Torniamo in Russia?



di Marco Freccero.
Pubblicato su YouTube il 15 aprile 2021. Ripubblicato su questo blog nel medesimo giorno.

 

 

 

Oggi torniamo in Russia con un romanzo di Aleksandr Solzenicyn: “Ama la rivoluzione”. Di che cosa parla?
Per rispondere alla domanda occorre: leggere e guardare!

 

Oggi torniamo in Russia e parliamo di questo romanzo di Aleksandr Solzenicyn dal titolo “Ama la rivoluzione!”.  L’editore è Jaca Book mentre la traduzione e le note sono di Sergio Rapetti.

Chiariamo un punto: questo romanzo di Solzenicyn è stato scritto di nascosto, quando era detenuto in un istituto di ricerca segreto, nel 1948. Poi fu ripreso nel 1958 e mai terminato.

Esatto, parliamo di un romanzo incompiuto (lo scrittore è morto in Russia nel 2008), e infatti qui troviamo gli estratti del capitolo sei e sette, incompleti.

Il protagonista, Gleb Nerzin, è l’alter ego di Solzenicyn, e quindi si tratta di un romanzo in parte autobiografico. È un matematico, gli piace discorrere molto con tutti del comunismo, è animato da un fervore quasi religioso, genuino. Esattamente come lo era lo scrittore russo.

Per inquadrare questa storia, come dicono quelli bravi, occorre ricordare che Solzenicyn all’inizio credeva con forza al comunismo, al mondo nuovo e all’uomo nuovo che avrebbe costruito.

Durante la Seconda guerra mondiale Solzenicyn partecipa e combatte con valore. Ma quando nel 1945 scrive in una lettera a un amico delle dure critiche all’operato di Stalin, per lui è la fine.
Viene arrestato, processato e condannato a otto anni di Gulag.

Torniamo al romanzo.

Scoppia la Seconda guerra mondiale con l’invasione della Russia da parte della Germania nazista (eppure c’era stato tra i due Paesi l’accordo Molotov-Ribbentrop, e in Russia la macchina della propaganda diceva che di Hitler ci si poteva fidare).

Gleb Nerzin sogna il fronte, l’artiglieria, di combattere insomma per schiacciare, anche a costo della propria vita, la serpe nazista e dare il contributo alla Grande Guerra Rivoluzionaria che investirà il mondo rendendolo un paradiso in terra.

Purtroppo non è idoneo. Viene spedito nelle retrovie. Il romanzo narra quindi le sue peripezie nel tentativo di essere spedito appunto in prima linea, e sembra riuscirci. Siccome è un romanzo incompiuto non sappiamo quale sarà il suo destino, una volta giunto a Stalingrado. Ma il cuore del romanzo è da un’altra parte.

Brutalmente, Gleb inizia a rendersi conto che la rivoluzione, e lui si dispiace di non avervi preso parte, non ha cambiato la Russia. Da una parte si compiace delle decisioni dure prese da Stalin; ma quando lui stesso rischia di finire nei campi di lavoro, solo perché se ne stava in fila, in attesa di un po’ di pane, capisce che le cose non stanno andando come dovrebbero.

Se scampa al processo e ai campi di lavoro non è perché riesce a spiegarsi. Niente del genere. Solo grazie a un conoscente che interviene con una telefonata, e che renderà nullo il rapporto su di lui, e che di certo lo avrebbe spedito nei gulag.

Ma Gleb spostandosi nell’interno della Russia, è costretto a fare i conti con la realtà. Per tutti quelli che incontra lui è solo un intellettuale che non sa fare niente, che è un peso per gli altri. Non sa governare i cavalli, non sa raccogliere la biada, una perfetta nullità.

Inizia il suo lento percorso di allontanamento dalla realtà imparata dai libri, pieni di slogan e formule, per andare incontro, e poi sempre più dentro, alla vera realtà. Lui crede nel comunismo, ma proprio questa sua purezza lo spinge a guardare con severità alle ipocrisie, ai vizi, agli abusi, ai compromessi che incontra quasi a ogni angolo, e che la Rivoluzione prometteva di cancellare in breve tempo.

Proprio questo suo modo di essere, privo di abilità, di scaltrezza, ma con la testa piena di ideali, lentamente lo spinge a guardare con maggiore distacco a tutto quanto credeva. E il suo rigore morale lo spinge a trovare “comprensione” se così si può dire, con i cavalli, non certo con gli esseri umani.

Ripeto, il romanzo non è mai stato completato anche se Solzenicyn pare che avesse desiderato farlo. Ma è un romanzo che riesce comunque ad affermare qualcosa di potente. Non è la rivoluzione a cambiare le cose. Semmai permette ai nuovi furbi di agguantare il potere e di usarlo contro quelli che erano potenti prima.

La via d’uscita, la sola via d’uscita, ci suggerisce Gleb con il suo avventuroso viaggio verso l’interno della Russia, e da lì al fronte, è la realtà. Non quella imposta dalla propaganda di regime, ma quella varia, umile, sporca anche, ma è solo essa il vero ingrediente in grado di cambiare il cuore del mondo.

Tutto il resto sono ideologie, e le ideologie conducono alla morte.

Alla prossima!

3 commenti

  1. È vero tutte le ideologie conducono alla morte se non vengono mitigate dal cuore e dal buon senso. L’ideale del comunismo conteneva in sé concetti condivisibili, ma non sono stati supportati dal senso del rispetto degli esseri umani…

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  2. i voler essere eroi a tutti costi porta alla morte.
    Credo che tutti gli scritti di Solzenicyn siano fortemente autobiografici. Quando ero più giovane e tollerante ho provato a leggere Una giornata di Ivan Denisovič;, la Mtrjona e alla stazione ma mi sono arenato quasi subito. Poi ho ritentato con Reparto C. Non ha ottenuto miglior sorte. Coi russi non vado proprio d’accordo

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