di Marco Freccero. Pubblicato il 27 gennaio 2020.
È giunto il tempo di fare un piccolo aggiornamento a proposito del mio prossimo romanzo. Come sempre autopubblicato, dovrebbe arrivare su Amazon e affini (ma soprattutto Amazon) a dicembre del 2020. Sino a questo momento posso affermare che tutto va secondo i piani e la tabella di marcia è ampiamente rispettata. Il che mi preoccupa un poco, perché forse la storia ha una falla grande come l’isola di Bergeggi e io non l’ho ancora notata.
Lo renderò disponibile prima per Amazon e poi per tutte le altre piattaforme. Il cartaceo sarà solo su Amazon, naturalmente.
Cosa c’è dentro il mio prossimo romanzo?
Quando leggerai queste righe probabilmente avrò messo la parola “Fine” a quella storia e non mi resteranno che mesi e mesi di riflessioni, correzioni, riletture, riscrittura.
Insomma: un impegno considerevole.
Benché io abbia già il titolo, per adesso non lo rivelo ancora. Alcune cose le ho già indicate e forse è meglio ricapitolare (anche se questo “ricapitolare” sono certo che succederà ancora e ancora).
Il #progettoIOTA è ambientato a Savona negli anni Ottanta. Tutto parte da una morte, ma essa è collegata a un evento che si è svolto in una piccola località alle spalle di Savona, nel settembre del 1943. In un certo giorno di quel mese qualcuno è arrivato in quella località, e ha trovato qualcosa.
Il giorno seguente è tornato, e se ne è impadronito. Da allora “quella cosa” è sparita nel nulla, o almeno così pare. Perché forse…
Uno dei protagonisti (i personaggi, vivi e morti, sono una quindicina, mi pare), è un anziano. Quando qualche mese fa mi sono fermato a rileggere con particolare attenzione i capitoli che lo riguardavano, ho scoperto una cosa assai interessante.
Avevo sbagliato a inquadrarlo. Sbagliato completamente.
Perché lui ha lo stesso nome e cognome del protagonista di un mio vecchio romanzo (che nessuno ha mai letto e che riposa, e riposerà per sempre in un disco rigido). E senza accorgermene ho modellato la sua personalità non sulla mia storia di adesso; ma su quella di oltre venticinque anni fa.
Ho quindi dovuto riscrivere buona parte dei capitoli che credevo definitivi (circa otto). Adesso però è come doveva essere.
Accanto a costui, ci sono poi altri tre protagonisti, dei giovani.
Si trovano a vivere in una comunità, ma non sono tossicodipendenti; sono obiettori di coscienza al servizio militare. E pure essi saranno in un certo senso tirati dentro la storia da “quella cosa” sparita nel nulla in un lontano giorno del 1943.
Pure la sinossi è pronta ma per il momento la tengo solo per me, naturalmente. Ora però parliamo di cose ancora più serie.
Il passato ritorna…
Una simile storia (a dicembre leggerai il primo libro del #progettoIOTA), mi ha imposto, tanto per cominciare, la stesura di una cronologia. Si inizia ad agosto del 1987 (l’ho già dichiarato che è ambientato tutto in quegli anni?), e si procede nelle settimane seguenti.
Oltre a un minimo di cronologia, ho dovuto anche, per la prima volta, buttare giù delle schede dei personaggi. Non potevo certo fare altrimenti, se desidero uscirne non dico sano di mente; ma vivo.
Alcuni aspetti della città di Savona li ricordo per un motivo molto semplice. In quegli anni già scrivevo (ci provavo, con zero consenso), e ambientavo le mie storie… A Savona. Quelle opere le ho conservate e perciò ci sono degli elementi interessanti che ho potuto usare di nuovo. Per esempio: palazzo Santa Chiara era sede della Questura (adesso è chiuso. Si parla di trasferirci la biblioteca che si trova sulla collina di Monturbano). Davanti alla torre del Brandale c’era uno spiazzo sterrato, mentre adesso tutto è asfaltato e più in ordine.
Eccetera eccetera.
Non è detto che si debba buttare via sempre tutto. A volte è bene conservare perché se per caso decidi di tornare a riscrivere di un certo periodo storico…
Perché gli anni Ottanta?
Qualcuno potrebbe pensare:
“Diabolico Freccero! Gli anni Ottanta sono sempre di moda, e tu ci scrivi una storia per sfruttare il revival!”
Non proprio.
La storia parte da lì perché allora avevo vent’anni, tutto qui.

Dietro non c’è chissà quale piano o diabolica strategia. C’è solo la volontà di portare a un “nuovo livello” quello che scrivevo durante la Trilogia delle Erbacce, e nel mio romanzo “L’ultimo dei Bezuchov”.
Come mi pare di avere già spiegato in altre occasioni, adesso intendo approfondire certi temi, con tutti i rischi del caso ovviamente. E il #progettoIOTA risponde perfettamente a questo intento. Non è detto che riesca, esatto. Potrebbe anche essere un clamoroso fiasco; ma a queste latitudini siamo abituati a risultati striminziti, quindi non è un problema.
Scrivere: cioè cancellare
Sì, la scrittura di questo romanzo sta passando attraverso la cancellazione. È tutto vero, esatto e pure corretto: chi racconta storie deve per prima cosa imparare a eliminare, a cancellare senza rimorsi né pietà alcuna. Deve vestire i panni del chirurgo.
Sono almeno un paio i capitoli che ho fatto già fuori.
Non solo.
Ho già riscritto certe parti perché parevano sermoni, e altre le ho drasticamente ridotte, snellite, per renderle più interessanti. Non ho idea di quanto ancora eliminerò; ma se non scrivo non posso sapere che cosa voglio e solo scrivendo mi chiarisco le idee. Solo scrivendo capisco che cosa voglio dire.
Magari qualcuno sarà spaventato, oppure mi prenderà per matto o per un dilettante assoluto; ma pianificare troppo per me significa ammazzare la storia e qualunque interesse possa suscitare. E io vorrei che qualcuno fosse attirato dal #progettoIOTA.
Per oggi è tutto; tornerò a parlare del #progettoIOTA prossimamente.
Su “certe parti parevano sermoni” mi sono rotolata sulla sedia 😀
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Quando ci vuole, ci vuole 😀
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“Solo scrivendo capisco che cosa voglio dire.” Questo è profondamente, verissimamente vero, al di là di ogni possibile pianificazione.
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Esatto! Altro che pianificare. Se pianifichi perdi metà del divertimento 🙂
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Oh no, io pianifico, quando ci riesco, ma poi mi diverto lo stesso. Cerco di non farmi mancare niente. 😀
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Con il #progettoIOTA pure io ho dovuto pianificare qualcosa. Altrimenti diventavo matto. 😀
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A vent’anni eri già molto frecceriano 😉Devo dire che gli anni ottanta sono sempre attuali e c’è molta materia su cui scrivere, allora visto che stai revisionando buon lavoro da chirurgo!
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Grazie!
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aspetto questo romanzo dall’intreccio pazzesco.
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Pazzesco? Addirittura??
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da come l’hai descritto pare così 😀
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Allora ho esagerato! 😀
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lo scopriamo quando pubblichi 😀
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Io sono molto incuriosita da questo romanzo, soprattutto perché mi piacciono i misteri che abbracciano il passato 🙂
Per il resto, capisco a pieno il tuo modo di procedere, che è anche il mio. Quanto mi piacerebbe avere le idee chiare fin dall’inizio, e invece vado avanti pure io cancellando e riscrivendo, senza conoscere tutto il quadro fino alla fine. E sì, pianificare a volte ammazza la storia. Io direi anzi che ammazza l’ispirazione.
E comunque viva gli anni Ottanta 😉
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Viva! 😀
Inoltre credo che le idee le avrò sempre confuse 😉
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Solo all’idea di leggere della mia Savona negli anni in cui l’ho lasciata… immagina tu quanto aspetto il tuo libro.
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Spero di non deluderti… 😬
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Han trovato qualcosa e quella cosa è sparita nel nulla, nel 43…. uhm, un tessssoro? Oppure una bomba inesplosa della guerra? O un carro armato? Mi viene in mente Don Camillo, che Peppone si era davvero “intascato” un carro armato! 😀
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Grande Guareschi! Ne parlerò sul mio canale YouTube 😉
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