Questa è la letteratura: zero pianificazione


 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 6 marzo 2023.

 

 

 

 

Non ho intenzione imbarcarmi in una di quelle banali riflessioni sul blog e sulla sua efficacia nel 2023, o sul suo futuro, che di solito trovano ampio spazio in Rete all’inizio dell’anno.

Anche perché l’anno è già iniziato da un bel po’, giusto?

Come tornai su Twitter…

Comunque, ho potuto constatare personalmente quanto le reti sociali siano “bizzarre”, e lunatiche. In che senso?

A dicembre ho deciso di tornare su Twitter. Ho aperto quindi l’account, e ho creato qualche articolo dedicato all’autopubblicazione (e a cos’altro?). Senza condividere alcun contenuto, di nessun genere.
Nulla.

Per esserne bloccato

Il risultato? Account bloccato. In modo permanente. Avrei infranto le regole della rete sociale (quali? A parte una pagina generica che dovrebbe “spiegare”, non c’è nulla e non ci sarà mai nulla. Puoi fare “ricorso”? Ma certo; il risultato è l’account bloccato in modo permanente).

Pazienza, si dirà. Tanto avevo solo 4 post. Visto come stanno le cose, uno pensa che sia meglio chiudere definitivamente l’account. Peccato che essendo bloccato non puoi farlo.

Come scritto prima, non è stata una grande perdita. Non mi seguiva nessuno, non mi seguirà mai nessuno. Resterò nel limbo di Twitter finché la piattaforma non si eclisserà. Spero presto, anche se non sono ottimista.

Ma questo è un problema?

D’accordo, avere un blog come questo aiuta perché in questo modo i miei pochi lettori, sempre meno tra l’altro, hanno notizia di quel che accade. Benché si tratti di un genere di notizia che, con una certa energia, induce allo sbadiglio.

Per l’ennesimo volta occorre ricordare e ricordarsi quanto in realtà, la tanto sbandierata libertà della Rete sia il più delle volte una concessione di aziende che prima di tutto badano ai loro affari. Se qualcosa li minaccia (ma in base a quali criteri, esattamente? Ah, saperlo!), ti fanno sloggiare. Chissà che alla lunga la gente non inizia a riflettere, e a capire che c’è una sola “arena democratica”, e non è affatto la Rete.

Semmai il Parlamento. Magari sgangherato, molto imperfetto. Ma se dovessi indicare a quale delle due realtà prestare la mia fiducia, non avrei alcun dubbio: il Parlamento italiano. E tenetevi la Rete.

Abbandonerò quindi la Rete? Ma nemmeno per sogno!

Per un autore indipendente, e credo di averlo già scritto innumerevoli volte, riuscire a ritagliarsi una fetta di pubblico è una faticaccia immane. Se poi costui è una testa di legno che scrive quello che vuole senza mai badare a quello che il mercato cerca e desidera (siamo davvero sicuri che il “libero” mercato sia davvero degno di considerazione?) è già tanto se qualcuno, di tanto in tanto, gli acquista qualcosa.

Un elemento che spesso sfugge è il seguente (credo). 

È vero che il 95% di ciò che si autopubblica è spazzatura. Ma quel 5% non è niente male. E soprattutto NON è poco. Chi legge ha meno pregiudizi di chi dirige le case editrici e ogni mese declama quanto sia bello leggere perché ti libera dai pregiudizi, per poi sparare a palle incatenate contro questa massa di bifolchi che si permette di scrivere (e fin qui…) e pure di pubblicare. Senza l’avvallo delle istituzioni preposte! 

Probabilmente per costoro l’Inquisizione è stata congedata troppo in fretta…

A volte ho l’impressione (ma di certo si tratta di un vaneggiamento mio), che lo scopo principale ma non unico delle reti sociali, è quello di rendere la letteratura qualcosa di simpatico e innocuo. Di cui si possa godere senza però esagerare. Certo, può (per alcuni “deve”) abbracciare le giuste cause (quelle che di volta in volta il libero mercato decide siano meritevoli di battaglie). Nulla di nuovo, sia chiaro. Anche ai tempi degli antichi Romani la letteratura spesso e volentieri andava a braccetto col potere, e spesso il risultato erano dei capolavori. 

Non scordiamoci che l’Eneide è stata un’opera di pura propaganda. 

Insomma: le reti sociali guardano a dove tira il vento e si adeguano (ciò che le muove è il denaro, non scordiamocelo). Quindi hanno un occhio di riguardo per tutto quello che le aiuta (o non le ostacola) in questo nobile obiettivo.

Non voglio certo affermare che il sottoscritto sia un pericolo e che per questo sia stato bandito da Twitter, e che le poche persone che mi seguono siano il risultato di una precisa strategia tesa a relegarmi in un angolo. Nulla del genere. 

Di certo la Rete pullula di giornate che io definisco “patriottiche”; praticamente ogni giorno c’è una buona causa da sposare, una bandierina da sventolare. Io percorro la mia strada e se lì ci trovo poche persone, non è un problema che la notte mi impedisca di dormire.

Per esempio.

Un modesto esempio

Al momento il mio nuovo romanzo, che dovrebbe uscire verso la fine del 2024, sempre rigorosamente da autore indipendente, non lo potrei spiegare a una persona che mi dicesse “E ora che cosa scrivi?”. 

Per riuscirci, per capire che cosa diavolo sto scrivendo e poi riassumere il tutto magari in una o due righe al massino, in una sinossi insomma: devo scriverlo. Il che fa inorridire un sacco di guru dell’autopubblicazione che affermano: “Occorre avere le idee chiare”.

Per me non è un problema poiché alla fine saprò esattamente che cosa volevo dire, ma solo perché lo avrò detto (cioè scritto). Sino ad allora…

Quindi capite bene, o voi che (forse) leggete ancora queste righe, che io e gli algoritmi siamo destinati a guardarci in cagnesco praticamente per sempre. “Essi” vogliono qualcosa di chiaro e comprensibile, da masticare e digeribile.

Io non so che cosa sto facendo. Ma è sempre stato così. Questa è la letteratura: zero pianificazione. 

Lo so: Georges Simenon pianificava tutto ed era un grande scrittore. Tutto corretto. Probabilmente lui ci nuoterebbe alla grande su Instagram e altrove. Pure il buon Dostoevskij credo che avrebbe un blog parecchio seguito, e un sacco di denunce perché adorava la polemica.

Ma nulla mi toglie dalla testa che la letteratura negli anni a venire, nei decenni prossimi, si troverà soprattutto ben lontana dalle case editrici; e nelle nicchie più nicchie delle reti sociali, snobbata dal grande pubblico e dai professoroni.

Io se fossi in te tirerei un sospiro di sollievo. Perché anche se non te ne importerà un fico secco; anche se nemmeno te ne renderai conto: sarà grazie a questi scarti che potrai continuare a respirare un po’ di aria pura.

11 commenti

  1. Propendo piuttosto per l’ipotesi che l’editoria non accetti nemmeno il minimo rischio di flop con l’autore non (ancora?) affermato, ma magari una certa dose di manipolazione ci può stare. Certo è che la pubblicazione indipendente offre al mondo dei lettori un paesaggio più ampio e libero. Non è mica poco.

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  2. Mi perdonerai ma l’incipit dell’articolo mi ha fatto sorridere. Tu che torni dopo molte riflessioni a Twitter e Twitter che ti scarta, bloccandoti! Sembra una di quelle storie d’amore da collana Harmony 🙂
    Sopravviverai, io ci sono ma pubblico giusto i miei post, proprio l’esatto contrario di quello che dovrei fare. Ma visto che non ho voglia né tempo e nemmeno le qualità per diventare una influencer, anche sgalfia, facendo video su Instagram e pubblicando dettagli della mia vita scrittoria, che langue da un po’, mi accontento di chi mi legge sul blog e di quei pochi che comprano i miei libri. E sono felice così. Sembra che anche tu non stia male … 🙂

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