di Marco Freccero. Pubblicato l’8 maggio 2023.
Siamo a maggio, e se tutto va come deve nel mese di luglio, esattamente lunedì 3 luglio il sottoscritto (vale a dire Marco Freccero), presenterà il suo romanzo “Stella Nera” in località Santuario (alle spalle di Savona).
Ma è ancora presto per illustrare i dettagli, e poi oggi ho intenzione di parlare di altro… Di che cosa?
Della comunità che sta attorno a un autore. E questa riflessione nasce da almeno due elementi.
Il primo è quella della cosiddetta Intelligenza Artificiale che scalzerebbe (?) gli autori. O che permetterebbe a chiunque di scrivere qualcosa (ma non succede già ora?).
Il secondo dalla rilettura di certe riflessioni di Flannery O’Connor, sempre a proposito della comunità che sta attorno a un autore.
Una premessa.
Una boita pazzesca
Per me l’Intelligenza Artificiale è una boiata pazzesca. Nel senso che io non seguo le regole e le leggi del mercato, quindi per quale ragione dovrei farmi aiutare da qualcosa di esterno da me? Per quale motivo dovrei rivolgermi a essa quando… Non so bene come procedere con la storia che sto scrivendo (e mi succede sempre. Solo scrivendo capisco che cosa sto scrivendo)?
Sia chiaro: i posti di lavoro già saltano. Il sito statunitense Cnet ha licenziato il 10% dei suoi dipendenti, e la loro opera sarà sostituita dall’Intelligenza Artificiale. Per un po’, solo le competenze eccellenti saranno al riparo. Ma: diventeremo tutti eccellenti? Davvero?
Detto questo proviamo a procedere.
L’arrivo di questi nuovi strumenti per produrre contenuti mi pare che renda semmai più urgente per l’autore (soprattutto quando è indipendente) considerare non tanto la comunità sulle reti sociali.
Quanto quella reale, che ha attorno a lui. Le persone, mi pare, desiderano e probabilmente vorranno sempre più in avvenire capire e comprendere che cosa è per davvero la letteratura. Il cui fine è e resta quella di (lo ripeto da anni), celebrare il mistero dell’essere umano. I suoi dolorosi fallimenti, le sue sconfitte, le sue disfatte. Non per il piacere di arrovellarsi nel dolore, ma proprio per smascherare il mito del successo da conseguire a ogni costo.
Celebrare l’essere umano vuol dire ribadire che siamo esseri spesso deludenti, meschini, cattivi (ma di una piccola cattiveria, la cattiveria di chi non può permettersi quella davvero grande), eppure… Eppure nonostante tutto questo c’è sempre da qualche parte, nel gorgo, un lampo di luce.
Qualcuno potrebbe osservare che l’Intelligenza Artificiale non è in contrasto affatto con questa (mia) visione alquanto bislacca. Ma lo è eccome perché in parte rimuove la fatica, l’angoscia, la stanchezza, l’impegno che la scrittura riserva a chi decide di dedicarsi a essa. È come la modella che a vent’anni fa la pubblicità alle creme contro l’invecchiamento, e poi mostra gli incredibili effetti del trattamento sul suo corpo. Riparliamone tra trent’anni, magari dopo che li avrai passati alla cassa di un supermercato e le vene varicose gridano vendetta.
Ma il vero nocciolo è che un autore indipendente ha l’opportunità, se si gioca bene le sue carte, di avere tra la sua gente (la sua comunità appunto), i suoi più forti estimatori. Penso per esempio a George Mackay Brown, lo scrittore e poeta delle isole Orcadi che ha viaggiato pochissimo (soffriva di agorafobia, pare), e che ha ambientato le sue storie nelle sue isole. Non tutti lo amavano probabilmente, perché la sua comunità non era composta da santi. E questo urtava più di uno.
E poi ho riletto qualcosa di Flannery O’Connor.
Il sud degli Stati Uniti
Di recente ho ripreso a leggere certe sue lettere, o alcuni suoi interventi. Dove critici chiedevano e le chiedevano che cosa avesse questo sud di così unico da risultare sempre convincente, unico, grottesco… Oltre a lei è bene ricordare William Faulkner o Eudora Welty…
La O’Connor affermava che per un autore del sud era essenziale… Essere un autore del sud. Vale a dire non cedere alle mode, ma restare com’era. Non lasciarsi sedurre dalle sirene di Hollywood o da quelle dei critici di New York. Il luogo dove si nasce, si cresce e si vive, senza essere cittadino del mondo ma restando nel mondo, garantisce una visione non provinciale (lo si è anche in una grande metropoli, quando per esempio si ritiene Los Angeles l’unico posto sul globo dove vivere). Non è facile, me ne rendo conto. Occorre, credo, una capacità di vedere non solo le persone, ma anche quello che racchiudono oltre la superficie, oltre le apparenze. In fondo si è provinciali proprio quando ci si ferma alla crosta della nostra umanità, e per pigrizia o presunzione non si desidera procedere oltre.
È chiaro (a me), che se ci si rivolge a un’Intelligenza Artificiale, si desidera effettuare un certo percorso. Si ricorre a lei perché vorremmo (ma nemmeno lei può garantirlo), una storia che faccia il botto. E se nemmeno gli editori (che ci lavorano, che ci investono soldi di tasca loro, e spesso li perdono) possono garantirlo… Davvero dobbiamo fidarci e affidarci a un’intelligenza artificiale? E snobbare magari la propria comunità di riferimento?
Ci vediamo a Savona?
Come ho scritto all’inizio di questo articolo, il 3 luglio, di sera, sarò in località Santuario, alle spalle di Savona. Presenterò “Stella Nera” all’interno di un luogo che ha visto muoversi proprio alcuni dei personaggi di “Stella Nera”. La signora Benita Rossi, l’ex insegnante. È una comunità che non conosco affatto. Quindi ignoro quali saranno gli effetti, se ci saranno. Può anche darsi che alla fine riesca a fare un buco nell’acqua.
Quindi le reti sociali servono a poco o nulla? La mia idea è che se sei abbastanza conformista le reti sociali sono una prateria da arare. Se al contrario scrivi delle storie come le mie, puoi star certo che lì non sfondi nemmeno se ti legano a una palla di cannone e ti sparano. Sul serio.
Cambiare? E perché? Io mi sono divertito a scrivere “Stella Nera” e se vende poco non è colpa mia. So di aver fatto del mio meglio, quindi non ho nulla da rimproverarmi. Ormai credo che si debba sgonfiare il mito del successo e “gonfiare” il mito dell’insuccesso. Perché se hai milioni di followers alla lunga non reggi la pressione e finisce con l’adeguarti. Col diventare appunto un conformista. Quindi meno libero.
Meno libero di scrivere. Se la Trilogia delle Erbacce avesse avuto successo, avrei mai scritto “L’ultimo dei Bezuchov”? Probabilmente no. O forse sì, ma sarebbe stato diverso. Così come sarebbe stato differente “Stella Nera”.
La presentazione sarà in ogni caso un’esperienza interessante, spero anche sorprendente in senso positivo. Mi sembra giusto che la comunità dei lettori sia (anche) quella locale, che incontri in biblioteca o al supermercato. In questo caso, con numeri piccoli o grandi, si crea un rapporto reale tra autore e lettore, e non è cosa da poco. Devo dire, però, che se avessi puntato soltanto sulla comunità locale in questi anni, di copie ne avrei vendute un decimo, se va bene. Come sempre, serve… tutto. 😉
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Io non ho mai venduto quanto te 😉
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Bene con la presentazione. Di certo amplierai il tuo circolo. Della Stella Nera ho letto i primi due tomi. Il terzo lo devo comprare. Il primo mi è piaciuto molto. Meno il secondo.
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Speri che si allarghi un poco!
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Certamente.
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In bocca al lupo per la presentazione del 3 luglio, credo sia sempre una bella esperienza
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Ne ho bisogno!
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