A proposito delle mie ossessioni


 

 

di Marco Freccero.
Pubblicato il 29 novembre 2021.

 

 

 

Alla fine, o quasi, mi sono domandato in base a quale molla, o impulso, io abbia scritto “Stella Nera” (di cui arriverà a giorni la seconda parte, sia digitale, che cartacea, ma in quest’ultimo caso disponibile solo su Amazon).

Quali sono stati insomma i motivi che mi hanno indotto a sobbarcarmi questo impegno da due anni a questa parte, e che durerà ancora un annetto prima dello stop definitivo. Perché, come ho già dichiarato, ci sarà la terza parte: quella conclusiva (e non solo di “Stella Nera”).

Alla fine credo di avere trovato una risposta. Se può interessare, eccola qui.

Una risposta che avrebbe dovuto essere semplice e banale; che sarà semplice ma di certo maledettamente banale. Ma se volete cose profonde, iscrivetevi a un corso per sub, non venite su questo povero blog. Intesi?

La prima ossessione

Il primo motivo: la Seconda Guerra Mondiale o meglio, lo sterminio degli ebrei. Non dico che sia stata o sia un’ossessione; ma probabilmente lo è. 

Ho spesso vissuto una vera angoscia di fronte a quello che è successo in Europa, e proprio nel nostro continente. Ecco perché leggevo Primo Levi, e non solo.

Durante il servizio civile il mio “interesse” per questo genere di argomenti era infine considerato perfino eccessivo. I libri che leggevo riguardavano o la guerra, o l’olocausto. Perché non leggevo dell’altro? (In realtà leggevo anche dell’altro. Ma era questo che mi stava a cuore). 

Naturalmente quando terminai quei venti mesi di servizio civile, buona parte del mio interesse per tali argomenti si ridusse in maniera abbastanza drastica. Non avevo più soldi (non puoi vivere con 120.000 Lire al mese), e quello che mi serviva erano appunto i soldi (magari per comprare dei libri di mio interesse).

I lavori che ho dovuto accettare, e che non ho mai amato, mi davano quello che mi serviva (un po’ di denaro). Ma dall’altra parte si prendevano dell’altro, qualcosa di mio. Per questo poi mi licenziavo sempre senza preavviso. Quando la misura era colma, io tagliavo la corda.

Solo di recente, diciamo negli ultimi due anni, il mio interesse per questo argomento ha ritrovato un poco dell’antico vigore. Ecco allora la lettura de “La banalità del male”; “La banalità del bene”; “La verità del male – Eichmann prima di Gerusalemme”. E Israel Singer (per esempio “La famiglia Karnowski” o “I giusti”). 

Oltre ad avere interesse per alcune figure (lo scrittore norvegese Knut Hamsun per esempio), che hanno guardato al nazismo come a una speranza. Perché? Che cosa spinge una persona ad abbracciare una simile ideologia? Perché lui ha fatto quella scelta mentre Sigrid Undset, norvegese pure lei, si è opposta pagando un prezzo altissimo (oltre a fuggire dal suo Paese, un figlio morì combattendo contro i nazisti che avevano invaso la Norvegia)?

Qui l’ignoranza non c’entra nulla. Che cosa c’è di così seducente da indurre una persona che a rigor di logica dovrebbe essere immune da un sistema che desidera l’annientamento dell’altro, ad abbracciarlo risolutamente?

Inutile dire che non ho mai scovato la risposta. Eppure: mi sarebbe bastato trovare l’ingrediente. La giusta percentuale di… ma di che cosa? Un po’ come il dottor Jekyll che per caso azzecca la giusta percentuale di droga per destare Hyde, ma poi non riesce più a trovarla per rimetterlo sotto chiave; così io follemente ero e forse sono ancora alla ricerca della spiegazione. Dell’ingrediente segreto. 

Del motivo che induce un uomo a scegliere quella strada invece dell’altra. 

Da qualche parte, deve esistere una qualità (quale?) che in dose eccessiva (oppure se troppo scarsa) innesca un processo che conduce in seguito a quell’epilogo.

So che non troverò mai una risposta, perché essa se ne sta, acquattata, in quella dimensione che chiamiamo “mistero” (no, la follia non c’è, o riguarda una percentuale davvero minima di persone. Adolf Eichmann non era pazzo. Nemmeno Knut Hamsun).

La seconda ossessione

La seconda ossessione è invece il potere.

Leonardo Perrone (uno dei personaggi di “Stella Nera”), crede di poter gestire la faccenda e di farla franca, come gli era sempre riuscito. Si troverà invece in un guaio più grande di quanto potesse immaginare. Il che, me ne rendo conto, non rappresenta agli occhi del lettore un argomento inedito.

Ma il punto è che la letteratura tutta è (anche) un’indagine sul e del potere. Da “Il Signore degli Anelli” sino a “Delitto e castigo”: si scrivono storie, brevi o lunghe che siano, perché c’è un potere che fa qualcosa (oppure: che non fa quello che dovrebbe fare. Oppure lo fa male).

E quando il potere vuole usare l’altro, lo considera quindi un mezzo: i guai arrivano, grandi o piccoli che siano.

Se non è un argomento inedito, sono convinto che avrei dovuto e potuto fare decisamente meglio. Ma non puoi spremere molto da una rapa ligure (la rapa ligure sono io), del tutto priva di metodo di studio, che salta e ha saltato di palo in frasca producendo quindi un’opera che per forza di cose appare molto limitata e anche di un interesse tutto sommato poco seducente.

Ma lo scopo di questo articolo era di provare a spiegare perché una persona sana di mente (?) si metta a scrivere delle storie mentre fuori magari c’è il sole e la vita urla: “Esci a godermi!”.

Tutti sono capaci a scrivere se fuori c’è mezzo metro di neve. È quando ci sono 31° e un sole inferocito che forse dimostri qualcosa.

Ma: che vita è quella che là fuori urla “Esci a godermi!”?

Là fuori

Forse chi prova a raccontare storie ode una nota stonata. Vede quello che vedono e gli altri, eppure percepisce che sotto quella linda superficie c’è “qualcosa” che non gira come dovrebbe. Potrebbe far spallucce, voltare la schiena, infischiarsene. Non è difficile sul serio.

Però non lo fa. Il perché lo ignoro. Ma potrebbe anche essere una giustificazione che ci si fabbrica ad arte: poiché scrivo, allora affermo che lo faccio perché c’è qualcosa che non mi convince. La nota stonata, appunto.

Ma queste sono in fondo faccende che riguardano chi racconta storie. E i lettori non ne sono affatto interessati, ed è corretto che sia così. Loro vogliono “soltanto” delle storie narrate bene. Quello che muove chi scrive è una faccenda che riguarda appunto chi scrive, ed è bene che resti confinato dentro le pareti della propria stanza.

E adesso che ci penso: perché ho scritto tutta questa roba? Quasi quasi cancello tutto…

13 commenti

  1. Ho visto un film biografico su Knut Hamsun, in norvegese, quando seguivo quel corso di lingua. Fu processato dopo la guerra per alcuni articoli che scrisse a favore di Hitler. Disse comunque di non saper nulla dello sterminio. Ma considera che molti tedeschi non ne sapevano nulla.
    Fu comunque una vergogna processare uno scrittore anziano per degli articoli.
    Sulla nota stonata concordo: è ciò che mi ha spinto a scrivere un saggio politico. C’è “qualcosa” che non mi piace, che mi infastidisce e scrivo non solo come sfogo, ma anche come speranza che quel qualcosa possa cambiare.
    È un modo per non restare in disparte, a guardare senza far nulla.

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  2. Mi sono chiesta spesso anch’io come fosse possibile che un intero popolo si lasciasse trascinare dal nazismo, ma se ci pensi in Italia èavvenuta la stessa cosa con il fascismo e c’è ancora qualcuno convinto che Mussolini abbia fatto delle cose buone (e se anche come il famoso libro…).
    In realtà la storia è molto più complessa, un dittatore può arrivare al potere facendo delle cose “buone” per il popolo e poi nascondere il suo vero volto con la propaganda, con la diffusione delle informazioni manovrate ad arte…Lo sterminio degli ebrei è quello più famoso e di cui si parla di più, ma sono esistiti altri stermini di cui parla molto meno (per esempio quello degli armeni riconosciuto soltanto di recente) e poi altri che avvengono nei nostri evoluti tempi moderni…

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    • Ma quello che mi incuriosisce, e che non riesco a risolvere (naturalmente) è che passo dopo passo, decisione dopo decisione, alcune persone scivolano verso il Male. E il perché, e il suo “fascino”, il suo mistero, è qualcosa che mi ha sempre spaventato.

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  3. Sul perché tanti hanno sostenuto il nazismo, bisogna tenere in considerazione che noi sappiamo come sono andate le cose, quale orrore ha compiuto Hitler.
    Ma i contemporanei che vedevano prima emergere Hitler e poi lo hanno visto al potere prima della seconda guerra mondiale, non avevano idea di quello che sarebbe accaduto.
    Se Hitler chiedeva con forza che tutti i tedeschi vivessero sotto un’unica nazione, ai tedeschi sembrava una cosa sensata. Addirittura il ministro degli esteri inglese, Lord Halifax, riteneva sensate le rivendicazioni di Hitler. Anche nelle cancellerie europee convenivano che le condizioni durissime imposte alla Germania alla fine della guerra mondiale erano state eccessive.
    Per una nazione orgogliosa e in profonda crisi, per le umiliazioni dovute dalla prima guerra mondiale, per l’iperinflazione, per politici poco competenti, l’apparire di un uomo forte come Hitler sembrò una manna dal cielo.
    Certo, c’erano segnali angoscianti su Hitler, tipo l’antisemistimo. Ma il problema è che l’antisemistismo non nasce con Hitler, ma già molti decenni prima, con altri intellettuali. Hitler non inventa, ma amplifica, fa sue le bufale sugli ebrei.

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    • Esatto, non ha fatto altro che recuperare quello che era nell’aria da decenni. Eppure il medico della sua famiglia era ebreo, e fece molto per salvare sua madre. Hitler glielo riconobbe: quando invase l’Austria tra i suoi ordini ci fu anche quello di non fargli alcun male.

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  4. Non esistono storie in cui il potere non sia al centro di tutto, a pensarci bene, se si intende il potere come accentramento di energie, e la sua mancanza come cessione o sottrazione delle stesse. Nel caso del nazismo credo che sia difficile mettersi nei panni di coloro che hanno vissuto quel periodo. Noi abbiamo una visione postuma molto chiara, ma forse tanta chiarezza era appannaggio di pochi allora. Con il senno di poi tante cose cambiano faccia.

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    • Forse “L’amico ritrovato” è la storia che più di altre aiuta a “capire”. Quando il nobile, amico del protagonista, accetta la violenza di Hitler perché è necessaria, è una fase di passaggio. Dopo, tutto sarà diverso e l’amico ebreo potrà persino tornare.

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  5. “Ma se volete cose profonde, iscrivetevi a un corso per sub…” 😀
    Sarà, ma a me questo post è sembrato ugualmente profondo.
    E come lettore sono comunque spesso incuriosita del perché e del per come l’autore scriva certe storie, e non altre. 😉

    Sui motivi per cui si abbracciano certi ideali, credo sia la convinzione di essere nel giusto, di essere tra coloro che ne beneficeranno, senza mai considerare di finire tra i calpestati, prima o poi. Si guarda al buono, e non ai resti nascosti sotto il tappeto.

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