Orwell non difende Kipling. Fa di meglio


di Marco Freccero. Pubblicato il 5 aprile 2021.

Nel libro “Letteratura palestra di libertà” (editore Mondadori) George Orwell parla dello scrittore inglese Rudyard Kipling. Lo scritto si intitola semplicemente “Rudyard Kipling” ed è stato pubblicato nel 1942. In italiano è stato tradotto solo di recente all’interno di questo eccellente libro (una ragione in più per acquistarlo, giusto?). Lì Orwell cerca di fare un po’ di chiarezza, perché l’isteria a quei tempi (siamo nel pieno della Seconda guerra mondiale) aveva preso di mira proprio l’autore de “Il libro della giungla”. 

Orwell fa chiarezza

Prima di procedere: qui da noi Kipling è soprattutto conosciuto per essere l’autore de “Il libro della giungla”, che deve buona parte della sua fortuna alla riduzione cinematografica di Disney. In realtà ha prodotto parecchio altro, e non solo la poesia “Se”.

Andiamo avanti.

Già allora Kipling era accusato di essere fascista. Orwell non sembra molto diplomatico, infatti scrive: 

Kipling è un imperialista sciovinista, è moralmente insensibile ed esteticamente disgustoso”.

Eppure prende carta e penna e (con l’acume che gli è proprio), prova a mettere un po’ di ordine. Vede infatti troppa gente che parla, e che parla male al riguardo di Kipling. Che lo scusa, lo giustifica (usando argomenti risibili), oppure lo attacca per pregiudizio ideologico (come succede adesso. Niente di nuovo sotto il sole!).

E Orwell parte da una semplice constatazione: perché quelli che lo hanno sempre attaccato sono svaniti come neve al sole, mentre lui continua a essere letto, e lo sarà di certo anche nei prossimi decenni? Dimenticavo: Kipling ha pure vinto il Nobel.

L’ipocrisia

La risposta, come dicono quelli bravi, è articolata. Orwell afferma (giustamente) che Kipling non è fascista. Lui era un uomo dell’Ottocento, che si era formato in quegli anni, quelli dell’Impero britannico che imponeva il suo ordine a mezzo mondo. E l’onda lunga dei benefici che l’Impero garantiva ai suoi sudditi inglesi, li godevano (eccome) pure quanti attaccavano Kipling tacciandolo di fascismo. 

Ma Orwell è un tipo preciso. 

Nota per esempio il vecchio (ma sempre efficace) trucco dell’estrapolazione: tolgo da un certo brano poche parole, e ci costruisco la mia argomentazione (ideologica) tesa a dimostrare che Kipling è appunto un fascista. Quando basterebbe leggere tutto il brano per scoprire che cosa intendeva dire per davvero Kipling, e che i destinatari erano altri.

L’esempio è il seguente: 

stirpi minori che non conoscono la Legge”.

E Orwell afferma:

Questo verso provoca immancabili sghignazzi nei circoli delle mammolette della sinistra”. 

Perché questi circoli, estrapolando il verso, affermavano che Kipling si riferisse agli indiani. In realtà parlava dei tedeschi, degli scrittori pangermanici. Ma questo è possibile capirlo solo se si legge il testo, non se si toglie un verso per sostenere la propria posizione.

Un autore incompreso

Orwell non fa nessuno sconto a Kipling. Probabilmente lo ritiene un autore sopravvalutato, o sottovalutato a seconda delle parti che se lo contendono. 

Sopravvalutato da quanti lo hanno sempre considerato il portabandiera, il cantore dell’Impero britannico e della sua potenza. Kipling anche se usava toni celebrativi al riguardo, aveva sufficiente intelligenza per usare anche uno sguardo disincantato rivolto proprio a tutti coloro che, in India o altrove, amministravano il “progresso” a spese degli indiani. 

Era di certo dalla loro parte, ma a differenza di queste figure (che non leggevano nulla di quanto scrivesse, e quindi capivano ben poco di dove andasse a parare. Per essi era sufficiente che non fosse contrario a loro), lui credeva di dover gestire quel potere (quell’imperialismo) con responsabilità. Da quanto dice Orwell, Kipling per buona parte della sua vita non si rende conto di una verità lapalissiana: l’Impero britannico è una gigantesca impresa commerciale, e basta.

Per lui invece era una missione, che doveva usare la forza per imporsi. Ma quella forza (brutale) doveva comunque essere usata con responsabilità. E chi ha responsabilità, ricorda Orwell, deve sempre rispondere a una precisa domanda: “Cosa fare in questa precisa circostanza?”. E la brutalità, la violenza diventa inevitabile.

Chi fa opposizione è sollevato dalla responsabilità di rispondere alla domanda: “Cosa fare”, e può dedicarsi ai massimi sistemi, ai principi. 

Sottovalutato perché Kipling, al di là dei suoi limiti (come detto prima: non comprende che l’Impero britannico non è una missione: ma una gigantesca impresa commerciale che a un certo punto entra in crisi, e sarà soppiantata da altri imperi), riesce comunque a produrre opere decisamente interessanti. Perché ci riesce? No, non per caso.

Ci riesce perché è appunto disincantato; forse pure cinico. 

Anche se frequentava gli ambienti dell’Impero che amministravano per esempio l’India, aveva sufficiente buonsenso da non mescolarsi troppo con essi. Era uno snob (Orwell afferma che avesse la pelle scura), ed era snob perché “sentiva”, probabilmente, di non essere accettato, che non lo sarebbe mai stato completamente. Stava quindi da quella parte perché lo sentiva come dovere, ma ogni tanto gettava uno sguardo su ciò che lo rendeva differente. 

Un autore classista

Sì, non aveva alcuna simpatia per gli operai. I soldati, che dell’Impero britannico erano la prima linea che lo difendeva, lui spesso li guardava dall’alto in basso. Ma è stato comunque colui che ha gettato un fascio di luce su di essi, sulle loro condizioni di vita. Senza mai mescolarsi a essi, senza mai unirsi alla loro compagnia, è comunque riuscito a ricordare all’Inghilterra che il benessere di cui godevano tanti inglesi era dovuto al sacrificio di quegli oscuri uomini. E se a qualcuno parrà poca roba: probabilmente ha perso ogni contatto con la realtà, e vaga per la foresta delle ideologie.

Il paradosso? Credo che si possa dire che Kipling è di nessuno ed è di tutti (oppure: non è nemmeno di tutti?). Sembra di stare dalla parte dei soldati, ma in realtà non li ama. 

È dalla parte dell’Impero ma non ne capisce la vera natura, e in fondo c’è “qualcosa” che lo tiene a distanza. Kipling è, esatto: complesso. Un uomo contraddittorio, probabilmente nevrotico, del tutto incapace di innovare (ma perché doveva farlo?), o di proporre una letteratura “nuova” (qualunque cosa voglia dire). Abbastanza allineato al potere (esattamente come quelli che lo attaccavano, e lo attaccano), amico degli stereotipi (come tutti), e tuttavia, o forse proprio grazie a questi motivi, vero. Autentico. 

Fraterno.

L’operazione di Orwell non è di difesa. Ma cerca (e lo fa con maestria e successo) di fornire gli elementi necessari per liberarsi da giudizi sommari ed errate convinzioni a proposito di Kipling. È una grande lezione di libertà che pochi sono in grado di replicare al giorno d’oggi, impegnati come sono a battere le mani alle opinioni corrette che vanno per la maggiore.

Mi aspetto che Orwell sia, per questo, accusato di fascismo molto presto.

Elaborazione in corso…
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10 commenti

  1. Mi chiedo perché Orwell senta l’esigenza di scrivere un libro su uno scrittore britannico del suo tempo morto qualche anno prima. Ho controllato la sua vita e ha scritto molte opere oltre al famosissimo Libro della giungla in cui penso abbia trasposto la sua esperienza di bambino nato in India da genitori britannici. Penso che Orwell si sentisse vicino a Kipling essendo anche lui nato in India da genitori scozzesi.

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    • Questo è vero, può darsi che sia anche per quello. Ma io credo che abbia scritto quel lungo articolo su Kipling perché Orwell amava sopra ogni altra cosa la libertà. E non amava che alcuni la usassero per screditare o ridicolizzare qualcuno.

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  2. Prendere carta e penna per rendere giustizia a qualcuno, senza strumentalizzare niente in un senso o nell’altro, è segno di un’integrità ammirevole. Forse sono state davvero le comuni origini, come ricordava Giulia, a spingere Orwell a questa analisi.

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  3. Che Orwell sia stato un spirito libero e nello stesso tempo un figlio della sua epoca credo non ci siano dubbi. Basta leggere qualcosa di suo e ammirare la sua statua davanti alla BBC.
    Kipling, come molti altri scrittori, è associato solo a un libro, anche se la sua produzione è molto più numerosa. Ne Il libro della giungla è come hai scritto rappresenta l’impero su cui non sputa visto che produce ricchezze per i suoi compatrioti per poi lasciare macerie e miserie.

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  4. Non ho letto ancora nulla di Kipling, pur avendo da parte Capitani coraggiosi (eh! mi chiama in causa! 😀 ) e adorando Il libro della giungla in tutte le versioni animate o cinematografiche. Non immaginavo che l’avessero accusato di fascismo, e meno male che uno come Orwell si è speso per riportare l’ago della bilancia al suo posto. Di Kipling leggo ora che fu quello che scrisse: “Ho appena appreso di essere morto dal vostro giornale: non dimenticate di cancellarmi dalla vostra lista di abbonati.” quando ne annunciarono la morte per errore.
    Una battuta che viene spesso ripresa anche oggi, quando capita anche alle attuali celebrità.

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