A che pro ho scritto il romanzo “Stella Nera”?


 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 6 febbraio 2023.

 

 

 

 

Probabilmente non ha molto senso parlare di quello che è alle spalle; vale a dire di “Stella Nera” che il 5 dicembre del 2022 ha visto la pubblicazione del terzo libro, quello conclusivo. 

Forse dovrei iniziare ad accennare alla nuova storia che sto elaborando, che arriverà verso la fine del 2024; ma preferisco (ancora una volta) guardare indietro.

Lo so che sbaglio, ma siccome sbaglio spesso, mi ci affeziono davvero un sacco ai miei errori. Mi spiace lasciarli soli. Poi mettono su certi musi lunghi… E non ti parlano più. Quindi, torno a sbagliare. Sapeste le feste che mi fanno!

Quindi: a che pro?

Per esempio.

Credo che sia un’ottima idea chiedersi a che pro. A che pro raccontare storie, scrivere racconti e romanzi, dovrebbe essere una questione da porsi. In fondo chi racconta storie non procede a casaccio (almeno questa è la speranza), ma persegue uno scopo, un fine; e non è detto che siano le vendite e il successo. Perché anche se tutti lo speriamo, sappiamo perfettamente che nella maggior parte dei casi riuscire “soltanto” a procedere con la propria scrittura attraverso gli anni, e basta; è spesso il solo successo che si riesce ad agguantare. La letteratura è zeppa di autori di calibro che non sono riusciti a vendere molto in vita. (Questo potrebbe far pensare, a chi legge, che il sottoscritto presume di essere uno di quei nomi che merita di più poiché mi paragono per esempio a Hermann Melville. Ma chi racconta storie è sempre dominato da un ego mostruoso quindi: sì, la presunzione è corretta). 

Peccato che questa riflessione sul “a che pro” si faccia di rado, e giustamente di rado. Dubito fortemente che un autore affermato come Stephen King o Cormac McCarthy si siano mai posti questa domanda prima; prima di scrivere una storia, o la prima storia. Semmai se la saranno fatta parecchio dopo, arrivando a fare spallucce o a dare risposte interessanti o per nulla interessanti.

Pure io non mi sono mai domandato a che pro scrivere una trilogia come “Stella Nera”. L’ho scritta. 

Tuttavia se si può tranquillamente scantonare a questa domanda, tutt’altro che scomoda, alla lunga essa in una forma o in un’altra, si fa avanti. Per una ragione piuttosto banale: comunque raccontare storie richiede impegno, dedizione. Si può accettare che la storia abbia scarsi riscontri, quello che probabilmente appare inaccettabile è la scarsa coerenza del proprio cammino. Se poi del proprio cammino non importa un fico secco a nessuno questo rappresenta un problema del tutto marginale per chi racconta storie. 

Un cono di luce

Naturalmente quando qualche riga fa ho scritto che non mi sono mai chiesto a che pro scrivere “Stella Nera”, mentivo spudoratamente. L’ho fatto per darmi un tono, per tracciare una certa distanza tra me e voi che leggete. (Parliamoci chiaro. Chi racconta storie non è come tutti gli altri. E anche se non vende nemmeno 73 copie, lui coltiva con cura la sua differenza).

Di solito si scrive una certa storia per strapparla all’anonimato. Ma questo non è sufficiente, perché in fondo il giornalismo fa qualcosa del genere (o dovrebbe farla). Certo, ha influito anche la volontà di gettare un cono di luce su un’esperienza (il servizio civile alternativo al militare) che non ha mai goduto di grande attenzione. (Non che le cose con “Stella Nera” siano cambiate…).

La mia patria è la parola

C’è dell’altro?

Ma certo, si capisce. Chi racconta storie ha eccome la sua visione del mondo (un concetto che, su questo blog, mi pare torni di frequente), e usa la storia per proporla. La speranza per il povero lettore è che chi scrive non si faccia “travolgere” appunto dalla sua visione. E non è facilissimo resistere.

Scrivere storie vuol dire anche tenere a bada soluzioni, idee, fanatismi, e rifare quindi i conti con tutta una serie di propositi magari vecchi, ma che mantengono una forte vitalità nonostante il tempo. In fondo io scrivo solo perché mi sono reso conto che per non tradire (troppo) certi ideali dovevo scrivere, perché non sarei mai riuscito a fare altrimenti. È l’unico mestiere che mi appassiona sempre, che mi piace, in cui mi sento al mio posto, a mio agio. Fuori dalla scrittura mi sento e mi sentirò sempre uno straniero, un tipo strano, un emarginato. La mia patria non è l’Italia, ma la parola.

Forse si continua testardamente a scrivere storie non perché prima o poi il successo inciamperà in noi. Ma esattamente per quel motivo lì: ci si sente a casa. 

A un certo punto, molti anni fa, mi guardai attorno e vidi con chiarezza adamantina (come adoro riesumare certi termini!), che non avrei mai trovato nella vita quotidiana quello che la maggior parte di voi ci trova. Per dire: ho avuto anche la possibilità di fare carriera, sul serio. Di diventare come tutti (voi). Dove? Credo di averlo già spiegato in passato: nella Grande Distribuzione Organizzata. Io ho scientemente gettato alle ortiche questa possibilità, perché la consideravo nient’altro che un cappio, un cappio che si sarebbe stretto sempre di più attorno al collo. Dovevo difendere con le unghie e coi denti i miei ideali. 

La vita è fatta prima di tutto di responsabilità, da cui discendono delle scelte. 

Questo comporta, inutile a dirsi, una serie di spiacevoli conseguenze. Però non agitatevi: vi risparmierò l’elenco perché in fondo sono un tipo magnanimo. E anche se su di esse potrei creare una certa fortuna, preferisco lasciar perdere e non angustiarvi. 

I prossimi anni

Lasciamo da parte queste riflessioni, e guardiamo avanti. 

Ho 3 idee per 3 romanzi: di uno ho l’incipit (ma magari lo butterò, oppure non sarà l’incipit); sull’altro sto lavorando. Sul terzo non ho nemmeno l’incipit. 

Attenzione: non sto affermando che lavoro su 3 romanzi (per chi mi avete preso?). Dico solo che ho desiderio di scrivere queste tre storie che mi prenderanno un mucchio di tempo. Verso la fine del 2024 dovreste vedere la pubblicazione del primo di essi, gli altri seguiranno. Ma con quale scadenza non ne ho la più pallida idea. Se pensavate di liberarvi di me con facilità: ebbene non sarà facile.

12 commenti

  1. anch’io ho molte idee (3 e più), ma al momento sto ferma perchè scrivere il mio primo romanzo mi ha portato all’esaurimento. Non tanto per la scrittura in sè, quanto per la mancata pubblicazione c/o le CE tradizionali e la mancata vittoria a un concorso a cui tenevo tanto.
    Dal 1° marzo il mio romanzo uscirà su Amazon, vediamo come andrà.
    Ora davvero mi sento bloccata, oltre che depressa.

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  2. Sull’argomento rifletto spesso perché, come giustamente dici, è difficile schivarlo quando l’impegno è grande e i risultati sono scarsi, intendendo come “risultati” non necessariamente il denaro e il successo, almeno non direttamente. Per me, anche sapere che tante persone sono state bene leggendo le mie storie, o ne sono state aiutate in qualche modo, sarebbe un grande risultato; ma c’è quel “tante” a disturbare il quadro, e implicare grandi vendite che sono assai ardue da raggiungere. Mi è difficile non domandarmi se scrivendo cambio di almeno una pagliuzza il corso del mondo. Sogni di gloria, esatto, o anche illusioni, se si vuole. Ma li ho, questi sogni; stanno lì, non se ne vanno. Ormai mi ci sono abituata e ho smesso di combatterli con la ragione. C’è un significato diverso per ognuno di noi. Finché lo troviamo, via che si va. 🙂

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