Non bisogna leggere tanto. Occorre rileggere (di più)


 

 

 

di Marco Freccero.

Pubblicato l’8 marzo 2021.

 

 

Non pretendo certo che chi legge questo scalcagnato blog segua per filo e per segno quello che scrivo, o quello che faccio. Ma mi pare di aver già scritto che per me il 2021 sarebbe stato soprattutto l’anno delle riletture. Di libri ne ho un discreto numero e alcuni non li riprendo in mano da decenni: perché allora comprare ancora altri libri?

Notizie strabilianti dal mondo frecceriano

Certo: rileggere un libro che si è letto vent’anni fa, o anche di più, è una nuova lettura. Perché abbiamo ormai un ricordo molto pallido della trama, degli sviluppi della storia. Quindi si tratta di fatto di una nuova lettura. Ma è bene prendere un poco le distanze.
Ci sono queste specie di gare (non dichiarate) sulla Rete, anche “spinte” da siti come Goodreads, su quanti libri leggere assolutamente durante l’anno. E ogni anno si dovrebbe leggere di più di quello appena lasciato alle spalle. 

Perché?

Inutile specificare che dobbiamo acquistare sempre nuovi libri perché…

Già, perché? 

Adesso ricordo: altrimenti gli editori sono in difficoltà. Io continuerò a comprare libri; ma quest’anno e anche i prossimi, la parte del leone la faranno le riletture.

A questo punto qualcuno potrebbe pensare:

Che notizia strabiliante. Meno male che ce l’hai data, altrimenti non potevamo nemmeno continuare a respirare.

Ho un cuore d’oro, infatti. Purtroppo sepolto in un petto di piombo.

Però ecco che cosa è successo, e che mi ha convinto ancora di più della bontà della mia decisione: Occorre rileggere (di più).

Grazie al sottosuolo

Un po’ di tempo fa ho acquistato “Scritti dal sottosuolo” di Dostoevskij. Si tratta di una nuova traduzione più fedele alla scrittura dell’autore russo. L’editore (per chi fosse interessato), è La Scuola.

Il bello di questo libro è che contiene un lungo scritto di Tat’jana Aleksandrovna Kasatkina dedicato a questa opera del buon Fedor.

Ma si parla anche alla rilettura. O meglio: del perché una lettura non può mai bastare, non è mai sufficiente.

In pratica, cosa afferma colei che è considerata una delle massime esperte di Fedor?

Non è agevole rendere tutta la complessità semplice della sua riflessione, proprio perché bisognerebbe acquistare il libro e leggerlo (e poi rileggerlo, certo!).

Ma lei scrive che quando ci avviciniamo a un testo non lo vediamo mai completamente. Prima di procedere su questa strada, una piccola sosta.

È una faccenda ancora più complicata se leggiamo un autore tradotto, si capisce. Per esempio: i traduttori detestano le ripetizioni. Tolstoj nelle prime sei righe di “Anna Karenina” ripete otto volte il termine “casa”.

Nella traduzione in italiano non ce n’è traccia. Ma siccome il romanzo è stato rivisto dodici volte (soprattutto dalla moglie), che cosa vuol dire? Esatto: che Tolstoj sapeva bene cosa stava scrivendo, e voleva scrivere esattamente in quel modo.

Torniamo a Fedor.

Come inizia “Scritti dal sottosuolo”? (La traduzione è di Elena Mazzola)

“Io, un uomo malato… Io, un uomo malvagio. Un uomo, io, per niente attraente. Penso che mi faccia male il fegato. Peraltro io non ne capisco un cavolo della mia malattia, e non lo so nemmeno per certo, io, che cosa poi mi faccia male.”

Bene. Se invece prendo “Memorie dal sottosuolo” di Garzanti, traduzione di Emanuela Guercetti:

“Sono un uomo malato… Sono un uomo cattivo. Un uomo sgradevole. Credo di avere mal di fegato. Del resto, non capisco un accidente del mio male e probabilmente non so di cosa soffro.”

Già, le ripetizioni sono state eliminate. 

Tat’jana Aleksandrovna Kasatkina invece afferma che quando un autore (russo) considera essenziale un certo messaggio, e vuole che il lettore lo recepisca, allora lo ripeterà almeno due volte.

Quindi se leggiamo un Tolstoj oppure un Dostoevskij dobbiamo sapere che probabilmente il loro pensiero è stato “mascherato”, rimosso dal traduttore; senza alcun intento denigratorio, certo. Solo per rendere la lettura più agevole.

Ma torniamo alla rilettura; sul perché sarebbe così importante.

Rileggere: perché

Sempre Tat’jana Aleksandrovna Kasatkina afferma che quando ci avviciniamo a un libro, esso è già carico delle nostre aspettative. E si capisce: lo abbiamo comprato. Ce lo hanno vivamente consigliato. Magari è un classico, e quindi già questo ci induce a guardare a esso con uno sguardo particolare.

Quando lo leggiamo, di fatto (lei afferma), non vediamo quanto detto davvero dall’autore. È come se osservassimo uno specchio che però riflette qualcosa di noi stessi; anzi riflette esattamente noi stessi. 

Ecco il problema. Ecco perché bisogna rileggere.

La prima lettura ci porta a seguire la trama, a identificarci con un personaggio, a parteggiare con esso, a rispettare le aspettative alte o altissime che abbiamo nei confronti di quel testo. 

Tutti elementi inevitabili, ma, ci dice questa scrittrice e filosofa russa, non sono sufficienti per arrivare a una comprensione del testo. A cogliere quello che l’autore desiderava davvero dire.

Estraiamo dal testo quello che ci serve, che ci è utile. E poi passiamo ad altro.

Con la seconda lettura viceversa si entra davvero in contatto con il pensiero dell’autore. E se questo è Fedor… Non so se mi spiego.

Uno scrittore come Dostoevskij mi pare che, a differenza dell’ottimo Tolstoj, riesca a essere più interessante perché più discreto.

Tolstoj sa e dichiara; sa e spiega che cosa c’è che non va nel mondo, e indica anche la soluzione.

Dostoevskij è più… Sfumato? Tanto per iniziare non crede che il problema sia l’ambiente o la società: il problema è l’essere umano. 

La sua indagine non ha come scopo quello di indicare perché la Russia va male, o perché non deve seguire le sirene dell’Occidente (elementi che comunque sono ben presenti nei suoi romanzi).

Il problema per lui è il male, che è una scelta dell’individuo. Ed è una scelta libera che nessun elemento esterno, nessun benessere potrà mai chetare. Nemmeno l’istruzione.

Un passo più lento

Spesso, girovagando per il Web, incappo in certi lettori, o lettrici, che avrebbero davvero bisogno di leggere di meno, e di rileggere di più. Perché da come descrivono le letture fatte, mi pare di capire che sono rimasti a uno strato molto superficiale del libro. Quasi che avessero letto l’introduzione al romanzo, e si fossero fermati appunto a quella.

Le gare di letture che si vedono sulle reti sociali: boh! Faccio sempre più fatica a comprenderle. Si vuole dimostrare di leggere tanto: ma la comprensione del testo? 

Entrare davvero in contatto con il pensiero dell’autore (non con il nostro trasferito “magicamente” dall’autore sulla pagina) richiede un impegno maggiore.

È necessario appunto un passo indietro e soprattutto un passo meno frettoloso. Spesso, è nei dettagli che uno scrittore lascia una pepita. Correre non ci aiuta a cogliere i piccoli tesori disseminati nel testo.

Altra raccomandazione di questa filosofa russa: esatto, leggere lentamente. E questo probabilmente è possibile solo con la seconda lettura, perché la prima ci prende, ci trascina, vogliamo arrivare alla fine e “capire”. 

Comprendere un testo, comprendere un romanzo di Fedor o di qualcun altro impone al giorno d’oggi (soprattutto al giorno d’oggi), un differente modo di usare la lettura. 

Non una sfida rivolta chissà a chi, per dimostrare chissà cosa. Ma un cammino consapevole alla ricerca del senso che un autore ha inserito all’interno del suo testo. Le parole contengono più di quello che sembra. E probabilmente c’è bisogno di due sguardi (due letture) per capirlo. 

Almeno due.

Elaborazione in corso…
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8 commenti

  1. Credo anch’io che le riletture siano importanti, con alcuni romanzi letti qualche anno fa è stato come leggere ex novo. Ho dei libri che ho amato che ogni tanto rileggo, non del tutto, ma diversi capitoli, ed è così che li riscopro ogni volta.

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    • Credo che sia anche utile rileggere per vedere se e come siamo cambiati nel frattempo. Certo, a volte sono passati così tanti anni che quasi non ricordi più nulla (anzi, non ricordi nulla!). Ma credo che “l’atmosfera” si ricrei…

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  2. Sono d’accordo con tutto quello che hai detto: la rilettura è necessaria, è meditazione, è comprensione vera. Ormai, lo dicevo a un’amica qualche giorno fa, leggo e rileggo molte più opere classiche che testi di autori contemporanei: a parte la maggiore soddisfazione, l’appagamento è totale, perché l’immersione consapevole migliora la mia capacità di leggere. (Pensa, ho da qualche giorno, per le mani “Il piacere” di D’Annunzio e mi sembra di avere detto tutto!)

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  3. Sono una pessima rilettrice, ma le tue riflessioni sul lettore che nel libro legge se stesso sono molto azzeccate. Del resto è quello che facciamo costantemente, guardarci intorno e vedere la realtà nei nostri colori personali, convinti però di essere assolutamente obiettivi, e magari buoni osservatori.

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  4. Di Anna Karenina ho preso la traduzione di Gianlorenzo Pacini e mi sembra buona, anche se “casa” ce lo trovo solo 4 volte e non 8. Poi già nella prima lettura mi capitava di tornare indietro a rileggere qualche pagina. “Dove vuoi andare a parare Lev? Cosa mi sta sfuggendo?” Perché le frasi quelle “buone” sono effettivamente mascherine in mezzo alle altre di contorno. Ma vale solo per libri di questo calibro.
    Io mi segno e pubblico le letture annuali non per vincere un premio (e di che?), piuttosto perché leggendo a “ispirazione” torno indietro a guardare dove mi ha portato quell’anno. E anche per scorgere in libreria cosa ho lasciato indietro. Per esempio nel 2020 non ho letto niente di saggistica, e ancora non ne sento alcuna voglia.

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