di Marco Freccero.
Pubblicato su YouTube l’8 ottobre 2020.
Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.
Già, secondo incontro con la letteratura giapponese: come è andata? Che cosa ho letto? Mi è piaciuto?
La risposta nelle righe seguenti.
Buona lettura!
Secondo incontro con la letteratura giapponese. Come è andata?
Molto bene.
Oggi parliamo del breve romanzo “Il fucile da caccia” dello scrittore giapponese Yasushi Inoue. L’editore è Adelphi mentre la traduzione è a cura di Giorgio Amitrano.
La caccia qui è solo un pretesto. La voce narrante, ma in realtà non è l’unica, spiega che un suo amico, che dirige una rivista dedicata ai cacciatori, gli chiede una poesia, poiché si diletta nel comporre versi. La scrive, la spedisce, se ne dimentica.
Dopo un po’ di tempo, riceve una lettera da uno sconosciuto. È un cacciatore e l’aspetto interessante è che sembra proprio il protagonista della poesia da lui scritta, compreso anche il fucile da caccia, un Churchill a doppia canna. Il mittente è insomma il personaggio della poesia “Il fucile da caccia”.
Lo strano mittente gli chiede una specie di cortesia. Nei giorni seguenti riceverà 3 lettere. Dovrà leggerle e poi distruggerle.
Quelle lettere, che erano state indirizzate a lui, sono di sua nipote, di sua moglie, dell’amante.
La nipote scrive dopo la morte della madre, e gli rivela di avere scoperto ogni cosa: la propria madre e lui, suo zio, erano amanti da anni.
La moglie, nella seconda lettera, gli svelerà di aver scoperto da tempo la tresca.
Infine,l’ultima è appunto la lettera dell’amante.
Non è una lettura impegnativa: in un pomeriggio questo libro lo si può leggere senza problemi. Ma di rado capita di leggere qualcosa di così misurato e vicino alla perfezione.
Quello che emerge dalla lettura di quest’opera è che l’essere umano pare davvero un essere misterioso, malvagio. Diabolico, come di fatto decidono di essere i due amanti, nascondendo la loro relazione come fanno tutti gli amanti.
Questo però che cosa comporta? Piacere? Gioia? Nulla del genere. Alla fine tutti i nodi vengono al pettine, come si dice, ma non è affatto una resa dei conti. L’amante muore, la nipote non desidera vedere più lo zio, la moglie chiede la separazione.
Tutto è dimesso, molto civile, eppure si intuisce la carica di pacata rabbia che ancora giace dietro le parole scritte da queste tre donne a colui che, in fondo, è stato il loro piccolo carnefice. Colui che ha deciso di essere malvagio, e che adesso, abbandonato da tutti, chissà cosa sceglierà e cosa ne sarà.
Ci sono molti modi per scrivere una storia come questa, ma probabilmente quello scelto da Yasushi Inoue è il migliore. Perché coglie così l’occasione per indagare il mistero che si nasconde dentro il cuore dell’essere umano, e che solo pochi grandi scrittori si azzardano davvero a esplorare.
È un’impresa per pochi.
Credo proprio che anche questo libro sia uno dei migliori del 2020.
Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane.
I giap mi sono indigesti, anche se la tua recensione potrebbe invogliarmi alla lettura.
Russi e giapponesi sono out per me.
Però quello che hai scritto è molto buono.
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Anche i giapponesi! Sei incontentabile! 😃
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Cosa posso farci. Forse l’approccio con questi autori non è stato positivo
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Non leggo molto i giapponesi, ma forse comincio con Murakami, c’è una collega che mi presta un libro, non ricordo il titolo…
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Murakami ci ho provato, ma non mi è piaciuto (“Norwegian Wood”).
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Beh, però! La trama già così è interessante. Da vedere, anzi leggere, lo svolgimento. Ma ho ancora il comodino pieno di libri in attesa. Intanto segno sul conto, come dal salumiere… 😉
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Brava! E soprattutto: compra libri, mi raccomando! 😉
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