Knut Hamsun e Sigrid Undset dentro il XX secolo


lo scrittore deve togliersi di mezzo

 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 21 settembre 2020.

 

 

 

 

L’ultima opera dello scrittore norvegese Knut Hamsun si intitola “Per i sentieri dove cresce l’erba” e l’editore è Fazi. Ha 90 anni quando pubblica questo libro nel 1949, e morirà tre anni dopo, nel 1952. Termina quest’opera con: 

“San Giovanni 1948. Oggi la Corte di Cassazione ha emesso la sua sentenza e io non scriverò più.”

Perché la Corte di Cassazione?

A proposito di Knut Hamsun

Nel 1920 Knut Hamsun, autodidatta, vero nome Knud Pedersen, vince il Nobel della letteratura. Thomas Mann affermerà che mai prima di allora un premio era stato più meritato. Purtroppo, regalerà la medaglia del premio al gerarca nazista Goebbels, che lo nominerà spesso nei suoi diari. Nel 1934 Hamsun vince il premio Goethe, in Germania, e lo devolverà proprio a Goebbels. Da questi e da Rosenberg (autore del libro “Il mito del XX secolo”) riceverà ogni anno gli auguri di compleanno. Diventa anche amico di Alfred Mjøen, fautore dell’eugenetica. Egli era convinto che la razza bianca fosse sotto attacco da parte delle forze democratiche che imponevano il meticciato. 

da Wikipedia

 

Quando nel 1940 le truppe naziste invadono la Norvegia, lui invita i soldati norvegesi a deporre le armi. 

Incontra Adolf Hitler nel 1943 e cerca di convincere il dittatore a intervenire presso il suo luogotenente in Norvegia, perché cessi le esecuzioni, le torture, gli arresti. Ovviamente senza successo: Hitler, seccato, abbandona la stanza inseguito da Hamsun che dice: “Noi crediamo in voi!”.

Nel 1945, dopo il suicidio di Adolf Hitler, ne scrive il necrologio. L’Europa è ridotta a un cumulo di macerie, e i morti sono ormai a milioni. A maggio lui e la moglie sono arrestati, e separati. Knut (ha 86 anni) viene spedito prima in un ospedale a Grimstad, poi in una clinica psichiatrica. Lo scopo: dimostrarne la malattia mentale.
Ma lui non è pazzo.

Nel 1948 arriva la sentenza del processo: Hamsun ha aderito al partito filo-nazista norvegese e viene condannato a pagare una multa di 325.000 corone. 

Perché un uomo che ha sempre celebrato le persone che stanno ai margini, e ha detestato le convenzioni borghesi, ha invece amato un uomo e un’ideologia che ha ridotto a massa (e a carne da macello) proprio le persone? 

Detestava gli Stati Uniti (ci aveva vissuto due anni, facendo anche il tranviere), per quello che rappresentavano. Vale a dire un progresso che faceva a pezzi natura, tradizioni, passato. E che alla fine, riduceva ogni essere umano a una rotella del meccanismo.

Detestava l’Unione Sovietica e il comunismo. La sua passione per la cultura germanica lo ha condotto a guardare con simpatia e speranza proprio all’ideologia nazista.

Tra gli ammiratori di questo scrittore: Hemingway e Isaac B. Singer, entrambi Nobel della letteratura. Ma la domanda rimane senza risposta: perché, Knut? Cosa cercavi, e cosa pensavi di avere trovato in quella ideologia?

 

A proposito di Sigrid Undset

Sigrid Undset ha circa vent’anni quando spedisce il suo primo libro a una casa editrice norvegese (ma è nata in Danimarca nel 1882). Le consigliano di lasciar perdere. Non lo farà mai.

da Wikipedia

 

I suoi genitori tornano a Oslo quando lei ha due anni. Il padre è un celebre antropologo. Alla sua morte però lei ha solo 11 anni; di lì a qualche anno dovrà sospendere gli studi (niente università), perché la famiglia precipita nella povertà. Troverà lavoro come segretaria presso un’azienda di Oslo (la AEG, se ricordo bene). Però continua a scrivere e arrivano i primi successi. In particolare, nel 1907 viene pubblicato il romanzo “Marta Oulie”, che rappresenta uno scandalo. L’incipit infatti è: “Oggi ho tradito mio marito”, e nella società luterana norvegese ha l’effetto di una deflagrazione. Qualche anno dopo, Sigrid farà pure di peggio.

Grazie al successo e a una borsa di studio viaggia, e arriva anche in Italia. A Roma (c’è una targa che ricorda il suo soggiorno nella Capitale), incontra un pittore (Anders Castus Svarstad: ha un matrimonio fallito alle spalle), si innamora e hanno 3 figli (una bambina però soffrirà di disagio mentale). Continua a scrivere e ad avere successo. 

“Jenny” è un altro romanzo di successo e scandalo, perché racconta di una pittrice che si innamora di un uomo, rimane incinta; il bambino nasce ma è malato, muore e lei si uccide. Per il movimento femminista si tratta di un romanzo “reazionario”. 

Ma non è ancora qui il peggio.

Il matrimonio finisce nel 1924 con il divorzio (si era sposata nel 1912 presso il consolato norvegese in Olanda). In quest’anno Sigrid annuncia la sua conversione alla Chiesa cattolica: ecco lo scandalo più grande.

Viene attaccata da tutti, ma lei non si perde d’animo, anzi: rilancia. Quando poi scopre che la prima moglie ha lasciato i figli (due o tre, non ricordo), in un orfanotrofio, decide di adottarli. Uno di essi ha una malattia mentale.

Nel 1928 vince il Nobel per il suo romanzo più famoso, ambientato nel medioevo norvegese: “Kristin, figlia di Lavrans”. Parte dei soldi vanno alle famiglie con figli malati, e agli ebrei. Lei ha già iniziato ad attaccare il nazismo da qualche anno. Nel 1933 in Germania i suoi libri sono dati alle fiamme.

Quando la Norvegia viene invasa dai nazisti, Sigrid fugge nella neutrale Svezia, poi attraversando l’Unione Sovietica arriva sulle coste del Pacifico. Passa in Giappone, e da qui si imbarcherà su un piroscafo diretto verso gli Stati Uniti, da dove continuerà la sua lotta per la Norvegia libera. Uno dei suoi figli, arruolato nell’esercito norvegese, morirà a poca distanza da casa, a Lillehammer, mentre combatte contro le truppe naziste. 

La Gestapo occupa casa sua che diventa così il quartier generale delle attività naziste in Norvegia (ma altrove ho letto che casa sua viene trasformata in un bordello). Rientrerà solo dopo la guerra, nel 1945, facendo un breve soggiorno a Kirkwall, capitale delle isole Orcadi.

Domanda quasi ovvia, ma dalla risposta complicata: perché lei compie questa scelta, e Knut Hamsun fa l’opposta? In realtà è una domanda troppo semplice, perché rischia di fornire comunque una risposta ovvia.

Perché, Knut?

Knut Hamsun non chiese mai scusa. Non si pentì mai di quello che aveva fatto. Si difese da sé al processo, rivendicò sino all’ultimo la responsabilità delle proprie azioni, senza sfuggire mai, né cercando di rifugiarsi nell’età avanzata, nella salute precaria.

Secondo alcuni critici la colpa fu soprattutto della moglie, più giovane di lui e fervente nazista. Ma anche questo non è che un tentativo di spostare l’attenzione dallo scrittore, a chi gli stava vicino. Non aveva bisogno del riconoscimento nazista: era un grande scrittore, una leggenda vivente. Poteva fuggire (ma lui dichiara con orgoglio di non averlo fatto. Non è scappato come la Casa reale norvegese). Sognava di dare alla sua Norvegia un grande futuro all’interno del Reich millenario. 

Sognava di fermare quella schiacciasassi che era la rivoluzione industriale, che avrebbe lavorato per rendere l’essere umano stupido e slegato dalla tradizione, dal proprio passato. Una cosa in mezzo ad altre cose insomma, senza memoria di sé, né capacità di riconoscere la bellezza di un bosco, di un tramonto (Dire: “Che bello” a un tramonto, a un bosco, a un piatto, a un quadro NON è riconoscerne la bellezza. È conformismo). E non si è accorto di garantire simpatia a un movimento ideologico che trasformava in macerie e cenere tutto quello che si discosta dalle direttive del partito nazista.

Sigrid Undset fa una scelta ben differente, e la fa sin dall’inizio, perché comprende che il nazismo non sarà che rovina per la Norvegia, e l’Europa. Due visioni del mondo, due persone che consapevolmente scelgono da che parte stare. Forse anche Sigrid si rende conto che la vittoria inevitabile degli Stati Uniti non sarà affatto l’inizio di una nuova era di “latte & miele”? Non lo so. Forse. Ma non è un buon motivo per appoggiare l’ideologia nazista. 

Dove vuole andare a parare con questo articolo?

Il cuore di tutto questo articolo? Non c’è o, se c’è, è molto nascosto. È in quella zona del cuore dell’essere umano su cui nessuno può riuscire a gettare uno sguardo per capire. Si potrebbe affermare che basta far finta di nulla, e non badare al lato “umano” di Knut Hamsun e dedicarsi solo alla sua arte; come se lui, o qualunque altro, durante la scrittura di un romanzo, oppure di un racconto, potesse diventare differente, o spegnere certi elementi della propria personalità, della propria visione del mondo. Come se nella sua penna non ci fosse Knut Hamsun tutto intero, ma solo due terzi di Hamsun.

Non è possibile. È solo un modo per sentirsi superiori: “Io caro scrittore leggo le tue opere anche se eri così meschino”.
Hamsun resta comunque superiore a tanti di noi; a tutti noi. Non perché si assunse le sue responsabilità sino in fondo. 

Ma perché dimostrò quanto l’essere umano sia indecifrabile. Talmente tanto da non trovare una spiegazione “logica” per i suoi comportamenti, quando un po’ ovunque si tenta, spesso, di scovare appunto una spiegazione che ci rassicuri.
L’unica spiegazione è: Knut Hamsun, essere umano. Quindi, un abisso.

Elaborazione in corso…
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9 commenti

  1. Di Hamsun ho visto il film biografico. E anche quello tratto da Pan. Ho letto Fame e Pan. Per me resta un grande scrittore.
    Della Undset ho iniziato Primavera, abbandonato perché mi aveva annoiato – non si andava da nessuna parte.

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  2. Non ho letto nulla di questi scrittori, e nemmeno li avevo mai sentiti nominare (il motivo del valore di questo blog e del suo autore è proprio di non raccontare le solite cose 😉 )
    Perché Hamsun si è comportato così? Come poteva dare ascolto, peggio sovvenzionare, l’ideologia nazista? E non per costrizione ma per convinzione? Per paura. Sentiva la razza bianca sotto attacco. E ristrettezza di pensiero direi. Se allarghi l’orizzonte (non ci riuscivano forse a quell’epoca?) e consideri tutti i miliardi di pianeti che affollano l’infinito Universo, per cui è davvero difficile che siamo l’unica specie vivente, capisci che non c’è razza bianca, nera, gialla, verde, a strisce, pallini, rombi, tartan… siamo tutti esseri umani che vivono nello stesso mondo rotondo e azzurro. E si sta vedendo molto bene con questa pandemia, che non conosce né lingue né confini.

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