E se ce ne andassimo in Islanda?
Ecco: oggi ce ne andiamo appunto in questa isola nel nord Atlantico. Perché lì si muovono tre tipi molto particolari…
Buona visione.
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È la prima domenica dell’Avvento in Islanda, e tre strani personaggi si mettono in marcia per una missione. Si tratta di Benedikt, un uomo dunque; il montone Roccia; il cane Leò.
Che missione hanno questi tre tipi?
“Il pastore d’Islanda” è un romanzo dello scrittore islandese Gunnar Gunnarsson. La traduzione è di Maria Valeria D’Avino, con una postfazione dello scrittore islandese Jon Kalman Stefánsson e una nota di Alessandro Zironi. L’editore è Iperborea.
La missione che da 27 anni Benedikt porta a termine nel mese di dicembre è quella di recuperare le pecore che sono sfuggite ai raduni autunnali, e che adesso vagano per i monti dell’Islanda dell’est, mentre sta per arrivare il duro freddo e gelo di dicembre.
Naturalmente le pecore non sono di Benedikt. E gli abitanti delle fattorie presso cui chiede e ottiene ospitalità, e che non lo accompagnano quasi mai nella sua ricerca, lo guardano un po’ perplessi.
Per quale motivo rischiare la vita, tutti gli anni, per recuperare qualcosa che nemmeno gli appartiene?
Che cosa spinge Benedikt a osare così tanto? La molla che lo induce a fare ogni anno una simile impresa è la volontà di dimostrare che l’uomo può essere più forte della feroce natura islandese, del tutto priva di cuore e quindi di pietà.
Ma non solo questo.
Infatti quando arriva l’Avvento Benedikt ricorda a se stesso che anche gli animali hanno il diritto a vivere, e non possono essere abbandonati al gelo solo perché animali.
Per lui il periodo dell’Avvento è quello che consente di recuperare quello che davvero conta, vale a dire il rispetto per ogni forma di vita. Non gli importa che gli altri uomini o donne cerchino magari di dissuaderlo, né giudica la loro inazione. Lui fa quello che sente essere il suo dovere.
Un solo pensiero emerge mentre lo accompagniamo in questa ennesima ricerca, mentre il gelo assale quelle terre, con il vento feroce, la neve. Presto lui non sarà più in grado di portare avanti questo compito. Ormai ha 54 anni e fa fatica a proseguire, a ripetere anno dopo anno questa impresa. Che pretende forza e grande esperienza.
Ma lui pare essere certo che Dio non permetterà che dei viventi, anche se pecore, siano abbandonate alla morte. Qualcuno arriverà a prendere il suo posto e questa missione sarà portata avanti.
Chissà se al giorno d’oggi c’è ancora qualche pastore che nella prima domenica di Avvento si avventura sui monti alla ricerca di pecore sbandate.
Alla prossima e: Non per la gloria ma per il pane.
lecita la domanda finale. Ma qualche pastore lo farà?
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Chi lo sa! 😉
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Che bella questa storia, speriamo ci sia ancora un pastore che prosegua il suo compito.
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Io lo spero, ma non ne sono molto sicuro.
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Non so se c’è qualche pastore che fa questo, ma è certo che fai apposta a farmi sempre venire voglia di leggere qualcos’altro in tema nordico. Uomo, cane, pecore, salvezza per gli animali… è il cocktail definitivo per me! Ma Iperborea senza di te come se la caverebbe? 😉
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Credo che senza di me se la caverebbe comunque benissimo 😉
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Molto biblico il tema, il recupero delle pecorelle smarrite… Chissà se li fanno pure in Scozia! 😉
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Secondo me, no. 😃
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