Pubblicato su YouTube il 5 marzo 2020. Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.
Torniamo un poco a parlare di autopubblicazione?
Buona lettura e buona visione.
E se l’autopubblicazione non fosse poi così straordinaria come si vuol credere?
Sì, hai premuto il magico pulsante su Amazon che dice “Pubblica”. Ma dopo non è successo nulla.
Oppure: è successo molto poco.
E adesso che fare?
Ci sono 3 strade, a mio parere.
Lasciare perdere, perché l’autopubblicazione non è nulla di speciale. E puntare su una piccola casa editrice, non a pagamento.
Proseguire, senza badare troppo alle vendite.
Scendere a compromessi.
Parliamo di questa terza opzione.
Pur di conseguire i tuoi obiettivi, sei disposto a tutto oppure, come faccio io, no, niente compromessi?
Io infatti ho un motto: Prima la storia, poi il lettore. Per me la storia, la sua qualità, il suo interesse e la sua onestà vengono prima di tutto.
Viene anche prima del pubblico. Non perché io lo disprezzi. Ma perché il pubblico non sa che cosa vuole.
Glielo devo dire io.
In fondo buona parte della letteratura, quella importante, che resta, non ha mai guardato ai gusti del pubblico. Per esempio nell’Ottocento in Russia molti ritengono che il socialismo sia il futuro e che esso salverà la Russia. Questi sono gli argomenti che vanno per la maggiore, e ci si aspetta che chi scrive si adegui.
Dostoevskij invece a un certo punto scrive “Delitto e castigo” dove si dichiara che solo il cristianesimo salverà la Russia. Ma il libro entra nella storia della letteratura.
Hermann Melville scrive un romanzo su una balena bianca. I critici lo invitano ad abbandonare la ”metafisica tedesca” e ad abbracciare la natura.
Diventerà un classico solo alcuni anni dopo la sua morte, e proprio grazie ai critici che lo rivaluteranno.
Sì, la mia è una posizione, un modo di affrontare la scrittura e le storie un po’ rischioso. Ma è l’unico che mi piace.
Molti autori che si autopubblicano affrontano in modo scientifico il loro lavoro.
Studiano con cura gli argomenti che piacciono, che tirano; scrivono le loro storie seguendo quindi la corrente, vale a dire i gusti del pubblico.
Profilano con cura i loro lettori; li coinvolgono nella stesura della storia. È il pubblico che sceglie per esempio la copertina, i font del titolo e altri aspetti dell’opera, aspetti a volte davvero cruciali.
In un certo senso il lettore fa parte della storia.
Se sono abili, effettivamente riescono ad avere successo da autori indipendenti.
Ed ecco però che uno degli argomenti forti dell’autopubblicazione sembrerebbe venire meno.
Perché si ripete spesso che con l’autopubblicazione scrivi quello che vuoi, e poi pubblichi.
Scrivi i libri che vorresti leggere, e Amazon te li piazza un po’ ovunque.
Ed è così.
Però quello che ci si scorda di ricordare è che là fuori c’è un mercato. Di solito l’autore indipendente non ne sa nulla, non se ne cura, perché lui è uno scrittore e non si abbassa a considerare questo tipo di cose.
Quindi vendite zero. O quasi.
Che tu venda con una casa editrice medio grande; oppure che tu sia un autore indipendente che si autopubblica: hai sempre a che fare con il mercato.
Sempre.
Perciò se vendi poco o nulla con l’autopubblicazione: o scendi a compromessi e non scrivi le storie che vorresti leggere. Ma scrivi quelle che il pubblico vuole.
Oppure procedi per la tua strada, non scendi a compromessi. Magari ti studi un po’ di marketing per imparare a fare un poco di autopromozione. Così la prossima volta magari riesci a vendere qualche copia in più del tuo libro.
Ma non ci sono certezze, mai.
Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane.
il lettore? Non si disprezza ma è complicato scrivere qualcosa per il suo palato.
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Io non scrivo per il palato del lettore: e credo si veda 😀
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non ho detto questo per te ma molti altri lo fanno
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Sì, certo.
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Forse la mia posizione è intermedia tra le due che citi: per me io e il lettore comunichiamo attraverso la storia. Non so se la storia esiste da sola, senza questo rapporto. Però scrivo solo quello che ho voglia di scrivere, nel modo in cui voglio scriverlo; qui nessuno mette il naso. Certo è che autopubblicare serve a poco, se non si ha la curiosità di vedere cosa si può fare, anche in piccolo, per farsi conoscere. Allora il piccolo editore non a pagamento è meglio.
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Io faccio quello che posso per farmi conoscere. 😃
Ma credo che certe storie, e certi autori, non abbiano proprio la possibilità di andare oltre i piccoli numeri. E non per demeriti loro: è così.
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Tendo a non domandarmi se i numeri sono piccoli o medi o grandi… finora è controproducente. 😀
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I numeri… Sono numeri 😃
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Io scrivo le storie che vorrei leggere, anche se non sono sicura di farlo bene, al meglio sì, ci provo intensamente…
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E provandoci, si migliora sempre. Sino all’ultimo. Come ha fatto Tolstoj che sino all’ultimo ha imparato qualcosa 😉
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Era una cosa straordinaria quando erano in pochi (e magari lo facevano bene: copertina, editing, titoli, storia, editing, e-book), oggi lo fanno in troppi con le relative conseguenze. Così fan tutti.
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Ma è anche un esito inevitabile. Quando tutto si “democratizza” il risultato è appunto inevitabile.
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Anche se vorrei pubblicare con una casa editrice, scrivo e voglio scrivere quello che mi piace leggere. Poi andrà come andrà.
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Faccio lo stesso anche io.
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Ho letto il tuo libro “L’ultimo dei Bezuchov”, mi è piaciuto moltissimo e mi ha toccato nel profondo, forse anche perché in questo momento vivo accanto a una persona malata… non sono tuttavia d’accordo che sia Dio tutto ciò che conta…Ho fatto un po’ fatica a leggere, i caratteri sono troppo piccoli. Continua a scrivere, meriti il successo.
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Ti ringrazio.
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Non so bene chi siano i miei lettori, e ancora non sono su Amazon, o forse non ci sarò mai, chi lo sa? So che scrivo le storie che sento di dover scrivere, che sono in linea anche con le storie che mi piace leggere. Quindi o i miei lettori sono simili a me… o io sono il mio unico lettore! 😀
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I lettori li hai: sono tutti quei matti che odiano il divano 😀
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