di Marco Freccero.
Pubblicato su YouTube il 30 luglio 2020.
Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.
Sì, un altro libro su Tolkien (non sarà nemmeno l’ultimo!).
Buona lettura e buona visione!
Tra le tante opere che affrontano Tolkien e la sua smisurata opera esiste anche questo libro.
“Tolkien il signore della fantasia”. Gli autori sono Andrea Monda e Saverio Simonelli mentre l’editore è Frassinelli. È uscito nel 2002 quando la trilogia cinematografica di Peter Jackson, se non ricordo male, era arrivata al secondo film: “Le due torri”.
È più recente dell’altro libro che ho letto in precedenza, “Invito alla lettura di Tolkien”, che risaliva al 1982.
Ma perché esiste una tale produzione di libri su Tolkien e la sua opera? Che cosa c’è di speciale? Non si tratta forse di favole per bambini cresciuti poco e male?
Be’, no.
Questo forse è uno dei libri che affronta il professore di Oxford, travolto dal successo in tarda età, in modo corretto e approfondito. Benché sia difficile, in un solo libro, riuscire a essere davvero completi, vista la vastità di interessi di Tolkien. Interessi che venivano riversati anche, e soprattutto nei suoi libri.
Ma parliamo di questo libro.
Che innanzitutto spazza via le letture superficiali sull’opera di Tolkien. Che non scrisse affatto Il Signore degli Anelli per pubblicare un’opera morale, o per mettere in scena l’eterna lotta tra bene e male, come tanta critica ancora adesso ribadisce.
Sbagliando.
Sin dalla sua infanzia, Tolkien inventava lingue. Crescendo si appassiona, e poi diventerà un rinomato filologo, e tra le lingue che più apprezza ci saranno il finnico e il gallese. Ma poi inventa una lingua completa, quella degli Elfi, certo. E quando si dice “lingua completa” intendo quello che pensi: che la puoi studiare e imparare.
Il problema è che una lingua per esistere davvero ha bisogno di un’ambientazione storica. Ecco perché nasce Il Signore degli Anelli. Per permettere a quelle lingue di esistere, e anche per parlare di una realtà che non si conosce più, perché si è dimenticata. Ma ha ancora tanto da offrire.
Non solo.
Tolkien con la sua opera riprende tanti elementi che troviamo nel mondo nordico pagano. Uno su tutti: i nomi dei nani che troviamo ne “Lo Hobbit” sono presi da un poema norreno intitolato Edda di Snorri. Se lo leggi, ci trovi esattamente i nomi dei nani, quali Thorin, Bifur, Kili, Fili, eccetera eccetera.
Ma Tolkien fa qualcosa di molto più ambizioso.
Innanzitutto vuole regalare una mitologia all’Inghilterra, ma una nuova mitologia capace di offrire ai lettori non degli elementi presi dall’antica mitologia e trasposti identici all’interno della sua opera.
Il Signore degli Anelli è rivoluzionario non solo perché introduce gli Hobbit, mentre gli altri elementi, come i maghi per esempio, o i cavalieri, c’erano sempre stati.
Soprattutto, rende eroi gli Hobbit che non sono niente di speciale. Se ne stanno chiusi nella loro Contea e guardano con diffidenza a tutto quello che sta fuori. E Bilbo è considerato strano proprio perché era andato alla ricerca del tesoro coi nani, e viene ancora e sempre considerato bizzarro.
Ma il cuore del Signore degli Anelli, è la rinuncia all’anello del potere. Se tutte le fiabe o i miti prevedono alla fine il trionfo dell’eroe che trova quello che cerca.
Il Signore degli Anelli celebra dei personaggi che hanno uno scopo solo: liberarsi dell’anello del potere.
Aggiungiamo questo: il libro pone in giusto risalto il fatto che non c’è manicheismo. Alla fine Gandalf ricorda che Sauron è solo un emissario del male, e che questo, quindi, tornerà presto. Sta alla responsabilità del singolo scegliere da che parte stare.
Gandalf, il più bizzarro mago mai esistito perché in fondo fa ben poco di magico, afferma di essere diventato quello che doveva essere Saruman. Indicando quindi che il destino del suo collega sarebbe stato ben diverso, se avesse scelto di stare con gli uomini, anziché contro.
E poi: Gollum era uno hobbit, ma è un assassino e ladro, e quindi l’idea della Contea come paradiso non ha ragione di esistere. Frodo stesso, afferma di faticare a credere che fosse uno hobbit, e si rammarica che Bilbo non lo abbia ucciso.
Ma se lo avesse ucciso, l’anello del potere non sarebbe mai stato distrutto. Perché Frodo, nel ventre del monte Fato, dichiara di non voler fare quello per cui era venuto. Vuole tenersi l’anello e sarà proprio Gollum che, staccandogli un dito a morsi, riuscirà a portare a termine la missione.
E se Gollum non torna a essere “buono”, la colpa è proprio dei buoni, di Sam che lo maltratta, in un preciso punto del libro “Il ritorno del re”, chiudendogli in faccia la porta di una possibile redenzione.
Il libro poi ha il pregio di raccontare un po’ della fortuna de Il Signore degli Anelli. Piratato negli Stati Uniti, in breve diventa popolarissimo, e considerato il testo per eccellenza del movimento Hippy, mentre in Italia viene letto in modo sbagliato.
Viene appunto considerato manicheo, poi si dice che è un’esaltazione del paganesimo (Tolkien era cattolico e frequentava la messa ogni giorno, e pregava in latino. Amava i miti nordici ma ne vedeva anche i limiti. Limiti che Il Signore degli Anelli indica e supera esaltando comunque la figura degli Hobbit).
Certo, Tolkien era un conservatore, contrario alla modernità che celebra solo il progresso e denigra ogni spinta metafisica perché giudicata roba vecchia, della tradizione. Non aveva nemmeno il televisore. Ma non esalta nemmeno la chiusura. Sia Bilbo che Frodo “escono” dai loro angusti confini. Sam è un semplice giardiniere, ma ben presto si rende conto di quanta ricchezza ci sia fuori dalla Contea.
Soprattutto, se tra elfi e nani esiste rivalità, disprezzo e diffidenza, alla fine tra Legolas e Gimli ci sarà solo amicizia. Popoli distanti, che imparano ad apprezzarsi.
Insomma. Credo che se uno desideri uno sguardo più completo e accurato all’opera del professore di Oxford, questo libro potrebbe essere molto utile.
Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane!
Non so, non mi convincono molto questi libri su Tolkien. O, meglio, non ne sono attratto. Ho ancora almeno 5-6 libri suoi da leggere, fra cui le lettere.
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Le lettere sono belle, ma bisogna leggerle lentamente (io non l’ho fatto, ma sono una lettura davvero interessante).
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Molto interessante Marco questa lettura di Tolkien come filologo e inventore di mondi. Ho letto quasi tutto e l’ho apprezzato molto proprio per la qualità delle descrizioni e la veridicità della storia. Su alcune interpretazioni dissento, ad esempio su Gollum e il suo tentativo di redenzione che fallisce non per colpa di Frodo ma solo eslcusivamente di se stesso, della sua parte negativa che, un po’ a caricatura, Tolkien ci offre come quella vincente.
Sulle ragioni per cui in Italia fu mal digerito, credo incidano cose che non la letteratura hanno poco a che fare: era una lettura dei “destri” che se ne facevano lustro, magari senza nemmeno averne compreso il messaggio. Persino di recente un’autorevole rappresentante di quella parte politica ha dichiarato di esserne un’appassionata lettrice…
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Che sia stato poco compreso è senza dubbio vero. E credo anche adesso, e continuerà a essere così per sempre. Certe opere che hanno un grande successo suscitano sempre grossi dibattiti. Ci aggiungerei che qui da noi ha pesato anche un certo “provincialismo” che vedeva nella sua opera una presa di posizione “contro”. Il che è riduttivo.
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Io non ho letto nulla di Tolkien e non posso giudicare molto, però leggendo i tuoi post sull’argomento imparo qualcosa di più
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Prima o poi ti tufferai 😃
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Come sai Tolkien lo adoro: Hobbit e la trilogia l’ho letta più volte. Ho letto con minor entusiasmo il resto della sua produzione, a parte le ultime uscite che poi non sono sue.
Perché in Italia è letto male? L’hanno letto con degli occhiali che distorcono il senso. Come? Dando un senso più politico che artistico alle sue parole, vedendolo come un paladino del bene che prevale sul male, mentre in realtà secondo me narra una storia dove male e bene si possono confondere. Se qualcuno leggesse il Silmarillion, che riprende o anticipa dipende dai punti di vista, credo che si deve ricredere. Non un opera di morale ma una storia di fantasia.
Tolkien, noto per la trilogia e l’hobbit, ha scritto opere per bambini come Le avventure di Tom Bambadil, Albero e foglie, Le lettere di babbo Natale, dove diversamente dalle favole o fiabe non c’è un finale con morale
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Il Silmarillion per ora lo guardo da lontano. Ma prima o poi…
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qualcuno dice che va letto prima della trilogia. Secondo me no.
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Se uno inizia dal SiIlmarillion, secondo me non procede oltre.
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del tutto d’accordo, anche perché contiene tanti brani della trilogia. Più che altro bozze e spesso difficili da capire.
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Il Silmarillion è tosto… sta lì, sullo scaffale, e mi guarda da anni, ma non cedo. Il primo tentativo, una x-tina di anni fa, deve avermi traumatizzata. Invece ho comprato il libro della Lodigiani. Se erano le ultime copie in circolazione, tu le stai facendo esaurire. 😉
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Dici che ho questo potere? Magari! 😃
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Uhm, Gollum porta a termine la missione per errore, non perché sia pentito della sua vita. Strappa il dito, e quindi l’anello, a Frodo solo perché lui stesso vuole tenerlo per sé, riavere il suo tesoro. Nella collutazione che segue, Gollum alla fine cade nella lava e con esso l’anello. Non c’è pentimento, è quasi l’imprevisto a distruggere l’anello. Non so se Tolkien in questo modo volesse dire che quando il male ci accompagna per troppo tempo non riusciamo più a distaccarcene…
Ahimè, solo Tolkien stesso potrebbe spiegare perché ha scritto la trilogia in quel modo e non in un altro e cosa ha mosso le sue scelte. Però lui non c’è più e sinceramente non mi fidavo nemmeno delle parole di suo figlio Christopher. Solo l’autore sa. E certe volte nemmeno lui. 😉
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Certo, Gollum vuole solo il suo tesoro, e basta. Però è vero: alla fine in un’opera ci sono ragioni che nemmeno il suo autore ha ben chiare.
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