La scrittura è (soprattutto) riflessione


di Marco Freccero.

Pubblicato l’11 gennaio 2021.

Che cos’è la scrittura?

Pianificazione?

Stile?

Struttura?

Trama?

Impegno?

Probabilmente tutte queste cose assieme, ma soprattutto è: riflessione.

La scoperta dell’acqua calda?

Adesso che “Stella Nera” è uscito devo mettermi all’opera per la seconda parte (in realtà sono già all’opera). È evidente ai sassi (quindi: è evidente persino a me) che la scrittura di una storia (lunga o corta che sia), è soprattutto una faccenda che ha a che vedere con la riflessione.

Sai che scoperta” 

starai pensando. E invece è proprio una scoperta. E a volte bisogna “riscoprire l’acqua calda” perché ormai si è perso di vista che cosa sia l’acqua (e che cosa sia il caldo).

È inutile ribadire la crisi del romanzo. Che non significa che non se ne scrivono più, oppure che le classifiche sono piene di ricette o libri insulsi e che queste pubblicazioni uccidono il romanzo. Sono tutte cose che, bene o male, ci sono sempre state. E comunque i libri di ricette o quelli insulsi non rubano al sottoscritto un solo lettore o lettrice che dir si voglia. 

Spesso si dimentica come i totalitarismi del Novecento abbiano sottilmente (be’, non proprio sottilmente) cercato di ucciderlo imponendo a esso la loro verità. Non è vero che in dittatura non si pubblicano libri; se ne pubblicano eccome, ma devono ribadire la verità del regime. E chi racconta storie, se ha un poco di consapevolezza, sa perfettamente che in casi del genere si fa propaganda, non letteratura.

Ma non bisogna credere che noi popoli liberi (?) si sia al riparo da tutti i pericoli solo perché in una libreria trovo migliaia di titoli.

La crisi non sorge perché ormai il romanzo non viene più considerato come il mezzo (o uno dei mezzi) più autorevoli per tentare di capire il mondo. E non solo perché ci sono altri mezzi (le serie televisive) che hanno occupato tutto lo spazio a disposizione, relegandolo in un angolino.

Semmai perché purtroppo, da troppo tempo, si limita a raccontare la realtà; è più sicuro adottare questo sistema. In questa maniera hai più possibilità di incassare soldi. Il romanzo ridotto come il manuale di istruzioni del microonde, che parla del microonde. Non si avventura oltre. Perché per il microonde non esiste alcun oltre.

Poi, ci sono i romanzi (e sono i peggiori) che dicono che il microonde deve fare di più. Non c’è niente al di fuori di esso, ma si deve impegnare in modo indefesso a essere un microonde sempre migliore: pulito, corretto, rispettoso degli altri microonde anche se non sono come lui, perché tutti i microonde sono uguali (sigh!).

Si tratta di una generalizzazione? Ma si capisce. Probabilmente si stampano un sacco di ottimi romanzi che non si limitano a raccontare la realtà. Qualcuno potrebbe alzare la mano e osservare: Tutti i romanzi raccontano la realtà, quindi: che cosa dovrebbero raccontare?

I romanzi (da “Moby Dick” a “I demoni”), sono di solito ambiziosi. Perché sanno che la realtà è solo un simbolo, una maschera; e che dietro (oppure oltre?) c’è parecchio di più. E questo “parecchio di più” non è detto che sia qualcosa di comprensibile, pianificabile, spiegabile. 

Probabilmente anche il microonde sa che ha un cavo, e che esso è percorso dalla corrente elettrica. Ma sa anche che gli serve, gli è utile: e stop. 

Non c’è nulla oltre. Andare oltre, renderebbe il microonde “inadatto”. 

Il romanzo rischia (o muore?) quando si adatta. Quando si consegna allo spirito del tempo, al lettore, e fa di lui il suo sovrano indiscusso; mentre dovrebbe rivolgersi solo alla parola. 

E il lettore di oggi che non sa nulla, che è più ignorante dell’uomo del Medioevo, detta le sue regole. La sua ambizione è avere qualcosa di “bello”. In grado di riempirgli il tempo libero di qualcosa di gradevole, di utile, che lo aiuti a migliorarsi.

A forza di cercare di spiegare come dovremmo essere, non sappiamo più chi siamo; ah, no. Lo sappiamo. 

Siamo consumatori.  

L’esilio della riflessione

Adesso dirai: 

Ma tutta ‘sta brodaglia, che cosa c’entra con la riflessione?

Potrei sommessamente farti notare che il consumatore non riflette. Non fa parte dei suoi doveri (esatto: come il microonde). Consuma, e deve farlo sempre di più. 

Siccome non riflette, non ha interesse alla riflessione (degli altri). Però essendo consumatore (finché ha denaro) detta legge.

Qualcuno potrebbe obiettare che per fortuna ci sono i consumatori. Solo in questo modo l’economia produce ricchezza, eccetera eccetera.

Stiamo confondendo le acque. Probabilmente è una reazione automatica: quando si fa notare un problema, all’istante parte il coro dei difensori:

Sì, ma se non ci fosse questa economia saremmo tutti poveri, e altro che romanzi.

Grazie dell’obiezione che non aggiunge un solo grammo a quanto sto scrivendo (ma era esattamente questo il suo fine). 

Quando l’economia, da gestione oculata delle risorse, precipita nell’accaparramento, nel consumo sfrenato: prima o poi questo comportamento viene eletto a ideologia (è esso stesso ideologia, naturalmente) democratica. Perché tutti vi devono partecipare, e più si è, meglio è.

E anche il romanzo alla fine viene tirato dentro. Con la scusa che: 

Se vuoi il successo, segui il gusto del pubblico

si arriva naturalmente a confezionare quello che il pubblico desidera. (Con risultati non sempre eccellenti, sia chiaro).

Non accade sempre, certo.

Molti non raggiungono il successo (circa il 95%) perché non lo meritano. E molti romanzi non raggiungono il successo (lo meriterebbero) per molti fattori, compresa la sfortuna. 

Ma possiamo affermare che spesso, se accade questo, accade perché c’è un silenzioso e pervasivo pensiero comune che si fa forza della “varietà” (in fondo, entri in libreria e scegli quello che vuoi, no? Di che ti lamenti?) per difendere l’uniformità.

L’omologazione.

Quello che si discosta, che va oltre: viene seppellito nel silenzio. Ignorato. 

C’è riflessione e riflessione

Ma quindi, che cosa voglio dire con questo articolo? Che buona parte dei libri che si pubblicano non sono frutto di riflessione? 

In realtà lo sono: ma riflessione su che cosa? Su chi? Queste sono probabilmente le domande da farsi. Non basta pubblicare un libro, per fare di questo parallelepipedo qualcosa di davvero meritevole di interesse. In fondo, di libri che riflettono (e applaudono) l’omologazione imperante ce ne sono stati sempre. 

Adesso però possono contare su un apparato di prima qualità. Il pensiero unico, l’omologazione suggerita (e quando necessario brutalmente imposta) dalle cosiddette “reti sociali” (dovrebbero chiamarsi “reti degli apparati”) ora utilizzano metodi più sottili e non devono quasi mai passare alle maniere forti per richiamare all’ordine.

È sufficiente che “propongano”, e le persone (?) si azzuffano pur di partecipare. E il romanzo?

Spesso si adegua. Almeno, quello che va per la maggiore, che vuole scalare le classifiche e distribuire a ognuno un po’ di soldi, si deve adeguare. È bene che si adegui.

Ma quello che importa davvero è appunto che il romanzo “rifletta”. Senza preoccuparsi troppo di quello che troverà “là fuori”. Ci sono così tante, e strane, variabili, che non vale la pena preoccuparsi di come sarà accolto questo o quello. Anzi: l’essere alla periferia perché ormai altri mezzi (appunto: le serie televisive) occupano l’attenzione, potrebbe in realtà permettergli di concentrare meglio la sua forza su un piccolo nucleo di persone. E poi?

E poi: niente. 

Fine.

Elaborazione in corso…
Fatto! Sei nell'elenco.

8 commenti

  1. No, non tutti i microonde sono uguali. Il mio è un microonde, con forno ventilato, con grill, con cottura intelligente, pure a vapore se gli gira. Ma il microonde è già roba vecchia. Il futuro è il frigorifero per la conservazione a caldo!
    (dicono, mi fa impressione solo l’idea! XD )
    Ma nel 2021 io sto leggendo con eccelso gusto “Anna Karenina” direi che i microonde possono andare a nascondersi dietro alla potenza calorifera della cara, vecchia stufa a legna!! Giusto?

    Comunque per la riflessione basta lo specchio… 😛

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  2. Caro Marco mi ha sorpreso il tuo post e credo che la tua riflessione sia coraggiosa. Si molti romanzi, specie quelli più in voga, raccontano una realtà, spesso di memoria, che rassicura. Ci fa pensare che il nostro dramma personale, chiunque è in qualunque modo lo abbiamo vissuto, non sia un disagio capitato solo a noi ma a tutti. È rassicurante. La letteratura, quella che rompe gli schemi, non è questo. La riflessione, il messaggio se preferisci, sola non basta: la rottura è linguaggio, temi, costrutti, denuncia, si, denuncia. Scrivere per rompere un equilibrio. Per me obiettivo ambizioso ma necessario. Ps; come sai sto leggendo Stella Nera. Capisco che parli di questo nuovo progetto e del senso che ha per te. O mi sbaglio?

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