di Marco Freccero. Pubblicato il 27 marzo 2023.
Dei libri di don Camillo (scritti da Giovannino Guareschi) non si parla molto. Eppure pare che appartengano alla categoria dei “long-seller”, cioè quei libri che senza troppo clamore o pubblicità vendono, e vendono sempre costantemente. Anche grazie ai film che periodicamente sono ritrasmessi riscuotendo (pare) sempre un ottimo successo.
Forse per questo che non sono oggetto di particolare attenzione. Siccome hanno il traino della televisione, dei film, allora è inutile parlarne? Oppure…
Ma i difetti sono davvero difetti?
Mesi fa ho acquistato “Don Camillo” e l’ho letto. Buona parte degli episodi contenuti nel libro sono quelli che sono stati trasferiti sul grande schermo, ma ci sono almeno un paio di altri elementi piuttosto interessanti. Che sono interessanti ai miei occhi certo, ma proprio grazie a essi dovrebbero indurre le persone ad accostarsi alla lettura di questo (e degli altri libri), con maggiore attenzione. Partendo da quelli che molti considerano dei difetti, dei limiti…
Certo, non siamo alle prese con Tolstoj o Flaubert, e per un motivo piuttosto palese. In cima alla copertina del libro infatti c’è scritto “Giovannino Guareschi”, quindi se uno desidera la prosa di Flaubert o Tolstoj dovrà andare direttamente alla fonte. Leggersi cioè Madame Bovary o Anna Karenina.
Guareschi faceva il Guareschi, scriveva come sapeva scrivere Guareschi, e non si capisce perché avrebbe dovuto fare altro. Uno scrittore deve produrre qualcosa di efficace, in grado cioè di permettere al lettore di sfogliare una pagina, poi l’altra, poi un’altra ancora e magari arrivare alla fine.
Cosa che riesce perfettamente a Guareschi.
Io per esempio non amo affatto “Il giovane Holden”, eppure riconosco senza difficoltà che si tratta di una storia efficace. I propri gusti non dovrebbero impedirci di riconoscere in una storia le sue qualità. Certo, si potrebbe dire che situazioni e personaggi sono troppo “grossolani”, che volano panche e tavoli; ed è così.
Il Guareschi aveva una scrittura che in apparenza appare scarna, terra terra, senza alcuna pretesa e anzi fiera di non averne nemmeno una (e probabilmente era anche una scelta dell’autore, che comunque nasce come giornalista). Eppure mi sono spesso trovato a pensare che riuscire a guadagnare una simile freschezza e semplicità sarebbe fantastico, ma per me ormai non è più possibile.
E anzi, adesso che ho riletto quello che ho scritto: ho scritto una sciocchezza. Chi racconta storia solo all’inizio imita, poi deve (e si spera) sviluppare il proprio stile, la propria voce.
Un mondo scomparso
Inoltre qualcuno potrebbe liquidare questi libri come esempi di un’Italia che non c’è più, e classificarli al massimo come documenti di un mondo scomparso. Quindi sì, da leggere, ma poi basta, meglio passare ad altro perché troppo “infantili”. Troppo sempliciotti per una realtà complessa come la nostra.
Io che ho vissuto gli anni Ottanta in effetti faccio fatica a credere che, per esempio, a quei tempi girasse la Fiat Ritmo, quando adesso mi succede di vedere più spesso (non però così tanto) una Tesla. Figuriamoci gli anni seguenti il Dopoguerra…
Altri ancora potrebbero considerarli insopportabili perché c’è questa Italia del compromesso, dove alla fine tutti si trovano d’accordo, e le dispute più dure finiscono a tarallucci e vino.
Io credo che proprio qui, in questi presunti difetti o mancanze ci sia tutta la forza dei libri di Guareschi.
Le ragioni di un successo
Le ragioni di un successo così grande di questi libri, oltre ai film ovviamente, nascono anche da un fiducia un po’ folle di Guareschi nell’essere umano. Folle come qualunque fiducia abbia come oggetto il bipede più strano dell’universo, certo: noi stessi. Mi sono quindi domandato quanti libri, al giorno d’oggi, siano in grado di dichiarare un tale affetto (o amore?) per l’essere umano. Purtroppo non so rispondere (forse i libri di Vassilj Grossman?), ma al di là di quello che si può pensare questo mi pare essere la caratteristica di questi libri.
Certo, per molti non sono un capolavoro, e possono essere considerati a malapena come un fumetto nemmeno troppo riuscito, una caricatura insomma. Dubito però che Guareschi desiderasse appunto un tale risultato.
Credo di poter qui scrivere che si tratta di libri onesti, sinceri. Non so bene per quanto continueranno a essere letti e apprezzati (ma ci sono certi libri sorprendenti). Tuttavia c’è almeno un altro punto a favore di essi…
Una possibile risposta
Ormai la letteratura, o buona parte della letteratura, è impegnata a spiegare all’essere umano che cosa deve fare, come deve essere, come deve pensare, camminare, guardare, soffiarsi il naso e dormire.
E si è dimenticata di spiegare chi è l’essere umano. C’è qui da aggiungere che probabilmente nemmeno la migliore letteratura ci riuscirà per davvero, perché parliamo di un essere camaleontico, un’anguilla che sguscia via, imprevedibile.
Nei libri di Guareschi c’è la risposta, che può piacere oppure no, ma che raffigura con un occhio benevolo l’umanità di quel tratto del Po dove, al di là delle tavole che volano e delle panche che sventolano, ci si ritrova come all’interno di un mondo amico.
Quello che si trova in un libro come “Don Camillo” è l’essere umano. L’umanità dei personaggi di Guareschi, spacconi, irruenti, pronti a menare la mani così come a stringersi la mano, esagerati, comici.
Si parla a proposito di questi libri di “Mondo piccolo”, ma qui in realtà è racchiuso l’universo. Un universo impastato di amicizia, passioni feroci, buonsenso, umanità (torniamo a frequentare con maggiore assiduità questa parola, che gli algoritmi cercano di “regolare”) di cui abbiamo bisogno.
Guareschi in fondo ci ricordava che guardare negli occhi l’avversario e riconoscerne l’umanità, è il solo dovere che abbiamo. E al diavolo i partiti e le ideologie. E non è una lezione da poco. Ecco la ragione che forse spinge tante persone ad avvicinarsi a questi libri. Non è soltanto voltarsi indietro verso un mondo che non tornerà più (e io sono convinto che i tanti nostalgici del tempo che fu lo sono proprio perché sicuri che… Non tornerà mai più). È incontrare una letteratura che fa il suo lavoro, che riesce a essere qualcosa invece di far qualcosa di utile. Una letteratura che è un atto di fiducia nell’essere umano. Anche se fa di tutto per non meritarsi un bel niente.
Non sono d’accordo sul fatto che il compito di uno scrittore sia di “produrre qualcosa di efficace, in grado cioè di permettere al lettore di sfogliare una pagina, poi l’altra, poi un’altra ancora e magari arrivare alla fine”, non è correndo dietro al lettore che nascono belle opere
"Mi piace""Mi piace"
Infatti il mio motto è e resta “Prima la storia, poi il lettore”. Ma questo non vuol dire che non debba sforzarmi svolgere un lavoro efficace.
"Mi piace""Mi piace"
La capacità di accettare e amare l’essere umano così com’è è una grande lezione di vita. Per questo le storie di Guareschi, nella loro semplicità, scaldano il cuore, ma anche la testa.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Concordo. Sono libri che dovrebbero circolare di più.
"Mi piace""Mi piace"
I libri di Guareschi sono ormai dei classici, forse meno marketing di tanti altri ma descrivono lo spaccato di un’Italia uscita con le ossa rotte dalla guerra e ancora peggio da quella strisciante guerra civile che ha visto contrapposti due visioni del mondo contrastanti. Quello rappresentato dalla democrazia cristiana, più conservatrice e legata alla chiesa, e quella comunista, in apparenza più progressista legata al mondo del lavoro.
Guareschi è riuscito a descrivere questi due micromondi con grande semplicità.
"Mi piace""Mi piace"
E ribadisco: non ho parlato di russi nemmeno stavolta! 😉
"Mi piace""Mi piace"
e chi parla di russi?
"Mi piace""Mi piace"
Di solito io!
"Mi piace""Mi piace"
però i russi di straforo ci sono. Peppone è un comunista al tempo del baffone
"Mi piace""Mi piace"
Ma è vero!
"Mi piace""Mi piace"
C’è feeling tra te e irussi 😀
"Mi piace"Piace a 1 persona
[…]«Don Camillo, tu cammini soprappensiero ed ecco che, nell’attraversare la ferrovia, finisci con un piede impigliato non si sa come in una rotaia e, per quanti sforzi tu faccia, non riesci a toglierti di là e nessuno ti può aiutare. La linea ferroviaria è doppia e ha due binari affiancati e tu non sai su quale dei due binari passerà il treno. E tu domandi aiuto al tuo Dio. E, poco dopo, ecco un fischio: il treno passa sull’altro binario. Tu sei salvo e ringrazi Dio di aver predisposto le cose in modo tale che tu non finissi impigliato nell’altro binario. Non puoi ringraziare Iddio di aver fatto passare il treno dove tu volevi che passasse. Il treno era già in viaggio, quando tu sei finito col piede nella rotaia. E il treno camminava sull’altro binario. Tu non puoi pensare che Dio, per favorirti, lo abbia tolto da un binario per metterlo in quello vicino. Lo devi perciò ringraziare soltanto perché il treno camminava nell’altra rotaia.»
Don Camillo si inchinò e si segnò:
«Se vincerò al totocalcio Vi ringrazierò non di avermi fatto vincere, ma perché ho vinto» disse.
«E quindi non mi rimprovererai nel caso che tu non vincessi» concluse il Cristo sorridendo.”
La particolarità, e la fortuna, di Don Camillo (mi pare oltre cento racconti, pubblicati a puntate, poi messi insieme in sedici romanzi) non sta nell’umanità dei personaggi, nel riportare fedelmente, senza fronzoli o artifici, quel piccolo mondo della bassa pianura, al limitare del Grande Fiume. La particolarità è quel Gesù che risponde a tono a Don Camillo, che con parabole (poteva mai parlare in altro modo Gesù?!) cerca di contenere l’irruenza e la prepotenza del prete. Don Camillo e Peppone in fondo in fondo sono uguali: stesso caratteraccio, stessa bontà d’animo.
…vicino alla Madonna curva sul Bambinello, [don Camillo] pose la statua del somarello.
«Questo è il figlio di Peppone, questa la moglie di Peppone e questo Peppone» disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
«E questo è don Camillo!» esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
«Bah! Fra bestie ci si comprende sempre» concluse don Camillo.
E se si leggono le parole affidate a quel Gesù lì, di grossolano non c’è proprio nulla. Anzi, sono alquanto convinta che il vero Guareschi sia nascosto in quelle risposte, semplici e complesse come la dura vita di quei tempi e luoghi, ma cariche anche di amore e, soprattutto, di tenera ironia.
Don Camillo: Santa Vergine venitemi in aiuto!
Gesù: Non immischiare nei tuoi affari chi non c’entra! Capito?!
Don Camillo: è sempre Vostra Madre!
Gesù: Don Camillo!
Vende tanto e vende bene ancora oggi Don Camillo (sia romanzi che film, io ho un bellissimo cofanetto con tutte le pellicole restaurate, un regalo bello costoso) perché ci riporta alla nostra infanzia, a quel “si stava meglio quando si stava peggio” che non riguarda tanto l’epoca quanto la nostra età, a quando (crediamo) la vita fosse più semplice e più ricca di sentimenti umani. Don Camillo mena mani e soprattutto i piedi, non bestemmia ma bisticcia sovente, Gesù lo riprende in continuazione per i suoi modi bruschi, ma per i suoi parrocchiani si toglierebbe il cuore dal petto, Peppone compreso. Ed è questo che ci piace. Chi non lo vorrebbe un prete così?!
"Mi piace""Mi piace"
Una serie di libri sottovalutata, ma non dalla gente!
"Mi piace""Mi piace"
Mi è piaciuto molto questo post, lo condivido in toto, mi piace soprattutto la frase “Guareschi in fondo ci ricordava che guardare negli occhi l’avversario e riconoscerne l’umanità, è il solo dovere che abbiamo”
"Mi piace""Mi piace"
Grazie.
"Mi piace""Mi piace"