La letteratura ha bisogno di libertà. Ha bisogno di George Orwell


di Marco Freccero.
Pubblicato su YouTube il 4 marzo 2021.
Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.

 

Di George Orwell tutti dicono un gran bene. Ma: lo hanno letto davvero, quelli che ne parlano così tanto, e così bene?
Il dubbio è più che lecito.
Iniziamo a conoscerlo meglio con questo libro.

Buona visione e buona lettura.

“Letteratura Palestra di libertà” è un libro che raccoglie alcuni scritti dello scrittore George Orwell. L’autore de “La fattoria degli animali” e di “1984”.
L’editore è Mondandori, mentre l’introduzione è di Guido Bulla che cura anche la traduzione.

È sempre interessante capire come uno scrittore del calibro di Orwell guardava ad altri scrittori.
In questo libro c’è un lungo scritto dedicato a Charles Dickens, che cerca di rispondere a una domanda: perché un autore così popolare è stato seppellito nell’abbazia di Westminster, come i grandi condottieri? Come ci è riuscito, Dickens?

Ma l’aspetto più interessante di un libro come questo risiede anche altrove. Un altro scritto è dedicato a Henry Miller, e questo può apparire strano, perché si trattava di uno scrittore che, al contrario di Orwell, non si interessava di nulla. Non era impegnato su nulla, non gliene importava un accidente, insomma, di quanto accadeva nel mondo.
E Orwell ne prende le difese.

Così come prende le difese di un altro grande scrittore inglese: Kipling, quello del Libro della giungla, esatto. Anche allora era attaccato perché appoggiava il colonialismo, era considerato un fascista, eccetera eccetera. Esattamente come al giorno d’oggi.

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

E anche in questo caso Orwell prende le difese di Kipling. La luce polare di Orwell è sempre la libertà.
Perché seguire le direttive di un partito, di una chiesa, o al giorno d’oggi del politicamente corretto, non permette di creare opere capaci di sfidare il tempo.
Come invece riescono a fare quelle di Kipling.

Da una parte c’è la vita, con tutto il suo intrico di bassezze, e di luci.
Dall’altra ci può essere il partito, il politicamente corretto che dicono come bisogna scrivere; perché bisogna scrivere in un certo modo (e non in un altro).

Orwell, che ha tenuto sempre alta la luce della libertà, sa prima di tutto che un autore deve essere leale. Ma non verso il partito o l’ideologia dominante. È evidente che queste strutture che pretendono per loro stessa natura di disegnare il futuro, devono anche rivolgersi al passato, e riscriverlo.

Ogni partito o ideologia inoltre hanno al loro interno un altissimo tasso di ipocrisia, di disonestà dice Orwell. Perché al di là dei proclami, della loro volontà di essere “duri e puri”, fanno del compromesso la loro unica fede. Sempre e in ogni caso.

Accettare la disciplina di un partito, o di un’ideologia, comporta piegarsi alle loro direttive, compromettendo la propria integrità letteraria.

Lo scrittore a questo punto deve fare una scelta di campo: adeguarsi e rispondere Signorsì.
Oppure scrivere quello che deve.

La forza di un Kipling, ci dice Orwell, è che lui non rimuove il concreto dalle sue opere, come invece faceva, e fa, tanta letteratura impegnata non a raccontare storie, ma a spiegarci come dovremmo essere.

Tanto buonini.

Non solo.
Scrittori definiti “reazionari” come appunto Kipling, hanno quello sguardo duro, disincantato, e lontano dalle ipocrisie (delle ideologie, dei partiti), che permette loro di dire sempre la parola giusta. Di scrivere quella storia e di renderla efficace.

E ci riescono perché al primo posto mettono la storia: non le direttive del partito. Hanno quindi verso la storia una fedeltà, una lealtà, che chi invece è preoccupato di apparire conforme agli ordini di qualche potere, non deve avere.

O finisce male.

Insomma: un meraviglioso libro di George Orwell, che racchiude altre riflessioni decisamente interessanti (per esempio sulla politica e l’inglese; sul perché Orwell scrivesse; sulla libertà che lo scrittore deve sempre avere), da leggere a tutti i costi.

Alla prossima e: Non per la gloria, ma per il pane.

7 commenti

  1. Interessante quel libro, messo in lista.
    Direi che Orwell ha pienamente ragione. Non sapevo degli attacchi a Kipling, autore che a me piace molto.
    Oggi il politicamente corretto sta distruggendo la libertà di dire e scrivere ciò che si vuole.

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  2. Come non essere d’accordo con Orwell? Ho iniziato a leggere 1984 in eBook (ho scoperto che quest’anno ricorre il centenario della nascita e probabilmente è anche per questo che ci sono tante nuove pubblicazioni su Orwell in eBook).

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  3. Di Orwell ho letto ancora alle superiori (nel mesozoico quindi) La fattoria degli animali, mentre mi manda 1984 (all’epoca, quando lo vidi tra i libri della biblioteca scolastica pensai: Ma che ci fa un’agenda vecchia qua?! XD )
    Non sapevo avesse scritto tanti articoli e saggi, anche sulla scrittura.

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