L’autore indipendente e l’Intelligenza artificiale


 

 

 

di Marco Freccero. Pubblicato il 20 marzo 2023.

 

 

 

Potevo risparmiarmi un articoletto sull’Intelligenza artificiale, la scrittura, e l’autore indipendente?

Sì, potevo.

Ma visto che è l’argomento del 2023 (se non altro pare aver liquidato quello che ogni anno recita: “Il blog è morto”), e che non posso sempre scrivere di argomenti che pochi apprezzano, ho infine rotto gli indugi.

C’è un sacco di interesse e apprensione per quanto sta accadendo, vero? Ma perché chiamarla “intelligenza artificiale”, dico io?

Contenuti? Sì, ma grezzi

Di questo parlerò più avanti, forse.

D’un tratto il dibattito non è più su editori o Amazon, ma su tutta una serie di “strumenti” capaci di sfornare “contenuti” chiavi in mano. Questo è possibile perché a questi strumenti vengono forniti enormi quantità di dati che assimilano, digeriscono… E poi ri-consegnano all’utente. Ma si tratta in massima parte di testi “grezzi” sui quali si deve in seguito eseguire un lavoro (anche severo) di rifinitura o addirittura riscrittura. Al momento (ma nei prossimi anni la faccenda potrebbe essere ben diversa, perché tutto evolve), i limiti che mostrano questi strumenti sembrano piuttosto evidenti, e in certi settori molto di nicchia, su alcuni argomenti molto particolari, l’Intelligenza artificiale è in difficoltà. Ma come ho scritto prima, è solo questione di tempo. Nel giro di qualche anno ottenere un testo autorevole sulla lingua degli antichi Sumeri sarà possibile. 

Con un potenziale rischio che sta emergendo in queste settimane.

Problemi di copyright

Vale a dire: e se in quella enorme quantità di dati che l’intelligenza artificiale ingurgita ci sono dei contenuti coperti da copyright? La faccenda è tutt’altro che secondaria, perché negli Stati Uniti già sono scattate le prime cause. Non invidio quei giudici che dovranno dirimere la faccenda, e molti affermano che ci vorranno anni prima di riuscire a farlo. E la sentenza, o le sentenze, potrebbero arrivare in un panorama che nel frattempo è stato stravolto dalle Intelligenze artificiali. Insomma: potrebbe essere una sentenza del tutto inutile, una vittoria di Pirro. Qui (o meglio: lì nella Silicon Valley) hanno una fretta indiavolata, vogliono monetizzare, guadagnarci, e procederanno a tutto vapore in modo da arrivare così lontano che se anche il verdetto sarà di condanna, non sarà possibile tornare indietro. 

La giusta domanda

Essendo una persona molto semplice, credo che l’intelligenza sia tale solo se capace di instaurare e intrattenere relazioni con gli altri. Fine. 

Al di fuori di questo non c’è intelligenza ma scimmiottare. Che poi col passare del tempo sia possibile perfezionarla, rendere la scimmia più abile, è evidente anche ai sassi.

Per un autore indipendente è un problema? Una “macchina” che espelle contenuti (grezzi per ora) riuscirà a scalzare chi racconta storie?

Credo che la domanda da porsi sia un’altra. 

Come detto in precedenza, i limiti di questi strumenti saranno superati in un tempo abbastanza breve. Questa marcia del progresso potrebbe (o dovrebbe) spingerci a chiedere che cos’è un essere umano e che cosa lo distingua da una macchina. Ammesso che l’essere umano desideri ancora essere tale, e non voglia assimilarsi alla macchina perché la sua umanità crea alla lunga un po’ troppi problemi.

Probabilmente qualche autore (anche famoso), si divertirà a usare questi strumenti tra qualche anno (quando si saranno perfezionati) per scrivere certe parti delle sue storie. Oppure per elaborare nuove idee per la scrittura (la vena si inaridisce ed è dura rassegnarsi all’idea che non hai più storie da scrivere), e troverà un sacco di comprensione.

Per come la vedo io la letteratura sarà chiamata sempre di più (non tutta la letteratura. Qualcosa di nicchia, piuttosto ristretto), a mostrare chi è l’essere umano. Qualcuno potrebbe osservare che in fondo lo fa da sempre, ed è di certo così. O forse dovrei scrivere che “era” così.

Il fascino che le macchine e la tecnologia riscuotono sempre di più sta anche a indicare una certa insofferenza per quello che siamo, e un desiderio di essere “altro”. Non importa esattamente cosa, purché si sia questo “altro”. Soprattutto che questo altro sia qualcosa di definibile, facile, privo di profondità, di complessità, perché da lì vengono un sacco di guai (compresi certi mal di testa davvero epici).

Breaking News: Zio Paperone è una brutta persona (e pure Eschilo…)

In buona parte delle Università statunitensi i classici greci sono stati eliminati perché bianchi e razzisti. Disney di recente ha ritirato dalla vendita una storia di Zio Paperone perché razzista. Un discreto numero di libri sono stati ritirati dalle biblioteche pubbliche degli Stati Uniti perché divisivi, ma state tranquilli. Questo è solo l’inizio.

Coloro che portano avanti questa battaglia nel nome del progresso (?) non lo fanno per combattere i mali del mondo (perché non prendono la tessera di un partito o di un sindacato, e vanno a bagnarsi nelle acque della realtà? Perché non vanno a lavorare sei mesi in un magazzino, in un’officina, dietro il bancone di un bar?). Agiscono in questo modo con uno scopo ben preciso in testa, perseguendo un fine evidente.

2 + 2 = 5

La realtà ridotta alla superficie di uno schermo televisivo. Senza complessità né profondità alcuna. La Storia ridotta a un eterno presente epurato di tutte le brutte cose di prima. Una Storia epurata da una minoranza che decide chi e cosa e come leggere. 

Ecco cosa potrà (dovrà) fare certa letteratura (che ovviamente sarà attaccata). Ribadire che 2 + 2 = 5. 

Mentre tutte queste salsicce travestite da esseri umani che nei prossimi anni saranno vomitate dalle Università (non solo statunitensi) se ne andranno in giro urlando e ordinando cosa leggere e cosa mettere all’indice (ovviamente l’Indice della Chiesa cattolica resta “medioevo”. Il loro è giusto e buono), una parte della letteratura dirà qualcosa di evidente e per questo sovversivo e divisivo.

2 + 2 = 5.

Una parte della letteratura ricorderà che l’essere umano è un mistero, un abisso. Ma questa evidente verità sarà considerata provocazione, razzismo, eccetera eccetera. Affermare che un essere umano è un impasto di luce e tenebre sarà additato come una volontà incline a seminare divisione e turbare gli animi.

La “fabbrica di salsicce” lavora a pieno regime. Era un’espressione coniata da un regista austriaco per definire Hollywood che desiderava film tutti uguali: Erich von Stroheim. Ormai bisogna applicare questa definizione anche alle Università e alla scuola. Sforneranno salsicce. 

Il povero autore indipendente

E il povero autore indipendente? 

Ha ancora un certo raggio d’azione (qualcuno in breve tempo troverà da ridire a proposito del titolo “Stella Nera” del mio romanzo. Se scrivere “grasso” o “normale” è un problema…). Credo che debba velocemente comprendere che il suo ruolo dovrà essere non solo scrivere storie efficaci. Ma creare relazioni con i lettori. Stabilire con chi legge le sue opere un rapporto robusto, mostrare e dimostrare che l’umanità sarà sempre la scelta preferibile, pur se porta con sé una serie di seccature e guai inauditi. 

Chi racconta storie dovrà dimostrare la bellezza di essere umani. Una bellezza spesso zoppa e strabica; ma fondamentale.

22 commenti

  1. Caro Marco, sono in pausa caffè e non ho tempo per commentare a dovere, ma una cosa a caldo volevo scrivertela: che secondo me si apre un nuovo possibile scenario della nostra estinzione. Terminator docet. Non che mi importi molto, io purtroppo negli Stupidens vedo molta poca bellezza, e concentrata in pochissimi individui. Bell’articolo.

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  2. Sono un po’ in controtendenza, perciò spero di non farmi detestare. Quello che l’IA fa, lo fa perché ci siamo dentro noi umani, non interi, ma macinati e rimestati in un calderone. “Fa brutto”, forse, ma in fondo è il processo attraverso il quale inventiamo un personaggio di narrativa: mettiamo insieme pezzi di persone reali. I prodotti dell’IA possono essere imperfetti o delle vere schifezze, ma miglioreranno. Non sarà sempre sufficiente per sostituire la mente umana, ci mancherebbe; però ho l’impressione che non siamo così preziosi e straordinari da rendere necessario il nostro apporto personale a tutto. Per i posti di lavoro perduti, invece, accidenti.

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  3. Al momento attuale è tutt’altro che un oggetto da usare ma in futuro, più o meno prossimo, no. Però di AI ne sento parlare da trent’anni e solo ora con tecnologie più mature muove i primi concreti passi. Quello che temo, oltre all’appiattimento del pensiero, è la possibile manipolazione delle nostre menti perché trovando comodo usarlo, smettiamo di usare il nostro cervello. Mi spiego. All’inizio l’umanità camminava a piedi poi ha addomesticato il cavallo ed è andato sempre meno a piedi. Poi è arrivata l’auto più comoda perché ripara dalle intemperie e ha lasciato il cavallo. Domani chissà… però il gusto di camminare a piedi è rimasto a pochi.

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  4. Ogni volta che sento parlare di IA (chat Gpt ad esempio) mi viene voglia di sperimentarla ma mi passa subito! Credo tu abbia ragione: nel mondo della creatività l’IA paga pegno. No solo giuridicamente: nulla può essere originale se perde un pezzo importante della comunicazione: le emozioni.
    Perderemo il lavoro perché rifiutiamo di metterci in pari con la transizione mentre altri paesi già lo fanno. La transizione digitale è già in corso ma non stiamo facendo nulla per governarla. Io intanto continuo a scrivere a manina sbagliando con la mia testa…

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      • Dicevo: Siamo attrezzati a fornire alle persone che saranno cacciate dal mondo del lavoro grazie all’Intelligenza Artificiale, forme di tutela e poi nuove opportunità di lavoro? Io temo di no. Anche stavolta molti finiranno sotto la ruota, purtroppo.

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      • Ah ecco, scusa ora comprendo meglio. Hai secondo me centrato il problema, una domanda cui il sindacato sta cerando di dare risposta da qualche anno. Credo che l’IA non possa sostituire mai l’uomo. Si tratta di valorizzare diversamente il lavoro, redistribuirlo e mettere a fuoco nuove attività e nuove professionalità che la digitalizzazione crea ancora senza tutele. Comunque non una cosa semplice. Servirebbe una guida da parte delle istituzioni, una tutela più alta. Ancora non si vede nulla, purtroppo a mio avviso il PNRR da questo punto di vista è un’occasione persa

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  5. Ho il titolo per il prossimo post ricorsivo: “Il blog è morto. Adesso lo scrive ChatGTP…” Ci sarebbe da ridere, ma in questi giorni ho visto riaprire blog sospesi da tre anni per mancanza di tempo e interesse, proprio grazie a Chat GPT, dichiarato dall’autore del blog stesso. Passato l’entusiasmo iniziale, sospenderà di nuovo il blog, scommettiamo? 😀

    Comunque ho assistito al test di ChatGPT da parte di un amico ingegnere, in materie toste tipo meccanica, elettronica, fisica, matematica… l’ha praticamente interrogato a tappeto. E ogni cinque minuti il mio amico scoppiava a ridere, ripetendomi quello che leggeva a video: “Hai ragione, mi sono sbagliato…” L’ha anche interrogato su fatti storici rilevanti (sempre in quelle materie lì, quindi diciamo da probabili fonti diverse rispetto a libri e scrittori, dove l’ho invece testato io), e niente, ChatGPT sbagliava date e fatti di continuo.
    Anche qui però c’è da preoccuparsi, ci sono già Università che si stanno preparando a verificare l’autenticità delle tesi di laurea, per dire quanto seria diverrà la cosa.

    In quanto alla stupidità del progresso, in questi giorni è giunta anche notizia che la casa editrice Harper Collins si prepara a rilasciare nuovi edizioni dei romanzi di Agatha Christie, eliminando alcuni elementi a loro dire controversi. Esempio: su Assassinio sul Nilo viene tolto il riferimento alla popolazione Nubiana, il termine “locale” viene sostituito con “nativo”, sono eliminate parole come “orientale” o “ebreo” per definire una persona, e ovviamente la parola “negro”. In nome del politically-correct, stanno toccando un’opera storica, un classico. Farà davvero la differenza negli usi e costumi moderni? Non credo proprio.
    Come la Disney, che sempre più a corto di fantasia, ricicla il classico de La Sirenetta ma cambia il colore della pelle della protagonista. Non c’erano altre favole “locali” da portare sullo schermo, rispettando davvero le diversità fisiche e culturali delle popolazioni? Oceania, Encanto e Coco erano film preparati con cura, questa Sirenetta proprio no…

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