preso dall’uomo comune), oppure l’eroe è un tipo che “tira a campare”; che resiste; che cerca di vivere con uno striminzito stipendio. Potremmo identificare questo uomo, questo “eroe” col Goljadkin che troviamo ne “Il sosia” di Dostoevskij. Si arrangia, si barcamena; perché dappertutto vede nemici (oppure sono “davvero” nemici?). Gli altri sono una minaccia che cerca di sopraffarci.
Al contrario nel Signore degli Anelli un eroe c’è perché si carica di una responsabilità enorme e compie una scelta. Dalla quale dipenderà il destino del mondo. Lo stesso Gandalf ricorda che si possono vincere molte battaglie; ma se alla fine l’hobbit Frodo non getterà l’anello nel monte Fato, sarà comunque la fine.
Le tenebre domineranno tutta laTerra (di Mezzo).
Ma non è mai solo. Prima la Compagnia dell’Anello; poi solo Sam e Gollum. È un eroe che vive di relazioni, o di amicizia. Pone la sua fiducia nell’altro, anche quando questo è un traditore (proprio come Gollum).
Parecchia acqua è passata sotto i ponti da quando gli eroi combattevano oppure usavano l’astuzia per sbaragliare nemici soverchianti.
Poi sono arrivati gli eroi matti; gli eroi pieni di dubbi. Infine gli eroi che si barcamenano in un mondo feroce, e per questo resistono, difendono la loro piccola umanità.
Per arrivare alla dissoluzione dell’eroe e quindi dell’essere umano.
O quasi.
Uno Hobbit come eroe?
Tolkien nel Signore degli Anelli propone uno strano eroe: Frodo. Costui è sì armato; ma trascorre tutta la sua avventura a scansare il nemico. A sfuggirgli. Se per caso lo affronta, viene ferito. Quindi deve per forza nascondersi, occultarsi, agire alle spalle. Non ha la forza di un nano o di Aragorn. È indispensabile portare a termine la missione e questa non vuole battaglie; ma nascondimento.
Non è sfrontato come Ulisse che dopo aver accecato Polifemo ed essere uscito dalla caverna, lo irride. Solo verso la fine del romanzo, c’è quasi un “confronto” da Sauron, l’oscuro signore, e Frodo. Ma Sauron non si aspettava di trovare il suo nemico dentro casa, ed è ormai tardi per organizzare una qualche difesa.
E qui che cosa succede all’eroe Frodo? Che invece di gettare l’anello nel ventre del monte Fato, esita. La missione pare sul punto di fallire (proprio all’ultimo istante! Quando basta così poco!). E se invece va tutto come deve andare, lo si deve all’infido, al traditore: Gollum.
La creatura che ha offerto a Shelob proprio Frodo perché lo possa uccidere, cibarsene, e lui recuperare l’anello: diventa di fatto l’autentico eroe. È grazie a Gollum che finalmente l’anello del potere sarà distrutto.
Eppure cerchiamo l’eroe. Ancora
Eppure l’eroe senza macchia e senza paura è ancora adesso qualcosa di cui abbiamo un dannato bisogno. Buona parte dei mezzi di comunicazione tendono a dipingere il leader politico (soprattutto se dittatore), come qualcuno che non sbaglia mai. Che sa sempre cosa fare e non conosce la fatica, il dubbio.
Se per caso (ma è un caso), è affaticato lui ricava forza, energia dai suoi sostenitori: il popolo. Ma non è una relazione come tra amici.
Non è la relazione tra Frodo e Sam (quando Sam si carica il peso dell’anello per un breve periodo), tra Frodo e la Compagnia dell’Anello.
È sempre una relazione tra sudditi e leader (il falso eroe), dove il leader è acclamato finché domina. Finché riversa sul popolo, sui sudditi, quello per il quale è stato acclamato: il sogno di un mondo, di una vita finalmente semplice dove le difficoltà e i problemi li causano sempre gli altri. Perché ci vogliono tanto male, ci odiano.
E noi siamo solo tanto buonini e ingenui.
Sam non taglia la corda perché Frodo sembra aver perso. Le difficoltà lo inducono solo a stare vicino al suo padrone. A tenere duro. E se la missione alla fine avrà successo, è perché il suo contributo è ben presente.
Ma perché Tolkien alla fine utilizza Gollum per far sì che tutto vada a posto (almeno per un poco)? Per quale ragione ricorre a questa figura strisciante?
Solo lui naturalmente può rispondere in modo adeguato a una tale questione. Ma tracce della risposta si possono trovare un po’ ovunque nei tre libri che compongono la trilogia dell’anello del potere. Lì si può ben vedere che lo scoramento, la delusione, la paura di sbagliare, l’errore sono spesso compagni quasi inseparabili dei membri della Compagnia dell’Anello.
Tersite e Gollum
Facciamo un passo indietro. Torniamo all’Iliade e ricordiamo Tersite.
Un combattente brutto, sporco, mi pare pure zoppo, e che parla a sproposito. Un codardo per Omero, uno che cerca di battersela. Che non vuole morire per i signori. Perché Omero (o chi per lui), mette questa figura nella sua opera? Non solo per deriderla, per farne uno zimbello; o forse sì?
Oppure per mostrare che c’era eccome un problema: molti non avevano voglia di combattere. Lo facevano perché costretti. Tersite è carico di un sacco di difetti perché così doveva essere. Chi ascoltava l’Iliade doveva avere ben chiaro che c’erano due tipi di uomini; e doveva comprendere al volo anche da quale parte stare.
Tersite come Gollum?
La tentazione di stabilire una qualche relazione tra i due c’è eccome; cercano di scamparla entrambi, e di difendere il proprio orticello. Gollum sogna di riavere l’anello; Tersite di tornarsene a casa. Ma la fine di questo personaggio dell’Iliade è triste; sarà ucciso da Achille con un pugno, perché deriso proprio da Tersite (e con ragione: Achille “giace” con un cadavere).
Gollum, anche se la gloria della distruzione dell’Anello del potere andrà a Frodo (perché ha accettato la missione, e sino al monte Fato lo ha indossato lui nonostante i rischi e l’enorme fatica che portarlo su di sé gli costa), è fondamentale sia per raggiungere la destinazione (senza di lui Sam e Frodo non sarebbero arrivati a Mordor). Sia perché senza il suo intervento, frutto del desiderio di mettere le mani di nuovo sull’anello, la missione sarebbe fallita.
Un essere sgradevole che “a sua insaputa” salva il mondo. Che crede di perseguire il suo tornaconto (tornare in possesso dell’anello), e in realtà agisce per distruggerlo e salvare la Terra di Mezzo.
C’è qualche differenza con Tersite. È come se Tersite fosse prigioniero del suo ruolo, delle sue azioni, del suo passato; talmente grande e ingombrante che non c’è via di scampo. E da questo insieme di fattori non potesse più uscire. Deride i potenti, e poco prima di morire deride Achille. Muore stritolato dal suo ruolo di codardo.
Gollum è succube dell’Anello, è disposto a tutto pur di riaverlo. Per poco lo ottiene prima di sparire con esso. Ma resta evidente che Frodo alla fine ha esitato; e che proprio il viscido Gollum ha capovolto la sorte della Terra di Mezzo, regalandole vita e la vittoria (momentanea) sul male.
Credo che Omero, o in genere gli artisti dell’antichità, avrebbero fatto molta fatica a dare un simile ruolo a un personaggio del genere.
Ulisse è scaltro, spesso astuto e spregiudicato; ma sta alle regole del gioco. Sa qual è la parte giusta dove stare, e ci sta e ne segue le leggi. Fa quello che ci si attende e ci mette tutto il suo impegno.
Gollum è dalla parte sbagliata della storia: è schiavo dell’anello del potere, e non gli importa un accidente degli uomini, degli elfi, dei nani e del destino della Terra di Mezzo. Vuole solo tornare in possesso di ciò che ritiene suo. Eppure salva il mondo.
Bello. In più la parte che ha Gollum nel finale potrebbe giustificare anche, platealmente, il gesto di pietà nei suoi confronti quando i soldati stanno per ucciderlo. È un po’ come se Tolkien ti stesse dicendo, dandoti di gomito, “Ecco, lo vedi che anche lui serviva a qualcosa? Lo vedi che la pietà ha davvero un senso, anche nei confronti di un essere malvagio?”
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Vero, giusto rilievo. 🙂
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Bellissimo articolo, che analizza uno degli aspetti secondo me più affascinanti del romanzo. Tolkien sa individuare e valorizzare bene ogni sfumatura dell’animo umano; non solo, ma osserva come al lavoro non ci siano solo le umane aspirazioni, i progetti, la volontà, buoni o malvagi che siano. C’è anche qualcos’altro, che spesso non sappiamo definire, ma di cui possiamo essere strumento – più o meno consapevole – per la realizzazione del sommo bene di tutti. Affascinante. Interessante il nesso che trovi con la realtà politica attuale.
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Era un nesso che probabilmente anche Tolkien faceva con la situazione del mondo quando viveva lui. Anche se ha sempre dichiarato che lui non pensava a nessuna situazione particolare (politica), io non gli credo molto…
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Frodo è un eroe per caso.
Riguardo al leader politico, più che vederlo come uno che non sbaglia, si vede – e si deve vedere – come uno che sa prendere decisioni velocemente, che non tentenna, come deve fare un generale in battaglia.
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Anzi, direi che Frodo non ci pensa nemmeno a essere un eroe, credo che nemmeno sappia di che cosa si tratta. Lui voleva solo l’anello e al diavolo tutto il resto. Però la vita è imprevedibile.
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L’eroe non dovrebbe esistere perché la sua funzione è morire per gli altri volontariamente oppure no.
Se la società ha necessità di trovare un eroe, vuol dire che ha fallito. Frodo e la compagnia dell’anello hanno fallito perché Gollum si è trasformato nell’eroe che si è immolato, non volente, per salvare la Terra di Mezzo.
Credo che analizzando altre figure simili si arrivi alle medesime conclusioni.
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Mah! A me l’eroe piace. Fossi uno scrittore bravo, scriverei proprio una storia con un eroe.
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provaci
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Galadriel: “Mithrandir… perché il mezzuomo?”
Gandalf: “Non lo so… Saruman ritiene che soltanto un grande potere riesca a tenere il Male sotto scacco. Ma non è ciò che ho scoperto io. Ho scoperto che sono le piccole cose… le azioni quotidiane della gente comune che tengono a bada l’Oscurità… semplici atti di gentilezza e amore… Perché Bilbo Beggins? Forse perché io ho paura… e lui mi dà coraggio!”
Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato
New Line Cinema, Warner Bros (C) 2012
Non so se questo pezzo sia solo di Peter Jackson per il film, o tratto dagli appunti di Tolkien a cui hanno attinto per arricchire la sceneggiatura, nel libro però non lo ricordo. Ed è il mio passo preferito. 😉
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Lo ricordo nel film; non nel libro. 🙂
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[…] letto con interesse questo post di Marco Freccero e mi è capitato di riflettere un po’ a casaccio sulla figura […]
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