Un romanzo italiano su Milano negli anni 50: di chi è?


 

di Marco Freccero. Pubblicato su YouTube il 30 aprile 2020. Ripubblicato su questo blog nella medesima giornata.

 

 

Oggi andiamo alla scoperta d un autore italiano poco letto, purtroppo. Di chi si tratta? E quale romanzo ho letto di questo scrittore?
Per scoprirlo, devi solo continuare a leggere.

 

Il fabbricone è il titolo di un romanzo italiano, edito dalla casa editrice Feltrinelli, scritto da Giovanni Testori. Uno degli scrittori italiani più importanti del Novecento, e stranamente poco ricordato e citato. Uno dei tanti misteri italiani che dovrebbe essere adeguatamente indagato. Io, invece di indagare, l’ho letto, nella sua versione digitale.

Siamo a Milano, ma quella delle periferie. E siamo negli anni Cinquanta. La guerra è appena alle spalle, il Paese assapora già quella cosa che di lì a poco sarà il boom economico che riverserà su tanti, non su tutti, il suo benessere. Il fabbricone come si può capire, è un edificio di edilizia popolare che ospita un’umanità marginale affamata e già incattivita.

Affamata non solo di soldi e benessere, e per essi disposta a tutto. Incattivita perché intuisce che alla fine nulla cambierà davvero. In questo piccolo mondo si muovono 2 famiglie: i Villa, comunisti; e gli Oliva, democristiani. Ripeto: siamo negli anni Cinquanta e queste differenze in realtà creavano divisioni, anzi odii profondissimi. E queste due famiglie si odiano.

Ma.

Carlo e Rita, esponenti di queste due famiglie, si innamorano. Pessima scelta, si dirà, e in effetti è così. Perché Testori mette in scena che cosa l’ideologia, di entrambe le parti, possa produrre. Un’autentica tragedia, dove le vittime paiono essere le donne. Rita, che si ritroverà cacciata di casa perché sta con un comunista, e alla quale anche il prete rifiuterà l’assoluzione.

Perché va bene tutto, ma con un comunista no e poi no. Ma anche la Redenta, il cui fidanzato è morto in guerra e lei dopo di allora nessuno mai. E che alla fine, ormai rassegnata di non avere più alcuna possibilità di essere quello che voleva essere, si decide a dare una mano a quella coppia di innamorati additati e disprezzati da tutti. La tragedia non è solo il presentarsi di una catastrofe di immani proporzioni. Semmai è quando le persone, in modo consapevole, ignorano la loro umanità e scelgono di difendere la propria ideologia a qualunque costo. Schiacciando aspirazioni e sentimenti e legami di sangue. Questa è la vera tragedia che Testori, in questo romanzo, mette in scena.

La tragedia di un’umanità talmente cieca da preferire la creazione di un nuovo inferno, e nello stesso tempo affermare, con orgoglio, che ci si sta battendo per un mondo migliore. Un mondo dove però si muoverebbero sempre e solo quelli che la pensano alla stessa maniera, con tutti gli altri all’inferno. La piccola Rita e il Carlo, in principio lui dilaniato dal desiderio di fedeltà alla famiglia e al partito, e poi serenamente vinto dal sentimento della sua ragazza, sono l’esempio di un mondo che ha capito quanto le ideologie possano essere mortali.

Testori con questo romanzo non ha solo scritto una storia che dovrebbe essere letta e apprezzata di più. Ha cercato, con successo, di celebrare la vera umanità. Che non cammina irreggimentata e obbediente. Ma che si tiene per mano, e si ama.

Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane.

 

12 commenti

  1. Peccato che certi autori finiscano nel dimenticatoio. Immagino bene la società degli anni cinquanta con la contrapposizione comunisti e democristiani, terrificante. Molti orrori sono avvenuti in nome di ideologie, del resto anche negli anni successivi più vicini ai nostri anni ai comunisti che “mangiavano i bambini” erano preferiti i democristiani collusi con la mafia, compreso qualche nostro politico illustre…

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  2. Ricordo di avere letto qualcosa di suo tanti anni fa, ma non ricordo il titolo, solo che mi era piaciuto. Aspetto al varco la biblioteca, che prima o poi riaprirà. Mi sto obbligando a non comprare libri fino a quando non avrò letto tutti… quasi tutti i libri che ho comprato e lasciato su uno scaffale. Fammi gli auguri, perché le probabilità di successo sono scarse. 🙂

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  3. Leggendo la tua recensione, ho rivissuto in pieno le atmosfere del dopoguerra. Io sono nata una sessantina d’anni dopo la conclusione della guerra, ma le contrapposizioni ideologiche tra comunisti (di cui si aveva il sacro terrore) e democristiani me le ricordo alla perfezione.
    Ho avuto modo di visitare la casa di Giovanni Testori, che è proprio a poca distanza da casa mia. Ospita lavori e concorsi per giovani artisti. Ho assistito anche a un suo lavoro teatrale: molto forte, con un linguaggio interessante misto tra dialetto e italiano.

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  4. Mi ricorda Don Camillo, dove c’è la Gina Filotti, nipote di un proprietario terriero, capitalista, fidanzata in segreto con Mariolino, figlio di un collaboratore di Peppone, quindi comunista. Lì però c’è Don Camillo che a pugni e predicozzi li convince tutti quanti. 🙂

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