Autopubblicazione – Dopo un mese non ho venduto una copia – Video


savona panorama da priamar

 

 

di Marco Freccero. Pubblicato su YouTube il 16 aprile 2020. Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.

 

Oggi nuovo video dedicato ancora una volta all’autopubblicazione. In particolare allo “stupore” di quanti pubblicano un romanzo, e dopo un mese non hanno venduto nemmeno una copia.
Dove sarebbe la sorpresa?

Buona lettura (e buona visione!).

 

“Ho pubblicato il mio romanzo da un mese, e non ho venduto nemmeno una copia. Ma succede anche a voi?”.

Per la serie: “Autopubblicazione: Domande che fanno cadere le braccia” oggi proverò a rispondere a questo genere di domanda.

La risposta è: Succede sempre e solo questo. Come puoi seriamente pensare di pigiare il pulsante “Pubblica” su Amazon o sulla piattaforma che preferisci, e poi dopo un mese o due credere davvero di passare all’incasso?

Mi pare di averlo già detto: se vuoi essere un autore indipendente e autopubblicare, devi essere imprenditore di te stesso.
Questo vuol dire: spendere energie, tempo, denaro per riuscire a farsi infine notare dai lettori.

Attenzione: ho detto: denaro. Io spendo dei soldi per le copertine dei miei libri. Pago cioè una grafica di Genova che me le realizza.

Pago ogni anno per rinnovare il mio piano sulla piattaforma WordPress dove gestisco un blog.

Questo succede perché esistono due sole strade.
O spedisci a una casa editrice seria il tuo libro (quando dico seria intendo: non a pagamento).

Oppure diventi imprenditore di te stesso e quindi accetti di essere un autore indipendente. Questo significa che tutto quello che di solito è delegato alla casa editrice (copertina, ma anche promozione), ricade tutto sulle tue spalle.

O lo fai tu, oppure non lo farà nessuno!

Se non hai mai mosso un dito per creare attorno a te la tua comunità di lettori, è ovvio che la pubblicazione del tuo libro non avrà alcun riscontro.

Ho una brutta notizia da darti. I lettori, già adesso, hanno tutti i libri di cui hanno bisogno. Balzac. Silone. Sciascia. Tolstoj. Carver. Zola. Dickens. Non hanno bisogno di te, dei tuoi libri.

A meno che…

A meno che tu non riesca, lavorando duro, a creare con i lettori una conversazione che nel corso del tempo potrebbe (uso il condizionale perché non è detto!), potrebbe dicevo, farli diventare i tuoi lettori.

Al di là della retorica con cui circondiamo il libro: pubblicare significa far sì che un lettore spenda dei soldi per comprare il tuo libro, e non quello di un altro. O di comprare il tuo, e quello di un altro.
Si tratta di convincerli a fare una transazione economica: il denaro deve uscire dalle tasche del lettore, e finire nelle tue.

E non è affatto semplice.

Se pubblico per una casa editrice conosciuta, il suo nome soprattutto se importante, è di grande aiuto. Se pubblichi con Einaudi, o Marsilio, è tutto piuttosto facile.

Ma non è detto.

Se al contrario sei un autore indipendente la faccenda si complica. Hai bisogno di farti conoscere, e non basta pubblicare su Facebook che il tuo romanzo è disponibile. E allora? Secondo te è una notizia?
Lo era nel Seicento. Adesso chiuque pubblica libri, semmai la notizia è: “Non pubblico nessun libro, mi piace leggere e stop!”.

Quindi devi iniziare almeno un anno prima dell’uscita del tuo libro a lavorare per costruire una conversazione con i lettori, in modo che diventino i Tuoi lettori.

Prendiamo l’esempio delle stelle del Web. Spesso si occupano di videogiochi, oppure di moda o di quello che preferiscono. C’è pur sempre la libertà. Io mi occupo di libri e gli altri argomenti diversi, nessun problema. E poi a un certo punto pubblicano un libro e tutti li attaccano.

Perché? Loro hanno semplicemente fatto quello che dico io: ciascuno di essi ha creato attorno a sé una comunità, e poi hanno proposto il libro. Un autore indipendente deve fare lo stesso lavoro.

Attorno al suo nome deve creare una comunità di lettori, e poi presentare a essi la propria opera.

Peccato che sia difficile perché per esempio moda o videogiochi attirano un sacco di persone, probabilmente anche un sacco di lettori.

Viceversa i libri non attirano molta gente. Se poi la tua scrittura è un po’ particolare, oppure fai come me che ho scritto soprattutto racconti. Il lavoro da fare è ancora più grande.

Ne parleremo ancora.

Alla prossima e: Non per la gloria ma per il pane!

7 commenti

  1. “Domande che fanno cadere le braccia” è una buona rubrica. Una tiratina d’orecchie agli “improvvisati” del self bisogna darla. (E il mio “improvvisati” non si riferisce al pregiudizio su quello che scrivono, ma su come gestiscono il dopo.)

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