di Marco Freccero. Pubblicato il 24 ottobre 2022.
Il 17 ottobre del 1921 nasceva nelle isole Orcadi il poeta e scrittore George Mackay Brown. Me lo ero segnato, quindi questo articolo doveva uscire la settimana scorsa. E invece me ne sono sì ricordato, ma un po’ troppo tardi. Rimedio solo ora.
Questo scrittore è morto nel 1996.
Il mondo delle isole Orcadi
Il mio romanzo autopubblicato “Stella Nera” deve il titolo a un suo libro “Un’estate a Greenvoe”, dove a un certo punto appare un emissario di un progetto governativo segretissimo che stravolge l’isola, scacciando abitanti e radendo al suolo le abitazioni. Poi, il progetto si bloccherà e macchinari e operai abbandoneranno quella terra ormai desolata. Ma ecco che forse non tutto è perduto…
Come già scritto in altri articoli dedicati a questo scrittore orcadiano, ormai in Italia le sue opere sono introvabili, quindi se qualcuno desidera avvicinarsi alla scrittura di questo autore che io adoro: o si arma di pazienza e gira per i mercatini di libri usati; oppure acquista qualche suo libro in inglese (“Greenvoe” per esempio). Non ha avuto molto successo nel nostro Paese purtroppo, mentre nelle Orcadi e in Scozia soprattutto, è apprezzato moltissimo; soprattutto come poeta, ma non solo.
La madre di George Mackay Brown, Mhairi Sheena Mackay, era del nord della Scozia e parlava gaelico. Emigrò nelle isole Orcadi, a nord della Scozia, e andò a lavorare nell’albergo di Stromness, la città che poi il figlio non lasciò praticamente mai. Lo stesso albergo dove anni dopo suo figlio incontrerà il poeta Edwin Muir con la consorte Willa, e che lo aiuterà a pubblicare le sue prime poesie (e non solo quello). Nella capitale Kirkwall c’è anche l’imponente chiesa dedicata a San Magnus, di pietra rossa, a dimostrazione della ricchezza e potenza di quei luoghi che adesso noi nemmeno consideriamo.

Eppure i signori delle Orcadi dominarono anche una fetta di Irlanda, prima di essere spazzati via dagli scozzesi (che subirono una sorte analoga da parte degli inglesi. Ecco perché l’indipendenza in quei luoghi è un argomento che piace). E comunque è bene ricordare che le Orcadi furono norvegesi per secoli: il re di Norvegia era il sovrano di quelle isole e buona parte dei nomi dei luoghi orcadiani deriva dall’antico norvegese. L’ultimo abitante che parlava l’antica lingua delle Orcadi, che NON era certo l’inglese, morì, se non ricordo male, nella prima metà dell’Ottocento.
All’interno della chiesa dedicata a San Magnus sono presenti alcune targhe dedicate agli illustri figli delle Orcadi. Una è dedicata a Edwin Muir, l’altra a George Mackay Brown. I funerali di George vennero eccezionalmente celebrati lì da un prete cattolico, essendosi convertito alla Chiesa di Roma negli anni Sessanta.
Il padre di George, John Brown, fece il postino (gli dedicò anche una poesia), ma pure il sarto. Doveva essere un uomo parecchio esuberante perché durante la funzione domenicale nella chiesa scozzese (credo fosse riformata), volentieri posava il piede sulla seduta e cantava con grande trasporto. Facendo vergognare George.

Nelle Orcadi la vendita di birra era regolata da leggi severi (dovute all’influsso dall’arcigna chiesa scozzese, probabilmente). Ma le scappatoie c’erano eccome. Per esempio nel fine settimana era sufficiente recarsi in un villaggio vicino, e poi bussare alla porta di un pub. Se si dimostrava di essere in viaggio (tecnicamente si era eccome in viaggio), l’oste era obbligato a servire birra. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nelle Orcadi ci fu un referendum che permise il consumo regolare di birra, senza restrizioni. George ne parla come una rivelazione. Da allora la birra divenne una sua compagna piuttosto assidua. Quando pubblicò la sua prima opera in prosa (se non ricordo male. O forse la sua prima raccolta di poesie?) sua madre commentò che parlava di “gente che beveva”.
Non era forse il massimo come incitamento a continuare, ma lei più di una volta aveva visto il figlio recapitato a casa in compagnia di amici perché non più in grado di reggersi in piedi. Solo negli anni Novanta smetterà completamente di bere birra, con l’arrivo di gravi problemi di salute. No, la conversione al cattolicesimo non gli fece cambiare certe abitudini.
George Mackay Brown viaggiò molto poco. Una volta in Irlanda, in Scozia per l’università (dove Edwin Muir era preside). Poi le Shetland e una volta Londra. Ha sempre vissuto nelle Orcadi, a Stromness, sviluppando una forte avversione per la modernità. Lui ricordava ancora l’arrivo nelle sue isole della radio: un evento epocale, con in seguito la scoperta delle radiocronache sportive delle partite di calcio. Il suo sogno, da ragazzo, era di diventare giornalista sportivo.

Le Orcadi, un mondo da salvare
Soprattutto vedeva nitidamente la cultura delle Orcadi stritolata da un mondo che considerava i pescatori, i contadini, solo reperti di cui liberarsi in fretta, e la cultura di cui erano essi testimoni e titolari roba vecchia di cui disfarsi. Se George Mackay Brown è stato così “ossessionato” dalle Orcadi non era soltanto, io credo, per il passato glorioso che avevano avuto. E nemmeno per la sua timidezza, la sua sostanziale incapacità di stare in questo mondo; al di fuori delle Orcadi si sentiva (era) fuori posto. Come quella volta che fece il viaggio in treno di notte, lamentandosi delle continue luci nelle stazioni che il convoglio attraversava. Non si era reso conto che era sufficiente abbassare le tendine per restare al buio.

Esatto, la modernità. Quella era il suo nemico. Certo, in fondo era stata la modernità a permettergli di frequentare il Newbattle Abbey College, o di conoscere il compositore Peter Maxwell Davies che acquistò casa nell’isola Hoy, (Orcadi), accanto alla spiaggia di Rackwick. Ma quello che lui scorgeva era lo sradicamento della sua gente dalla propria cultura, dalla propria terra. Per che cosa? Per qualcosa di meglio? E questo meglio, cos’era esattamente?

Sia chiaro: non c’è mai stata alcuna bucolica rappresentazione delle Orcadi. Il venditore indiano che nel romanzo “Un’estate a Greenvoe” gira casa per casa per vendere tessuti e abiti, non è visto di buon occhio. Il ragazzo con problemi psichici viene preso di mira e deriso dai compagni. Non c’è una modernità cattiva, e un mondo delle Orcadi prima della modernità perfetto. Niente del genere.

Se nelle Orcadi c’è un festival, ogni anno, dedicato a San Magnus, dove partecipano artisti da mezzo mondo, è (anche) grazie alla modernità. E a George Mackay Brown che lavorò per renderlo un appuntamento fisso che facesse uscire le sue amate isole da un isolamento che ben presto le avrebbe strangolate. Non per divenire un luogo “alla moda”, una specie di Montecarlo del nord. Bensì per presentare agli altri proprio quella cultura e quel modo di vivere la giornata, la vita, che sentiva non solo profondamente suo. Ma che considerava un ingrediente fondamentale per garantire al mondo “là fuori”, lanciato nella modernità, un passo differente.
Di George Mackay Brown ho letto Greenvoe e Beside the Ocean of Time, e in qualche modo mi ci sono affezionata. E’ un peccato che non sapessi della sua esistenza quando sono stata alle Orcadi, una quindicina di anni fa. Non resta che tornarci. 😉
"Mi piace""Mi piace"
Sei stata alle Orcadi? Allora devi tornarci! 😉
"Mi piace""Mi piace"
Uno scrittore che ami senza dubbio leggendo il tuo articolo.
"Mi piace""Mi piace"
Sì, moltissimo.
"Mi piace"Piace a 1 persona
trasuda da ogni parola.
"Mi piace""Mi piace"
Addirittura!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Giusto ieri, nel libro in inglese che sto leggendo (per studio della lingua) c’era un pezzo sulle Orkney solitarie, lassù lassù a nord. Contestate tra vichinghi-norvegesi e scozzesi, poi rimaste alla Scozia. Non ho ancora letto nulla di George Mackay Brown, ma posso capire i suoi sentimenti. Anche adesso in Scozia c’è chi, per fortuna, considera il turismo responsabile, per evitare che troppa civiltà rovini quei luoghi e quelle culture. Che già hanno fatto danno le giubbe rosse… 😉
"Mi piace""Mi piace"
Se vuoi leggere qualcosa di George Mackay Brown devi per forza acquistare i suoi libri in inglese. In italiano credo che non si trovi più nulla.
"Mi piace""Mi piace"