All’autore indipendente serve un’officina


 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 20 giugno 2022.

 

 

 

Oggi parliamo addirittura di un’officina: per quale ragione?

Ti risponderò con una domanda: conosci l’Officina Georges Simenon? Probabilmente no; posso però già dirti che è stata un’officina molto particolare.
Andiamo a conoscerla.

L’officina Simenon

Simenon, di nome Georges. 

Belga. 

Conosciuto (io spero ardentemente che tu lo conosca, altrimenti: rimedia il prima possibile) come il creatore della formidabile figura del commissario Maigret. Giallista secondo una critica superficiale, e per questo snobbato dal fior fiore della cultura (non solo francese). Lo scrittore André Gide, Nobel della letteratura, lo stimava tantissimo. In realtà scrittore, e grande romanziere (tra i tantissimi libri non gialli e da recuperare il prima possibile: “La casa dei Krull”; “La camera azzurra”; “Lettera al mio giudice”). 

Parliamo di numeri? In questo modo inizieremo ad avvicinarci a questa formidabile Officina Simenon e a comprendere perché merita la tua attenzione.

Oltre 700 milioni di libri venduti nel Mondo.

Ben oltre 400 libri pubblicati (ma siccome molti sono stati mandati all’editore con diversi pseudonimi, il conto è destinato a crescere).

Due, tre, a volte persino 4 romanzi all’anno. Inizi a capire di chi stiamo parlando? Di quale incredibile macchina schiacciasassi è stato questo scrittore di Liegi, nato nel 1903? Perché quando ci si riferisce a lui, si parla di “Officina Simenon”? 

Può apparire fuori luogo parlare di questo fuoriclasse della letteratura del Novecento, anche perché lui ha scritto solo per case editrici; io invece sono un povero autore indipendente. Ma Simenon invece può esserci di enorme aiuto per capire che cosa deve fare una persona che decide di raccontare storie.
Avviciniamoci ancora di più all’Officina Simenon per capire meglio.

Il metodo di lavoro di Georges Simenon

Per ogni personaggio dei suoi romanzi, una scheda. Ma prima, Simenon inizia a prendere degli appunti, senza pensare all’incipit, alla trama o alla conclusione; per quello c’è sempre tempo. 

All’inizio, prima delle schede, c’è però un dettaglio che lo colpisce, un’immagine; lui trascrive tutto sul retro di una busta gialla. Prende nota dell’età del personaggio, dell’indirizzo, della città o della cittadina. Aggiunge altezza, peso, tutto quello che può essere utile alla storia. Sceglie nomi e cognomi consultando l’elenco telefonico, e decide in base al suono, oppure a una particolarità del nome. Deve essere qualcosa che non lascia indifferenti.

Spesso consulta le piantine delle città, gli orari delle ferrovie.
Per settimane lavora in questo modo, pare un accumulatore: di sensazioni, idee, altri dettagli. Poi, finalmente, si parte. Con un modo di lavorare che stupisce assai. Quale?

Chiuso in casa

Sono vietate tutte le visite, e il telefono viene staccato. Anche finestre e persiane sono chiuse, lui lavora solo con la luce artificiale. Moglie e figli in precedenza sono stati sottoposti a una visita medica perché niente deve disturbarlo quando si siederà alla scrivania a scrivere. Quando uno dei figli si ammalerà e sarà costretto a uscire dal suo isolamento, getterà il manoscritto nella spazzatura.

Inizia a scrivere alle sei e mezza di mattina. Un capitolo al giorno. Alle nove e mezza esce di casa e riprenderà la scrittura il giorno seguente.

Quando deve rivedere un testo ha una serie di regole molto semplici: via gli avverbi, gli aggettivi superflui, le parole letterarie (“come crepuscolo”), via anche le frasi che suonano troppo bene. Simenon si vantava di non usare mai più di duemila parole. Diceva: “Il mio stile è scialbo. Ho lavorato tanto per arrivarci”.

E ancora: “Non scrivo: Pioveva a dirotto. Scrivo: Maigret era fradicio”.

L’esempio Simenon: a che serve?

No, non sto dicendo che devi esattamente agire come Simenon; sarebbe folle. Saresti la sua caricatura, e questo non interessa a nessuno. Ma questo scrittore del Novecento aiuta a capire alla perfezione in quale modo devi affrontare il lavoro della scrittura. In modo determinato, serio, senza indulgenze. Al centro di tutta la tua vita ci deve essere solo lei: la scrittura. E nient’altro. 

Non è detto che devi per forza riuscire a scrivere un capitolo al giorno; ma devi scrivere ogni giorno. Una pagina, due pagine, tre pagine: sei tu che devi porre il limite, stabilire il traguardo. E rispettalo ogni giorno. Non derogare mai. Avrai molte ragioni per farlo; ma non dovrai. È un mestieraccio la scrittura, e prima te ne rendi conto, meglio è.

Non è obbligatorio abbassare tapparelle e chiudere finestre, o sigillarti in casa per un mese; ma scrivere è un lavoro e allora devi prenderlo seriamente.  

Staccare il telefono? Sì, quello sì. 

Stai lontano dalla Rete per tutto il tempo che dedicherai alla scrittura; un’ora, due o tre? Tocca a te decidere. Non puoi scrivere e aggiornare il tuo stato su Instagram 

(“Ciao amici!!!! Sto scrivendo il primo capitolo del mio nuovo romanzo!!!!”)

Credi che importi a qualcuno? Chi ti credi di essere: Stephen King?
O consultare lo stato dei tuoi amici ogni cinque minuti. Idem per il computer: isolalo dalla Rete. Anzi, disconnettilo dal Web. Nulla ti deve distrarre. Sii sempre concentrato sulla tua scrittura.
Ti peserà? Forse. Ma tutto ha un prezzo. Nessuno ti ha chiesto di scrivere delle storie. Lo hai deciso tu. Quello che forse non immaginavi è questo: c’è un prezzo da pagare. Sei disposto a pagarlo? Oppure per te la scrittura è solo un vezzo, una passioncella che ti è balzata addosso senza nemmeno capire perché e per quale ragione?

Un tratto comune

C’è un aspetto che unisce alcuni degli scrittori indipendenti italiani che hanno raggiunto importanti traguardi, e al quale io ho prestato attenzione solo di recente.
Ed è questo: hanno costruito la loro officina, e ci si sono chiusi dentro per lavorare duro alla creazione delle loro storie. Non c’è fortuna, o miracoli; né scorciatoie o trucchi: solo duro lavoro, vale a dire scrivere, scrivere, scrivere. 

Perché se vuoi ottenere qualcosa con la scrittura c’è solo un modo: rimboccarsi le maniche e lavorare come un pazzo. Per moltissimo tempo. Anzi: per anni. E sia chiaro: non ci sono mai certezze e se qualcuno afferma il contrario, probabilmente non sa di che cosa parla, oppure sta tentando di fregarti. Ma la parola quello pretende, e non fa sconti a nessuno.
Pubblicare è divenuto facile. È un bene, certo. Ma un sacco di queste persone crede che essendo facile, avrà risultati anche impegnandosi poco o nulla.  

Tu mi dirai: è una buona notizia che ci siano queste persone. Ben presto lasceranno la presa a quelli che hanno capito che cosa richiede per davvero essere un autore indipendente. Vero. E non possiamo nemmeno escludere che tra queste persone non ve ne siano alcune che, compreso l’impegno che richiede essere un autore indipendente, decideranno di fare sul serio. E si metteranno a studiare.

Lo scrittore statunitense Raymond Carver all’inizio della sua carriera scriveva in automobile, nella rimessa di casa, nel fine settimana. Lavorava negli altri giorni, e il sabato lo trascorreva lì. Aveva una moglie, due figli; perché non uscire con loro? Fare una passeggiata, magari. Forse la faceva, non dico di no. Ma di certo sacrificava del tempo (che avrebbe potuto dedicare ai figli, alla moglie), per scrivere dei racconti. È andata bene, certo; ma all’inizio (tienilo bene a mente), nessuno può sapere come andrà a finire l’avventura della scrittura. Se scrivi, se sei bravo, non c’è scritto da nessuna parte che sarai premiato.

Stephen King afferma che se desideri scrivere, una delle prime mosse (vincenti), è liberarsi della televisione. Ha ragione. Per un autore indipendente la scrittura non è un altro tassello da inserire nel più o meno vasto mosaico di cose da fare ogni giorno. Rappresenta IL tassello. Tutto quello che non va nella direzione della scrittura deve essere compresso drasticamente; oppure eliminato. Questo dimostra se fai sul serio; oppure no.

Un piccolo esempio personale.

Molti anni fa

Molti anni fa io ero operaio. Dopo lunghe riflessioni mi sono licenziato e sono diventato uno dei tanti partita IVA che ci sono in Italia. Una delle prime mosse che ho applicato è stato l’addio a World of Warcraft, uno dei giochi online più celebri al mondo. La ragione? 

Iniziavo una nuova vita lavorativa e dovevo concentrarmi solo su di essa. Non potevo permettermi distrazioni di alcun genere. Nel corso del tempo mi è capitato abbastanza spesso di incontrare altri lavoratori della Rete come il sottoscritto. Spesso si lamentavano perché guadagnavano poco, e lavoravano tanto. Ma buona parte di costoro (non tutti, è bene precisarlo), avevano in comune questo dettaglio: che per rilassarsi, giocavano al computer. 

Che problema c’è, ti starai chiedendo. 

Semplice: se lavori al computer per delle ore, dopo per rilassarti NON giochi al computer. Ti alzi, ed esci. Cammini. Passeggi. Vai al ristorante, al cinema, al teatro, in un bosco. 

Se dopo ore di “lavoro” giochi al computer è perché non hai combinato nulla, nelle ore precedenti. Questa è la verità. La vita di un partita IVA che è Web content writer (come il sottoscritto), è fatta anche di aggiornamento. Di lettura di testi. Di consultazione di studi, di siti Web e di blog. E poi di lavoro: anche di domenica. Non ci vuole molto a capire che dopo un tale impegno, si desidera solo alzarsi e uscire per vedere un po’ di gente; rilassarsi senza avere davanti agli occhi lo schermo del computer.

Naturalmente continuo a non giocare a World of Warcraft.

Un prezzo da pagare

Non affermo che occorra adottare uno stile di vita da asceta, lontano da tutti. Questo no. Ma la parola richiede tempo. Pretende tanto. Non è proprio possibile avvicinarsi a essa, abbracciarla, senza comprendere che essa impone prima di tutto una nuova gerarchia di valori. Prima lo capisci, meglio è. Ricorda: c’è un prezzo da pagare, e se fai sul serio capirai ben presto che è così.

Soprattutto: è una passione, la scrittura, che ti spinge a scrivere anche se hai tre recensioni sul tuo ultimo libro. E hai venduto nove copie. E questo durerà finché… Arriverà il successo? Niente del genere. 

Spesso il successo non arriverà mai, garantito. Ma durerà fino al momento in cui capirai di aver scritto tutte le storie che avevi, al meglio delle tue possibilità. E allora probabilmente dirai: basta. E saluterai per sempre i tuoi ventidue lettori.

21 commenti

  1. Non conoscevo lìOfficina Simenon, ma sapevo che consultava gli elenchi telefonici per i nomi dei personaggi.
    Oggi quello che faceva lui non è possibile farlo, almeno in Italia.
    Sulla dedizione, invece, e sull’allontanarsi dalla rete e dalla TV per scrivere concordo in pieno.

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  2. Io purtroppo proprio il sabato e la domenica non riesco a scrivere molto perché passo tutta la settimana seduto e il sabato e la domenica vado a fare lunghe passeggiate che, ti dirò, mi hanno risolto anche dei problemi narrativi, come trovare la scena finale perfetto per una storia o raccogliere diversi spunti per la storia in corso o una nuova. Per scrivere bisogna scrivere. Staccare le connessioni dalla rete il giusto che serve. A volte ti viene il dubbio sul significato preciso di un termine e allora consulti un dizionario in linea, ma è verissimo che a nessuno interessa se stai scrivendo un nuovo libro o se lo hai finito. Io sono 2 anni e mezzo che sto scrivendo sto romanzo. Non ce la faccio più. Nel frattempo a volte divago scrivendo qualche paragrafo di una nuova storia. Chissà che fine farò. Smettere di fare ogni cosa o continuare.

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      • Non credo. Si può smettere anche prima. Diciamo che di cose da dire ne possono sempre uscire. Il problema è se quelle cose possono interessare altri, quanto sono complicate da tradurre in un testo pubblicabile e se uno vuole ancora perdere tempo. Per esempio, del mio ultimo romanzo su Amazon ho venduto 2 copie. E considera che una copia l’ho presa io. In base a questa considerazione dovrei aver raggiunto la saturazione e, anche se ho tante cose da dire, ci penso bene 10 volte prima di pensare a scrivere per pubblicare e non so se pubblicherò davvero altro. Avrei in ballo 2-3 cose, ma magari potrei anche non avercele più.

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  3. “Inizia a scrivere alle sei e mezza di mattina. Un capitolo al giorno. Alle nove e mezza esce di casa e riprenderà la scrittura il giorno seguente.”
    Uhm, aspetta. Ma dalle 6.30 alle 9.30 o dalle 6.30 alle 21.30? 😀
    Sapevo quella che faceva visitare tutta la famiglia, prima di “ritirarsi” a scrivere un romanzo, quello sì (e forse l’avevo già letto qui da te! 😉 )

    Sono d’accordo con te su un bel po’ di punti: “scrivere è un lavoro e allora devi prenderlo seriamente”; “c’è un prezzo da pagare” in termini di tempo e impegno; “se lavori al computer per delle ore, dopo per rilassarti NON giochi al computer” (beh, io lavoro al computer e dopo scrivo al computer, ma siccome scrivere è lavoro, io lavoro doppio… 😛 ). Sono anche d’accordo con: “Tutto quello che non va nella direzione della scrittura deve essere compresso drasticamente; oppure eliminato.” ma nel mio caso la televisione fa parte della scrittura e intendo “vedere” le storie (o meglio: come sono organizzate le trame) per me è parte della scrittura. Ma in televisione guardo solo storie. Niente reality, niente politica, niente talk show inutili, giusto il telegiornale per sapere quanto mi costerò la benzina domani (ed evitarmi l’infarto davanti alla pompa, ecco).

    Siccome anch’io ho appena cambiato lavoro e sto imparando tante cose nuove, sono ancora meno per le distrazioni. Però l’officina non l’ho ancora sistemata. Diciamo che per ora c’è il garage pieno di cianfrusaglie… 😀

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  4. Non faccio parte della schiera, credo non tanto nutrita, di chi si dedica in modo assoluto alla scrittura. Non perché io non lavori come una folle a ciò che scrivo – lo faccio! – ma per la ricchezza che mi offrono i miei interessi. Per quanto intenso possa essere il mio impegno con la scrittura, la mia vita non finisce lì. Credo comunque che possa dare buoni risultati anche un tipo di impegno più equilibrato. Sono sempre tanti i fattori in gioco. Lavorare duro, comunque, è un requisito di base se vuoi scrivere.

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  5. per scrivere serve concentrazione, approfondimenti e tanto altro. Non gioco al computer – sono negato – ma mi piace leggere. Così o scrivo o leggo.
    Per la TV non la seguo ma ho mille altre distrazioni..
    O.T. sono felice perché Ray Bradbury in un suo racconto afferma di non sopportare Tolstoj perché non lo ama.

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  6. Non avevo idea di quanto fosse inflessibile Simenon, caspita. Beh io gioco ai videogiochi e guardo un sacco di serie tv. Insomma, dovrò pur svagarmi in qualche modo 😛 Ma a parte questo cerco di prendere la scrittura seriamente. Recentemente sono un po’ un disastro perché mi faccio distrarre in continuazione. A volte non basta avere uno spazio isolato dove dedicarsi alla scrittura in full immersion, perché se non c’è la testa ti fai distrarre comunque da ogni scemenza. Spero tornino tempi migliori.

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