di Marco Freccero. Pubblicato il 18 maggio 2020.
Ed eccoci alla domanda da un milione di euro. Un autore indipendente che cosa deve fare per farsi notare? Per emergere? Per riuscire a realizzare delle vendite “accettabili”? (Qualunque sia il significato di “accettabile”).
Ha senso aprire un blog? Non è meglio stare soltanto su Instagram? E la newsletter: ha futuro, oppure è un reperto del passato?
Cominciamo con lo sgomberare il campo dalle solite “chiacchiere”. Non ci sono ricette, trucchi o scorciatoie: bensì duro lavoro (e davvero tanta fortuna). Se sei un autore indipendente, devi fare amicizia in fretta con l’idea di essere un imprenditore di te stesso; e quello che devi costruire, nel tempo, è una relazione con i tuoi lettori. Da conquistare uno per uno, senza fretta e sempre all’insegna della trasparenza e dell’onestà.
D’accordo. Ma questo che cosa vuol dire, in pratica? Devo proprio avere un blog? Oppure bastano le reti sociali?
Lo stato dell’autopubblicazione
Credo che per rispondere a questa domanda sia indispensabile riflettere un poco sullo stato attuale dell’autopubblicazione. Nulla di ambizioso, sia chiaro. Consiglio ancora una volta la lettura di questo articolo di Mark Coker (in inglese), dal titolo: “2020 Publishing Predictions: House of Indie on Fire”. Per quale ragione?
Perché fotografa abbastanza il mio pensiero, ma lo fa meglio di quanto farei io.
Anche se il blog è un impegno notevole, è forse l’unico che può davvero, alla lunga, dare un certo riscontro a chi lo gestisce. Perché consente di creare una base di “estimatori”, e di emergere quindi dalla massa di quelli che si limitano a urlare:
“Ho pubblicato il mio libro!!!!!”.
Ma prima facciamo un “passo indietro”?
C’era una volta un sito come Amazon; e c’è ancora, certo. Ma dall’inizio le cose sono un poco cambiate; e questo non deve sorprendere. Parliamo di una società per azioni con tanto di consiglio di amministrazione che deve distribuire dividendi agli azionisti. Quindi è naturale una certa “evoluzione” del sito. Per esempio, è nato da un bel po’ Kindle Unlimited. Il lettore acquista a 9,99 euro al mese (quindi: ogni mese si rinnova per quella cifra) il servizio, ed egli può leggere tutti i libri che vuole, senza comprarli. Senza limite, appunto.
L’autore indipendente deve però dare l’esclusiva del suo libro ad Amazon attraverso il servizio KDP (quindi: non deve essere in vendita su altre piattaforme) per farne parte. Tutto bene? Tutto meraviglioso? Non proprio.
La soluzione geniale (ma non per l’autore indipendente)
Perché innanzitutto i proventi che finiscono in tasca all’autore indipendente sono bassi; e tendono ad assottigliarsi sempre di più. Molti autori che all’inizio elogiavano questa soluzione di Amazon, che pareva studiata su misura per gli scrittori indipendenti (“Siccome sono uno scrittore indipendente e nessuno mi conosce, che c’è di meglio che permettere ai lettori di dare un’occhiata alla mia opera per farsi un’idea?”), si stanno rendendo conto di almeno una controindicazione. Chi è abbonato a Kindle Unlimited non acquista né l’ebook, né tantomeno il cartaceo. Perché ha già speso 9,99 (che deve rinnovare ogni mese) per il servizio di Amazon, ricordi? E spendere 3,99 euro per un ebook (come quello del mio romanzo “L’ultimo del Bezuchov”), è un’eventualità che nemmeno viene presa in considerazione; figuriamoci poi un cartaceo. A meno che tu non sia… Stephen King, per esempio. Ma buona parte dei suoi lettori comprano a scatola chiusa tutte le sue opere.
Quando uno è troppo grande…
C’è almeno un altro argomento solido che inizia a farsi largo tra gli autori indipendenti. Esiste un altro grosso problema che comincia a tenere banco. Amazon è il numero uno. È grande, sempre più grande: troppo. Le vendite si realizzano lì, e al resto dei negozi online rimane ben poco. Certo, c’è la soluzione di Apple (che non si sta certo ammazzando per renderla più aggressiva. La società di Tim Cook riesce a conseguire quei ricavi stratosferici grazie alla vendita dell’hardware). Devi esserci, perché se non sei su Amazon, è come non avere mai pubblicato. Inoltre, Amazon evolve. Ma impone la sua evoluzione “per un’esperienza di lettura sempre migliore” (si dice). Chi tiene il coltello dalla parte del manico detta legge; gli altri devono adeguarsi.
Per esempio: in molti avranno notato che quando si seleziona un libro su Amazon, e si scorre verso il basso, accanto alla sezione “Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche”, ne è comparsa un’altra. Chiamata: “Prodotti sponsorizzati relativi a questo articolo”. Quei libri sono lì perché gli autori indipendenti hanno pagato. Hanno studiato il funzionamento degli Amazon Ads, e stanno cercando di utilizzare questa opportunità per incrementare le vendite dei propri libri. Grazie all’uso di parole chiave e altri fattori come la profilazione del pubblico, questi annunci appaiono in calce ai libri che tu stai consultando per un possibile, futuro acquisto.
Non è affatto semplice da implementare. Occorre studiare parecchio, investire, accettare di perdere soldi per vedere solo in seguito un certo ritorno economico. Che effettivamente esiste; ma richiede parecchio studio, attenzione, e capacità di analisi per riuscire a scovare in tempi brevi cosa non funziona, e cosa invece funziona.
Ma aggiungiamo questo: nulla vieta ad Amazon di modificare, tra un mese oppure un giorno, qualcosa dell’algoritmo che gestisce questo servizio. E quello che hai imparato devi re-impararlo da zero (se la modifica è profonda), oppure devi velocemente capire il nuovo funzionamento e adattarti a esso. Occorre essere sempre aggiornati, e studiare, studiare, studiare. Ma non tutti lo possono fare.
Adesso la questione più importante: quanto tempo passerà prima che Amazon sostituisca definitivamente la sezione: “Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche” con: “Prodotti sponsorizzati relativi a questo articolo”? Ricordiamoci sempre che abbiamo a che fare con un’azienda che vuole guadagnare, e realizzare grandi profitti. Esatto, tutto questo accade quando il potere è tutto concentrato in poche mani; perché quelle mani fanno ciò che vogliono.
E non finisce qui.
Sarà interessante vedere quale “reazione” avrà Amazon quando si troverà davanti a un ebook che realizza vendite importanti (senza Amazon Ads; perché il suo autore ha una forte base di estimatori che comprano il suo libro, non appena ne annuncia l’uscita); e una serie di ebook sponsorizzati. Io credo già di conoscere la risposta.
Se su Google digito “Viaggio negli Stati Uniti” i primi risultati sono quelli sponsorizzati; sotto tutti gli altri. Ecco la risposta dunque: prima consiglierà gli ebook sponsorizzati, poi quelli non sponsorizzati. C’è spazio per tutti, certo; soprattutto se paghi. Se non paghi dovrai stare un po’ allo stretto.
Un’evoluzione “benedetta”?
Alcuni potrebbero dire che in fondo siamo alla vigilia di un’evoluzione necessaria e persino salutare. Non si ripete, forse, che l’autopubblicazione è un affare per imprenditori? E quindi tutto va nella giusta direzione: ci saranno i professionisti, coccolati e vezzeggiati da Amazon (una manciata di autori indipendenti), e tutti gli altri che non avranno diritto a un bel nulla; o a molto poco. Ma siamo certi che tutto questo sia buono? Sia sano?
Non si era detto che la Rete, la tecnologia, e quindi l’autopubblicazione permettono maggiore libertà rispetto a un mondo editoriale omologato e asfittico? Sì, lo si diceva, ma forse avrai notato anche tu che lo si ripete sempre di meno. Siamo quindi di fronte a una colossale retromarcia che si cerca di nascondere (malamente) mostrando il successo di pochi. Eppure credo che non ci si debba rassegnare.
No, non dico che bisogna abbandonare Amazon; né di investire sul negozio online di Apple (che la società di Cupertino serenamente ignora). Affermo invece che blog e newsletter (come fa Mark Coker nell’articolo che ho indicato qualche paragrafo fa), possano rappresentare la soluzione migliore per chi non desidera questa deriva. Per quale ragione il blog e la newsletter sono due strumenti da rivalutare?
Il vecchio, caro e scalcagnato blog
Il blog, innanzitutto. Gratis (anche se io ho acquistato lo spazio su WordPress per il mio blog; ma non è obbligatorio farlo), consente a chiunque di iniziare a costruire attorno a sé quella comunità di lettori che lo aiuterà a uscire dall’anonimato. Non è semplice né veloce, e non ci sono (lo ribadisco ancora una volta) ricette. Né ti posso indicare i passi necessari per farlo. Ma il blog è soprattutto una straordinaria occasione per fare autopromozione.
Se tu plani su questo mio blog, vedrai che la testata indica chiaramente chi sono, e cosa faccio. Dice: “Marco Freccero – Autore indipendente”. È ben difficile che uno sconosciuto arrivi sulla home page del mio blog e non comprenda chi sono e quali sono i miei obiettivi. Ogni articolo che ho scritto da quando l’ho aperto desidera “solo” acquistare un lettore alla volta. È autopromozione, quindi. Il mio blog è autopromozione; e riesce a ottenere qualche risultato. Dico “qualche risultato” perché la peculiarità dei miei scritti non produce grandi numeri. Ma di certo funziona e permette di togliersi qualche soddisfazione. E il fatto di continuare ad aggiornarlo ogni settimana fa ben sperare.
Il blog quindi è perfetto perché ti permette di pubblicare i tuoi contenuti, quando vuoi e come vuoi. Non hai da temere che un domani l’Amazon di turno (nel caso del blog: Google), cambi le regole e tu ti ritrovi a mal partito. Può succedere, e succede. Se però riesci a confezionare pochi contenuti, ma di qualità, passerai indenne attraverso le tempeste che si scateneranno puntualmente a ogni aggiornamento dell’algoritmo. E lo sai perché? Perché le persone si ricorderanno sempre di te. Perché avrai stabilito una conversazione, una relazione robusta, capace di sfidare e vincere anche determinate difficoltà. I lettori del tuo blog saranno sempre con te. Si saranno iscritti al tuo feed, e avranno una notifica a ogni nuovo articolo. Oppure si saranno iscritti, sempre per ricevere gli aggiornamenti periodici che pubblicherai.
Ecco perché considero il blog uno strumento che molti riscopriranno, nell’immediato. Dato per morto non so nemmeno io quante volte, ci sono discrete possibilità che torni a essere un robusto alleato per l’autore indipendente che considera la scrittura come qualcosa di prezioso. E che non può essere considerata degna di attenzione solo se realizza grandi numeri.
E la newsletter?
Ma adesso veniamo un poco alla newsletter. Questa è il secondo mezzo che potrebbe aiutare l’autore indipendente a costruire la sua comunità di lettori senza spendere. Soprattutto perché, esattamente come con il blog, è l’autore che gestisce tutto e non dipende da niente e da nessuno. Non ha a che fare con un ente terzo, come Amazon oppure Google, o una rete sociale che dall’oggi al domani decide di cambiare le regole del gioco, e chi si è visto si è visto.
Anche in questo caso esistono soluzioni gratuite come per esempio MailChimp. Siccome ho segnalato qualche capitolo fa un libro proprio dedicato alla newsletter, e a MailChimp (nel capitolo intitolato “Scrittura e Web”), non perderò tempo a spiegare di che cosa si tratta. E poi c’è Google: digita newsletter, oppure MailChimp, nel campo di ricerca e in breve sarai sommerso da un sacco di informazioni.
Qual è il punto di forza della newsletter? L’indirizzo di posta elettronica. Un utente si iscrive al servizio della newsletter e ti “regala” il suo indirizzo di posta elettronica. Non è un fattore da poco. Anche se ormai non ci prestiamo più molta attenzione, perché ne abbiamo già molti e magari usiamo anche degli alias per proteggerci dallo spam, l’indirizzo di posta elettronica è molto personale. La persona che quindi si iscrive alla tua newsletter (oppure alla mia chiamata “Pochi ma Buoni”: qui trovi tutte le informazioni) intende stabilire con te una relazione molto personale. Sarei portato a scrivere: unica, ma forse è troppo retorica come affermazione.
Certo: è sempre possibile, da parte dell’utente, chiedere la sospensione dell’invio della newsletter (io spedisco un numero una volta al mese, al massimo due). Ma non ci vuole un genio per comprendere che se usata come si deve, fornendo i giusti contenuti, la newsletter è perfettamente in grado di stabilire tra autore indipendente e lettori una conversazione sana e duratura.
Ti confesserò una cosa, a proposito della newsletter; ma prima devo di certo replicare a una tua obiezione che so che ti frulla nella testa. L’obiezione è:
“Pure una newsletter devo fare? Non basta creare contenuti per il blog. Adesso affermi che un autore indipendente deve pure approntare una newsletter?”.
Lo comprendo benissimo. Sul serio. Per questo ritengo che il blog possa essere più che sufficiente. Produrre per esempio un articolo alla settimana, di qualità (come faccio io: o almeno io provo a scrivere testi di qualità), non è esattamente semplice. Devi riuscire a scovare il tempo necessario per scriverlo, rileggerlo, correggerlo, integrarlo. Lo so. La newsletter (per come la affronto io), deve fornire contenuti ancora differenti da quelli che si trovano sul blog: quindi doppio lavoro, esatto.
Però ribadisco: comincia col blog. Punta solo su di esso (sì, puoi condividere i contenuti che proponi su un paio di reti sociali, si capisce). Se poi ti riesce, puoi anche pensare a una newsletter.
Adesso ti farò la confessione che qualche riga fa avevo preannunciato.
Alla fine, mi sono deciso ad creare una newsletter, e qualcuno ha iniziato effettivamente a iscriversi. Il mio grosso problema: non sapevo quali contenuti inserirvi. Siccome non desideravo che ogni numero fosse una replica del mio canale YouTube, e neppure degli articoli che pubblicavo settimanalmente sul blog, in breve mi sono trovato in crisi.
“Cosa diavolo fare della mia newsletter?”
Questa era la questione che non riuscivo a risolvere. La soluzione? Non so se è arrivata, ma credo di poter dare una dritta; o forse persino due.
La prima: non fare quello che facevo io. Vale a dire? La preparavo di fretta e furia. Nel giro di pochi minuti era pronta e ne programmavo l’invio. Però comprendevo che c’era qualcosa che non andava. Non potevo assolutamente continuare in quel modo. Siccome era la MIA newsletter che avevo presentato con l’altisonante nome di “Pochi ma Buoni” (che voleva dire: pochi invii, ma di contenuti dannatamente buoni), non potevo permettermi di liquidarla in quella maniera. E poi, visto che l’invio era limitato a un numero al mese, non aveva alcun senso prepararla “alla carlona”, come si dice. Dovevo prendermi del tempo per prepararla con la dovuta cura.
E l’ho fatto. Sono partito dall’idea che essendo uno spazio personale, che il lettore mi concedeva io dovevo, per parte mia, preparare dei contenuti curati. Non una replica di quanto facevo sul blog o sul mio canale YouTube. Ma altro. Per esempio?

Per esempio indicando le mie letture. Soprattutto, scrivendo di argomenti che non affrontavo né sul blog, e nemmeno su YouTube. No, non è semplice. Però come detto, l’invio è programmato solo una volta al mese. E anche la newsletter, come il blog, rappresenta un pilastro fondamentale per la costruzione della propria piattaforma di lettori. Pure in questo caso ci sono degli evidenti vantaggi, come ho già sottolineato qualche riga fa. È tutto in mano tua. Dipende solo da te. Non ci sono “terzi” che fanno da ostacolo. Anche se domani venissi cacciato da tutte le reti sociali, tu avresti questo canale privilegiato con il quale continuare a dialogare con i tuoi lettori. E magari spiegare che cosa è successo, perché non sei più presente su Twitter, per esempio.
Credo questo. Se ami davvero la scrittura, credo che sia “abbastanza” impossibile non avere la capacità di costruire contenuti validi; almeno per il blog. Non ho detto che è uno scherzo da ragazzi; al contrario. È necessario infatti scovare il tono giusto, e il modo migliore per essere letto con piacere. Quindi puoi andare incontro a difficoltà, blocchi, prodotti anche dalla stanchezza. Ma sono momenti passeggeri, se la scrittura per te è davvero importante. Poi, tutto (o quasi), torna a posto.
E le reti sociali?
E le reti sociali, ti starai domandando: che farne?

Io sono su Twitter, Facebook e Instagram (gli indirizzi sono in fondo all’ebook). Usa poche reti sociali, ma ricorda che la base, quella solida e forte dove tu sei davvero responsabile di tutto quello che scrivi e produci, sarà sempre il blog ed eventualmente la newsletter. In questi territori sarai sempre tu a scegliere. Twitter? Chissà se tra due anni ci sarà ancora. Instagram? Magari subirà una metamorfosi tale da renderlo irriconoscibile. Nessuno sa che cosa può accadere alle reti sociali.
Se guardiamo per esempio a Facebook: è cambiato, vero? Adesso, guarda caso, i tuoi contenuti per arrivare davvero a tanti devono passare sotto le Forche Caudine del… Pagamento. Un tempo non era proprio così, ma le regole sono state cambiate. E chi non paga per vedere i propri contenuti arrivare a più persone, non ha alternative. Deve rassegnarsi ad avere poca visibilità, oppure studiare e investire denaro. Ma ricorda questo: nel giro di un anno o due queste “soluzioni a pagamento” che paiono così vincenti, inizieranno a perdere smalto. Molti che adesso le elogiano a prescindere, useranno toni più cauti. Perché funzioneranno ancora, ci mancherebbe altro: ma bisognerà spendere di più. Ancora una volta, ecco lo spettro dei pochi autori indipendenti e professionisti; e sotto di essi una marea di autori indipendenti “senza arte né parte”.
Quindi: d’accordo, usa le reti sociali. Non molte (come ho già spiegato in precedenza: il tuo tempo è prezioso e non puoi perderlo dietro a esse). Usa solo quelle che ti “calzano a pennello”. Ma l’architrave del tuo essere autore indipendente deve essere il blog. Dove tu sei il re dei tuoi contenuti, e tu decidi quando e come pubblicarli.
Io credo di aver dimostrato che non ci si deve rassegnare. Che è possibile creare una comunità di lettori (la propria comunità di lettori) senza dover ricorrere a soluzioni di terze parti: costose; ardue da padroneggiare (e lo saranno sempre di più), e nel futuro sempre più costose. Richiederanno sempre di più.
E poi io credo questo. I lettori non amano molto quelli che pagano per avere l’attenzione. Quando vedono un banner, su Amazon o Facebook, intuiscono che quel banner è lì perché il suo autore ha pagato, innanzitutto. E perché è stato abile a profilare i lettori e a usare le giuste parole chiave. Questo è il senso di un banner, e non è detto per nulla che quell’autore sia poi davvero un buon autore indipendente. Forse lo è; forse no. Di certo ha pagato per essere lì.
Non credo che il percorso che io propongo a chi vuol essere un autore indipendente sia semplice. Richiede un mucchio di qualità (dei contenuti) e il tempo è poco. Credo che sia possibile eliminare tutto quello che allontana dai nostri scopi: le distrazioni per esempio, del tipo più vario.
Credo che l’autopubblicazione possa essere ancora adesso e negli anni a venire quello che sembrava dovesse essere all’inizio. Una forma di pubblicazione onesta, sganciata da fuffa e mode editoriale, o dal diktat del politicamente corretto. Forse un giorno si dirà: “Nell’autopubblicazione c’è un che di limpido e selvaggio. C’è una genuinità che altrove si è persa”. E sarà un modo per celebrarne la vittoria; anche se sarà una vittoria accompagnata da piccoli numeri.
Ciao, Marco. Per chi non usa le amazon ADS l’effetto (in negativo) si nota già.
I prodotti sponsorizzati sono “in testa” a tutti…
Nella lista degli ebook gratis che si può vedere da cellulare, ad esempio, all’inizio e alla fine di ogni “pagina” ci sono ebook sponssorizzati; nel mezzo quelli gratis…
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Ormai Amazon tenderà sempre più a investire su chi può investire. Tutti gli altri: si dovranno arrangiare.
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Alternative? Non ne vedo a parte smashwords che però non interessa il pubblico italiano. il 99% è anglofono. Quindi o traduci oppure resti di nicchia
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E tradurre non ne vale la pena perché dovresti pure tradurre blog, creare contenuti per il mercato anglofono…
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lo so e sarebbe una fatica immane
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Il blog è sempre una piccola risorsa indipendente dagli algoritmi, è possibile comunque sfruttare anche i social cercando quelli che sono a noi più congeniali…
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Io comunque già noto una piccola flessione nelle visualizzazioni. Presto tornerò ai miei numeri abituali 😃
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Purtroppo le inserzioni di Amazon stanno facendo sentire il loro effetto da un po’, con evidenti danni per chi non le usa. D’altra parte che si può fare per contrastare la situazione? Devo dire che io non credo più molto nel blog come modo per raggiungere lettori dei libri. Voglio dire, è importante per creare una cerchia di lettori, ma se poi si vuole allargare questa cerchia, allora sono dolori. Il fatto è che – come hai sottolineato nel post – in blog come i nostri le persone cercano tutt’altro che libri di narrativa. Da me arrivano per questioni sulla scrittura. Sì, a volte restano, a volte si interessano persino ai miei romanzi, ma per lo più non è così. Sono un po’ scoraggiata…
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A chi lo dici 😀
Io dovrei puntare molto di più sul canale Youtube per arrivare a più persone. Il blog ha la sua ragione d’essere, ma è vero che i video hanno più forza.
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Nella storia, quando un servizio è arrivato a dettare legge, è stato dopo poco soppiantato da altri servizi che hanno colto l’occasione per migliorare i suoi difetti. Penso al periodo in cui le società di telefonia mobile fissavano prezzi alti per tutti e poi arrivò l’operatore straniero a scombinare il mercato, finalmente. Oppure penso a quando Ebay era l’unico ecommerce online e trattava malissimo gli stessi acquirenti (all’epoca scrissi un articolo durissimo su un giornale, Pc Open, ne conservo ancora la copia), poi è arrivato Amazon e Ebay ha perso quote importanti.
Anche Paypal ha perso il suo monopolio, con l’avvento dei nuovi sistemi di pagamento gestiti dagli operatori tradizionali, ma più fluidi e sicuri della protezione acquirente che non copre tutto, soprattutto gli acquisti all’estero. Quindi potrebbe anche essere il turno di Amazon nel prossimo futuro, chissà.
Il blog, credo di averlo già scritto, ha una marcia in più rispetto ai social, che è l’essere continuamente online. Quando lasci i tuoi contenuti sui social media, nel giro di un giorno sono vecchi e non più facilmente rintracciabili. Dopo un anno diventa impossibile, persino dal tuo stesso profilo. Sul blog invece puoi trovare in un click quello che hai scritto 10 anni prima. E lo stesso per chi ti cerca da Google e trova prima il blog del tuo contenuto su Facebook, Twitter o Instagram. Quindi l’unica funzione dei social è quella di intessere relazioni e portarle sul blog perché siano durature. 😉
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O al blog. O al canale YouTube? 😃
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Mi sono spostata dalla pagina Facebook al blog, anni fa, perché mi ero resa conto che è un ambiente del tutto diverso, più accessibile, organizzato, utile. L’atmosfera è migliore rispetto ai social, quindi i rapporti si creano e durano anche nel tempo. Quanto alla newsletter, la tua mi piace molto, soprattutto di recente. Vendere e ampliare il proprio pubblico resta un’impresa. Secondo me vale la pena di puntare sul mezzo che si usa più volentieri, cercando di svilupparlo. Non riusciamo bene nelle cose, se non riusciamo a metterci il cuore dentro. 🙂
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La newsletter cerco di renderla interessante, e soprattutto evito di prepararla all’ultimo minuto, come facevo prima. Buttarla giù di fretta e furia non serve a nulla, tanto varrebbe chiuderla e buonanotte. Spero che anche i prossimi numeri saranno interessanti 😉
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Ma convengono le pubblicità su Amazon? Quanto costano?
La newsletter l’ho chiusa, ma la mia era solo l’avviso del nuovo articolo uscito. A crearne una solo per contenuti nuovi non ci penso nemmeno.
Le reti social idem: funzionano solo se studi tanto su come usarle bene e crei contenuti ad hoc, non semplici condivisioni di tuoi articoli.
Ergo: il tempo per scrivere che fine fa?
Per me resta la vecchia tradizione: lo scrittore deve scrivere, non fare marketing.
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Anche io un po’ la penso così, ma poi mi ripeto che occorre fare di più, perché le storie lo chiedono (oppure: sono io che lo chiedo?). Probabilmente per me la soluzione è il canale YouTube, che continua a crescere. Il blog ha avuto una scelta che non mi porta nulla. Solo le guide (alcune), attirano, per il resto calma piatta. E quando questo periodo sarà finito, le visualizzazioni crolleranno.
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A mio parere vince in contenuto di qualità come il tuo articolo Marco. Siamo invasi da contenuti e non abbiamo tempo sufficiente per fruirli tutti. Ma se scorri un post leggendolo fino alla fine significa che non solo è ricco di valore ma è scritto anche molto bene. Solo in questo modo riesci a creare aspettative per la prossima newsletter. Lato promozione vi racconto la mia personale esperienza. Aiuto uno scrittore self nella promozione del suo romanzo. Dopo aver creato i vari profili social abbiamo contattato numerose blogger. Abbiamo inviato il libro e piano piano il ricordo dell’autore è cresciuto. Recentemente siamo partiti con le Amazon Ads. Qui il rischio di buttare via soldi è concreto. Ho acquistato un libro in inglese molto valido. Se volete vi giro il link. Non è un link di affiliazione. Giuro.
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Forse quelo di David Gaughran?
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